Infrastrutture, reti e capitale umano: la “cura” per la ripresa secondo le aziende

25 Gennaio 2021

Recovery plan, occupazione e resilienza del tessuto produttivo venetoIl 32,5% delle imprese individua nelle innovazioni l’ambito strategico

di Daniele Marini

Le imprese cercano di reagire pur nell’incertezza determinata dalla diffusione della pandemia, oltre che dal contesto politico nazionale. Aziende e famiglie sono sospese in una sorta di limbo che – per il momento – si protrarrà fino alla fine di marzo, quando i provvedimenti assunti dal governo in merito al lavoro e all’economia cesseranno.

Sempre che per allora il virus consenta di poter tornare a una (nuova) normalità. Cosa accadrà da aprile in poi è un interrogativo al quale è impossibile dare una risposta definita. Diverse analisi indicano che la ripresa non avrà percorsi univoci. Anzi, assai probabilmente avrà velocità diverse. Il manifatturiero sta riorganizzando le proprie filiere e, in alcuni casi, riconvertendo le produzioni.

 

Trasporti e logistica rivisitano assetti e organizzazione. Commercio, ricettività e ristorazione stanno subendo le ferite più pesanti ed è loro richiesta una riprogettazione complessiva. L’apertura ai mercati internazionali, finché la situazione epidemica non tornerà sotto controllo, difficilmente costituirà un traino come in passato. Alcune ricerche recenti possono aiutare a schiarire l’orizzonte e comprendere quali siano le strategie che le imprese hanno già avviato. Un primo punto riguarda l’occupazione.

Come rileva l’Istat, nell’ultima rilevazione sulle strategie delle imprese di fronte al Covid, quasi nessuna azienda del Nord Est ha ridotto il personale a tempo indeterminato (1,9%), assai poche hanno diminuito quelli a tempo determinato o i collaboratori esterni (6,5%). Per converso, alcune hanno rinviato le assunzioni previste (12,5%) e uno sparuto gruppo (4,5%) è riuscito, invece, a fare nuovi reclutamenti.

L’esito complessivo è un mercato del lavoro sostanzialmente bloccato, sia in entrata che in uscita. Guardando al futuro, l’8,3% prevede una forte riduzione del personale, soprattutto in alcuni settori dei servizi come ristorazione e alloggi (21,3%), e un terzo degli imprenditori (31,8%) intravede seri rischi di sostenibilità dell’attività. Quanto questa “bolla” sia frutto delle misure governative o della volontà delle imprese di preservare il proprio capitale professionale, si scoprirà solo quando le misure di sostegno (passivo) cesseranno il loro effetto.

Però, si può azzardare che se mediamente non conosceremo un disastro come taluni palesano, nello stesso tempo per alcuni settori gli effetti saranno marcatamente pesanti. Un secondo aspetto attiene alle strategie attuate: le imprese con le performance migliori sono accomunate da “3R”: relazioni, reti, resilienza. Il caso delle Pmi e degli artigiani piemontesi lo testimonia (Community Research&Analysis – CNA Piemonte).

Mediamente, ogni Pmi ha relazioni con circa 66 altre aziende. Se guardiamo alle medie imprese industriali questa soglia sale a 244. Quanto maggiori sono le reti di relazioni in cui sono inserite, migliori sono gli indici congiunturali e le performance economiche.

Ma oltre alle relazioni, hanno un peso importante la loro qualità. Il rapporto fra queste imprese è dettato da una capacità negoziale (49,8%), da relazioni di reciprocità (35,5%), molto meno da rapporti di subordinazione (14,7%). Siamo in presenza di rapporti fra fornitori, ben più che sub-fornitori o terzisti. Ciò è giustificato dal fatto che pesano competenze e professionalità (51,2%), più che logiche di prezzo (48,8%). Poi viene la resilienza, che non è resistenza passiva, ma rimanda all’innovazione come reazione a una situazione non positiva.

Diversi hanno messo in campo riorganizzazione dei processi produttivi (16,9%), produzione di nuovi beni e servizi (16,9%), utilizzo dei nuovi canali di vendita online (12,9%). Di più, il 10,1% ha intensificato le relazioni e la creazione di partnership con altre imprese.

Tant’è che la maggioranza delle piccole e medie imprese (56,7%) ritiene che per essere competitivi sul mercato sia necessario aggregarsi ad altre imprese, piuttosto che fondersi con altre aziende. Un terzo aspetto riguarda la definizione delle priorità oggi legate al Recovery Fund.

Sotto questo profilo (Reputation Science – Open Fiber), gli imprenditori hanno ben chiari i tasti da toccare: gli investimenti nelle infrastrutture (18,7%), nella formazione del capitale umano e nel sistema scolastico (15,2%), nella digitalizzazione (14, 2%), nella sostenibilità ambientale e la manutenzione del territorio (14,1%), senza dimenticare il sistema sanitario (12,2%).

Se sommiamo alla digitalizzazione anche il tema delle energie alternative e il sostenere le imprese nei progetti di trasformazione tecnologica, otteniamo che un terzo degli imprenditori (32,5%) individua nelle innovazioni l’ambito strategico su cui investire per la ripartenza.

Uscire dalla logica della dispersione delle rilevanti risorse disponibili, per addensarle su alcune linee progettuali prioritarie. Sostenere la propensione delle imprese a inserirsi in reti di relazione fondate su competenze e professionalità. Sono due asset per disegnare un nuovo sviluppo del Paese.

Nordest Economia  – 25/01/2021

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Crociere verso gli approdi temporanei, Fusina si candida per gli ormeggi

Entro marzo pronte le due nuove banchine da 300 metri del terminal traghetti, ma il Ministero non le ha previste

di Gianni Favarato

L’approdo “temporaneo” a Fusina per tenere le grandi navi da crociera lontano dal Bacino di San Marco, facendole entrare da Malamocco, è a portata di mano ma l’ultino “Comitatone” lo ha ignorato. Stiamo parlando delle due nuove banchine del terminal traghetti di Fusina che entro la fine di marzo saranno ultimate, pronte ad accogliere le grandi navi da crociera, in una posizione ideale all’imbocco del canale dei Petroli e senza i costi aggiuntivi e cantieri da aprire.

Una bella differenza con i tre approdi, ben più lontani da Malamocco, costosi e tutti da realizzare, indicati dall’ultimo Comitatone, nei due terminal container di Vecon e Tiv, che dovrebbero riservare a questo scopo una parte delle loro banchine alle crociere, e sul canale Nord, in piena Prima Zona Industriale, di fronte a Fincantieri.

La scomparsa del possibile approdo delle grandi navi da crociera nel cosiddetto terminal delle “Autostrade del mare” a Fusina è gestito in concessione dalla società “Re Port-Mos”, controllata dal gruppo Ingegner Mantovani e ha tutti i connotati di un vero e proprio mistero.

Oltre un anno fa, infatti, l’Autorità di sistema portuale aveva inviato al ministero delle Infrastrutture un dossier delle proposte tecniche per il Comitatone. Tra queste la principale era quella che indicava la possibilità di ricevere le navi da crociera nelle prime due banchine del terminal di Fusina, già operative e utilizzate dai traghetti passeggeri e merci (ro/ro, con una lunghezza 240 metri per 260).

Le due banchine vengono utilizzate dalla compagnia marittime Grimaldi, Anek, Neptum, con un traffico che nel 2020 ha totalizzato, malgrado l’emergenza sanitari per la pandemia, 350 navi traghetto con a bordo un totale di 150 treni merci, 45 mila auto e 50 mila passeggeri.

Nel frattempo erano iniziati i lavori della costruzione delle previste due banchine aggiuntive, più lunghe di quelle già operative, e ora quasi ultimate. Del resto lo aveva confermato in un’intervista alla Nuova Venezia un mese prima della riunione del Comitatone del dicembre scorso l’amministratore delegato di Re-Port-Mos e del gruppo Mantovani, Maurizio Boschiero, dicendo: «Il nostro hub è in grado di attirare del nuovo traffico internazionale e potrebbe essere anche in grado di fornire servizi di ormeggio alle grandi navi da crociera visto che le banchine arrivano ad una lunghezza di 300 metri».

I lavori, infatti, come indicato da Maurizio Boschiero, si concluderanno il 31 marzo prossimo. L’avanzamento dei lavori è attualmente di circa 6 milioni rispetto il totale di 8 e la quota dei fondali scavata dalle draghe è a quota -8,50 metri con l’obiettivo di arrivare entro marzo a -10,50.

Eppure, nel documento reso noto dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dopo l’atteso Comitatone del dicembre scorso, non c’è traccia del possibile approdo – già dalla prossima primavera – delle navi da crociera a Fusina.

E nemmeno è stato preso in considerazione e suggerito dalla Regione, dal Comune di Venezia, dall’Autorità portuale e dal Provveditorato che del Comitatone fanno parte a tutti gli effetti e sanno dell’esistenza del terminal di Fusina.

Se non altro per il fatto che la crisi aperta l’anno scorso, in seno al Comitato di Gestione dell’ente portuale, dai rappresentanti della Città metropolitana di Venezia e della Regione Veneto – su indicazione del sindaco Brugnaro e del governatore Zaia – hanno negato il voto al bilancio consuntivo, contestando il Piano di riequilibrio finanziario sottoscritto da Re-Port-Mos e Autorità d iSistema Portuale. Alla fine l’ispezione del Ministero confermò la correttezza del Piano, ma visto il permanere dell’opposizione dei rappresentati del Comune e della Regione, fu necessario commissariare l’ente portuale.

Nordest Economia  – 25/01/2021

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Porti: Monfalcone; attivato lo sdoganamento in mare delle auto

Accordo tra Guardia Costiera e Agenzia Dogane

E’ stato attivato nel porto di Monfalcone (Gorizia) lo “sdoganamento in mare” nel settore automotive. L’intervento rientra nell’ambito dei processi di innovazione strategica intrapresi dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in collaborazione con la Guardia Costiera, mirati al continuo miglioramento della competitività del sistema portuale nazionale. Questa mattina – informa una nota congiunta dell’Adm e della Guardia Costiera – è giunto il primo carico di autoveicoli che ha seguito questa procedura, che si pone l’obiettivo di estendere, anche a questo settore, i benefici della procedura dello sdoganamento in mare che permette di anticipare le attività per la presentazione/accettazione delle dichiarazioni doganali rispetto all’arrivo della nave. La procedura viene pertanto avviata già durante la navigazione, con un conseguente miglioramento in termini di efficienza per chi riceve la merce, per l’armatore e per lo scalo portuale. Il ruolo della Capitaneria di porto è quello di monitorare che le navi interessate dalla procedura navighino direttamente verso il porto di Monfalcone senza soste o deviazioni. Il monitoraggio viene eseguito con i sistemi satellitari, radar e radio per il controllo del traffico marittimo, dalla sala operativa della Capitaneria.

Ansa/Mare – 25/01/2021

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Interporti: a Pordenone investimenti per 13,5 mln

Per realizzare un piazzale di 40 mila metri

Ammonta a “13,5 milioni di euro l’investimento per realizzare un piazzale di 40 mila metri, 4 fasci binari per il parcheggio dei treni in sosta e l’asta di manovra di 750 metri, che significa introdurre un treno in interporto e non dividerlo, con una riduzione dei costi per le imprese”. Lo ha annunciato l’ad di Interporto Centro Ingrosso di Pordenone, Giuseppe Bortolussi, incontrando la stampa.

Con i primi di febbraio il comparto ferroviario pordenonese vedrà un aumento considerevole di treni alla settimana, da 30 a 50, rispetto ai 15 attuali, perché importanti compagnie marittime hanno deciso di investire su Pordenone, rendendolo un hub principale.

“Riguardo ai treni – ha rilevato Bortolussi – raggiungiamo Inghilterra, Germania, Olanda, Polonia e a breve la Romania. Di recente abbiamo inaugurato il treno per Trieste, che ha un importante significato perché unisce la nostra regione in una forma di piattaforma logistica al servizio dell’industria e degli scambi commerciali. Oggi, Interporto Pordenone è aumentato fino a 1300 occupati, tra diretti e indiretti, con una settantina di imprese insediate e con un volume d’affari di oltre 500 milioni di fatturato”. Serviranno “ancora dai 10 ai 15 milioni di euro per portare a compimento il progetto”.

Ansa/Mare – 25/01/2021

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Trieste e Monfalcone integrano la rete del traffico merci che viaggia su rotaia

22 Gennaio 2021

L’Authority Adriatico orientale compra per 4 milioni i fasci di binari dello scalo. Lo sbarco del fondo F2i

di Giulio Garau

Dopo le aree dell’ex Azienda speciale del valore di 15 milioni (da pagare a rate in 10 anni) l’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale rileva nello scalo di Monfalcone (la cifra si aggira sui 4 milioni) quelle del Consorzio economico della Venezia Giulia e soprattutto i fasci di binari del porto per garantire agli operatori il decollo dei traffici logistici su rotaia. L’Authorithy punta a distribuire tra il porto di Trieste e quello di Monfalcone, il traffico ferroviario delle merci a seconda delle esigenze.

La conferma arriva dallo stesso presidente dell’Autorità di sistema, Zeno D’Agostino, che ieri ha illustrato le nuove strategie al termine di una riunione con il sindaco di Monfalcone, Anna Cisint. È un’operazione di rilievo che arriva a poche settimane dall’acquisizione, da parte di F2i, fondo infrastrutturale italiano (tramite la holding portuale, primo operatore per la movimentazione di rinfuse solide), dell’impresa MarterNeri che opera a Portorosega ed è in trattativa tra l’altro per rilevare un’altra impresa, la Compagnia portuale che si occupa delle operazioni in banchina. Una mossa strategica quella dell’Autorità di sistema che diventa unico gestore all’interno dello scalo da anni disturbato dalla presenza di una miriade di soggetti. Ma anche in vista del progetto di sviluppo di F2i tramite MarterNeri per lo scalo dove si punta alla nascita di un operatore integrato con il trasporto ferroviario. Lo scorso aprile il Fondo Ania F2i (soggetto creato da Ania e F2i sgr), ha acquisito il 92,5% di Compagnia Ferroviaria Italiana. E le attività di Monfalcone andranno ad aggiungersi a quelle di Mestre, Chioggia e Carrara, già del fondo F2i dal 2019.

E il trasferimento di molti traffici da parte di F2i a Monfalcone appare molto probabile per la situazione critica che si sta verificando in laguna tra Marghera e Venezia viste le chiusure per l’acqua alta. «Siamo in fase avanzata di trattativa con il Consorzio economico della Venezia Giulia – ha confermato D’Agostino – per noi il sedime ferroviario è fondamentale come avere l’unitarietà delle aree in porto. L’altro elemento nodale era quello di rendere efficiente il sistema ferroviario in porto dove stiamo facendo lavori infrastrutturali. L’Autorità deve offrire tutte le condizioni necessarie a far lavorare le imprese e perché portino traffici».

Il disegno di sviluppo è molto ampio e punta, già dal 2021 a un’integrazione forte tra i due scali. «Monfalcone non ha fondali ma non ha vincoli sul fronte ferroviario – spiega il presidente – Trieste invece ha un vincolo di capacità. Ci sarà un trasferimento tra i due porti del traffico ferroviario a seconda delle esigenze». La chiave di volta dello sviluppo è quella della riorganizzazione delle aree interne e il nuovo schema di concessioni proposto dall’Autorità di sistema a fine 2020 alle quattro imprese che lavorano in porto, la Cetal (prevalentemente RoRo di autovetture), Midolini, MarterNeri e Compagnia portuale che lavorano su cellulosa, rinfuse, bramme e trasporti speciali. Lo schema delle nuove concessioni doveva partire a inizio 2021, ma c’è stato un ricorso della MarterNeri al Tar che però è in fase di soluzione visto che il Tribunale amministrativo ha dato ragione all’Authorithy e c’è una definizione del contenzioso dopo le operazioni di F2i e la prossima acquisizione della Compagnia portuale che già in queste settimane sta lavorando con MarterNeri sui traffici di cellulosa. «Il 2021 è iniziato con la risoluzione del nodo concessioni – ha spiegato il sindaco Cisint – dopo che è stata fatta una scelta importante dell’Autorità di sistema con una prospettiva di molti anni che garantisce investimenti e la valorizzazione del livello occupazionale da parte delle aziende. Il Comune ha la voglia di far diventare il Porto la punta di diamante di quell’economia del mare alla base di un futuro di sviluppo».

Nordest Economia  – 22/01/2021

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Supertreno Trieste – Venezia, c’è il commissario

Il governo sceglie Vincenzo Macello, responsabile Direzione Investimenti Rfi, per gestire la linea ferroviaria veloce da Trieste

di Diego D’Amelio

Sarà Vincenzo Macello, responsabile della Direzione Investimenti di Rete ferroviaria italiana, il commissario per la velocizzazione della tratta Trieste-Venezia.

Ieri, 21 gennaio, il governo ha inviato al Parlamento la lista dei commissari designati per accelerare la realizzazione di 59 grandi opere. Ma l’indicazione di Macello non risolve la mancanza di buona parte degli oltre due miliardi necessari a far viaggiare più rapidamente i treni fra Trieste e lo snodo di Mestre.

Al momento risultano stanziati soltanto 200 milioni, ma altre risorse potrebbero arrivare nei prossimi mesi grazie al Recovery Plan. Il commissariamento dei lavori era stato previsto dai decreti Semplificazioni e Sblocca cantieri, cui ieri è seguita l’indicazione dei responsabili incaricati. La lista dovrà ora essere approvata dalle camere.

Il nome di Macello compare fra quello di una trentina di dirigenti di Rfi, Anas e ministero delle Infrastrutture: toccherà a loro il compito di avviare o aumentare il ritmo dei cantieri, il cui valore complessivo ammonta a 60 miliardi circa. Fra i sedici interventi in ambito ferroviario c’è la Trieste-Venezia, per la quale si procederà al potenziamento tecnologico e all’eliminazione dei colli di bottiglia, in modo da rendere la tratta percorribile in poco più di un’ora, senza la necessità delle misure più impattanti previste dall’alta velocità, che è ritenuta non conveniente viste le scarse quantità di traffico previste. Il dl Semplificazioni ha aggiornato il valore dell’opera, che costerà 2,2 miliardi, ma che non figura tra quelle inserite nel Recovery Plan: il finanziamento dipenderà dalle richieste della Regione, che ha già reso noto di aver inserito il finanziamento dei lavori nel pacchetto da oltre 10 miliardi che sarà presentato a Roma, con la speranza tuttavia di vederne approvato solo una frazione.

Macello si occuperà della Trieste-Venezia, ma anche dell’alta velocità Brescia-Verona-Padova, del completamento del raddoppio della Genova-Ventimiglia e del potenziamento della Orte-Falconara e della Roma-Pescara. Si tratta di una parte delle opere infrastrutturali prioritarie, che a luglio sono state elencate nella lista preparata dalla ministra dei Trasporti Paola De Micheli. Il commissario potrà contare su procedure e valutazioni ambientali più rapide, ma ad aver bloccato i lavori è finora soprattutto la mancanza di fondi. L’anno scorso Rfi ha assicurato di poter completare il cantiere entro il 2025, ma nemmeno un operaio si è ancora visto lungo i binari, anche se l’impegno è appunto di far partire l’opera nel 2021. Restano però da chiarire il numero di fermate previste per rispettare la percorrenza di poco più di un’ora e permane ancora lo scontro politico fra chi, come Pd e M5s, ritiene che la velocizzazione della linea sia sufficiente e chi, come l’assessore regionale Graziano Pizzimenti, la ritiene propedeutica alla Tav vera e propria, che costerebbe quattro-cinque volte di più.

Nordest Economia  – 22/01/2021

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Aeroporto Canova, Ryanair punta per la ripartenza ad aprile

21 Gennaio 2021

Sembra che per l’Aeroporto Canova l’idea di una riapertura ad aprile possa diventare sempre più concreta. Tutto dipende ancora dalla piega che prenderà la pandemia, ma come profetizzato nel dicembre scorso da Eddie Wilson, amministratore delegato di Ryanair, “con l’arrivo dei vaccini, potremo tornare a viaggiare”.

Del resto la società irlandese ha puntato molto su Treviso, fino a farne il suo hub di riferimento del Norditalia, con una quarantina di rotte aeree, tra voli nazionali e internazionali.

Così, ieri pomeriggio, da un confronto tra i responsabili comunicazione & marketing di Ryanair con il sindaco Mario Conte, è emersa la volontà di definire un piano d’azione coordinato, finalizzato a far combaciare l’inizio di una campagna di promozione, con la riapertura dello scalo trevigiano, studiando i diversi Paesi e le destinazioni, “in base al numero di turisti e ai nostri mercati più forti, come Francia, Germania e Gran Bretagna, ma inserendo anche alcune mete estere, che potrebbero diventare interessanti e sulle quali poter investire, diciotto saranno nuove”, ha fatto sapere il sindaco Conte.

A questo punto, il progetto di massima è stato definito, poi valutando la situazione, di settimana in settimana si entrerà nei diversi dettagli. È inutile sottolineare che ciò che tutti auspicano in questo momento è il ritorno alla normalità, con un secondo semestre 2021 di ripartenza e rilancio.

Turismo e aeroporti, sono stati in assoluto tra i più penalizzati dall’emergenza pandemica, con perdite che oscillano attorno all’80%, ma con l’arrivo dei vaccini e, con  i mesi più freddi dell’inverno quasi alle spalle, si comincia a percepire un po’ di ottimismo.

Il nuovo progetto con Ryanair proietterà Treviso nel futuro e renderà la città un punto di riferimento nazionale ed internazionale per voli turistici e business, generando una rete di nuove opportunità, fino a quello che sarà l’evento sportivo più importante del decennio, le Olimpiadi di Milano-Cortina del 2026.

Veneto Report – 21/01/2021

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Autostrade, Tomasi: “Un piano da 21,5 miliardi, 7 miliardi di manutenzioni al 2038 e 2mila e 900 assunzioni”

Nel piano 2020-2024 il totale degli investimenti «sale del 110% a 6,1 miliardi dai 2,9 miliardi del Piano 2015-19. Il totale delle spese di manutenzione passa da 1,6 a 2,5 miliardi» ha spiegato l’ad. La nuova visione industriale prevede una gestione integrata del ciclo di vita delle infrastrutture di mobilità: ricerca, ingegneria, costruzione, esercizio, manutenzione

Il Piano di Delivery di Autostrade per l’Italia è «un piano da 21,5 miliardi di euro, 14,5 miliardi di investimenti e 7 miliardi di euro di manutenzioni al 2038». Lo ha detto l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Roberto Tomasi presentando il nuovo piano industriale della società.

«Vogliamo che Aspi possa diventare un gestore della mobilità» in «un contesto in forte evoluzione con un cambio di paradigma di trasporto su tutti i fronti accelerato dalla crisi del Covid-19. Tre gli elementi: «Piano di delivery che prevede un +60% delle attività di manutenzione in media nell’arco di piano e +110% di impegni di investimento (nuove opere e upgrade asset esistenti) in media nell’arco di piano. Una nuova visione del gruppo Aspi e il piano di trasformazione con una spinta sulla digitalizzazione».

Nel piano 2020-2024 il totale degli investimenti «sale del 110% a 6,1 miliardi dai 2,9 miliardi del Piano 2015-19. Il totale delle spese di manutenzione passa da 1,6 a 2,5 miliardi».

La nuova visione industriale prevede una gestione integrata del ciclo di vita delle infrastrutture di mobilità (ricerca, ingegneria, costruzione, esercizio, manutenzione), offerta di servizi innovativi ai viaggiatori, anche oltre le autostrade; innovazione e ricerca applicata all’ingegneria per la trasformazione in infrastruttura «smart»; sostenibilità al centro della creazione del valore; player di eccellenza attivo anche nel mercato non captive.

Stabiliti anche  200 milioni per il digitale che punta ad una Aspi data-driven, sicura, veloce, trasparente.«Il primo elemento di trasformazione di un’azienda è il piano di assunzioni» ha poi spiegato Tomasi annunciando: «un forte piano di 2.900 assunzioni al 2024». Un elevato focus di «assunzioni su risorse STEM per far fronte ai bisogni delle aree tecniche (ad es. ingegneria), e a requisiti di upskilling guidati dalla Digital Transformation; potenziamento della diversità di genere come azione strategica di sviluppo».

Nordest Economia  – 21/02/2021

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Aspi, dal monitoraggio dell’infrastruttura ai servizi avanzati per la mobilità elettrica: dal nuovo piano nascono quattro società

Le controllate sono Tecne, Free To Xperience, nuova Pavimental e Autostrade Tech. Ogni azienda sarà dedicata a spiecifici ambiti dallo sviluppo di soluzioni digitali e hi-tech, alla gestione delle infrastrutture, alla realizzazione delle grandi opere e allo sviluppo di servizi avanzati per i viaggiatori

La trasformazione in operatore integrato della mobilità e un nuovo assetto societario e organizzativo: nascono le controllate Tecne, Free To Xperience, nuova Pavimental e nuova Autostrade Tech per la migliore gestione integrata del ciclo di vita delle infrastrutture.

Autostrade per l’Italia ( Aspi) ha presentato il nuovo Piano industriale 2020-2023 di Autostrade per l’Italia, definito dall’amministratore delegato Roberto Tomasi, il cui scopo è qualificare fortemente gli standard e le attività della concessionaria autostradale e, contemporaneamente, aprire nuovi spazi di business sul fronte dell’ingegneria, dell’innovazione e dei sistemi di mobilità urbani.

Forte spinta sull’innovazione tecnologica e sulla ricerca applicata per trasformare il network autostradale in una ‘smart road’ che aumenti la sicurezza e il comfort del viaggiatore. I primi servizi attivi a metà 2021. A febbraio partirà l’installazione di colonnine elettriche di ricarica ad alto voltaggio su tutta la rete nazionale. Le aree di servizio e di sosta saranno alimentate esclusivamente con energia green autoprodotta.

Il Piano attua, quindi, un nuovo assetto societario e gestionale, attraverso la trasformazione o la costituzione di quattro nuove società controllate, che presidieranno le attività delle linee strategiche di business, lavorando in modo integrato tra loro. Tecne SPA è la neocostituita società di ingegneria del Gruppo Autostrade per l’Italia, la cui mission è assicurare la realizzazione del Piano di investimenti e manutenzioni al 2038 svolgendo attività di progettazione, direzione lavori e coordinamento sicurezza.

La nuova Autostrade TECH è lo spin-off tecnologico di Autostrade per l’Italia, primo operatore in Italia e terzo in Europa per lo sviluppo di soluzioni digitali e hi-tech per la gestione delle infrastrutture. Dopo aver sviluppato la piattaforma di monitoraggio ‘Argò in partnership con Ibm e Fincantieri, Autostrade Tech lancerà progetti innovativi, per cambiare le modalità di viaggio in autostrada nel giro dei prossimi due-tre anni.

La nuova Pavimental, la società, finora controllata da Atlantia, entra completamente nel perimetro di Autostrade per l’Italia per svolgere un ruolo centrale nella realizzazione delle grandi opere e delle attività di manutenzione previste dal Piano Industriale.

Free To Xperience è la nuova realtà societaria dedicata allo sviluppo di servizi avanzati per i viaggiatori. Il primo passo di Free To Xperience sarà la realizzazione della più estesa rete italiana di colonnine di ricarica ad alto voltaggio per veicoli elettrici sulla rete autostradale. In ognuna delle principali 67 stazioni del network di Aspi saranno infatti installate 4-6 colonnine multi-client, che consentiranno una ricarica ultra-veloce in 15-20 minuti, consentendo di effettuare un viaggio di lunga percorrenza con un’auto elettrica (ad esempio Milano-Roma) con la medesima tempistica di un motore a combustione tradizionale.

L’avvio dell’installazione delle colonnine avverrà entro febbraio. Free To Xperience gestirà sia l’installazione della rete di colonnine oltre a tutti i sistemi di rapporto con il cliente-viaggiatore. Sempre sul fronte della sostenibilità, il nuovo Piano prevede l’evoluzione della rete autostradale in una ‘Green Infrastructurè, mediante un significativo aumento della produzione dell’energia da fonti rinnovabili, così da coprire oltre il 25% del proprio fabbisogno.

Nordest Economia  – 21/01/2021

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Monfalcone strategica: A2A dà l’addio al carbone nel 2022 con un riassetto da 400 milioni

Le risorse messe in campo dal gruppo con la nuova tecnologia che deriva dal patto con Snam. E il gruppo si candida a fornire energia alle banchine del porto isontino e a quello di Trieste

di Giulio Garau

Nella svolta green di A2A Monfalcone riveste un ruolo di rilievo con la centrale termoelettrica sulla quale saranno investiti 400 milioni per la riconversione dal carbone al ciclo combinato a gas e poi l’idrogeno. Lo ha confermato ieri durante la presentazione del nuovo piano industriale 2021-2030 l’amministratore delegato Renato Mazzoncini che ha ribadito il progetto annunciato a settembre nel corso di una visita a Monfalcone e Trieste in occasione della quale è stato firmato un memorandum di cooperazione tecnologica tra A2A e Snam, tra lo stesso ad A2A e l’omologo Snam, Marco Alverà.

Un progetto sperimentale per verificare l’utilizzo di idrogeno combinato con il gas nelle centrali termoelettriche e accelerare la transizione della produzione a impianti ad emissioni zero. «Monfalcone è uno dei siti energetici più importanti per la nostra svolta green – ha confermato l’ad di A2A – l’impianto a carbone verrà dismesso per riconvertirlo al ciclo combinato a gas e l’utilizzo dell’idrogeno. La chiusura è prevista entro il 2022, poi partirà il progetto di trasformazione e parteciperemo anche al nuovo capacity market che serve per dare stabilità agli investimenti e certezza all’occupazione degli addetti che sarà legata alla crescita dell’impianto. Ma su Monfalcone, per garantire la piena occupazione, penseremo ad attività integrative».

Mazzoncini ieri non ha dato ulteriori particolari, il tempo tra chiusura dell’impianto (2022) e ripartenza dell’impianto a ciclo combinato (2024) è abbastanza lungo e ci sarà tutto il tempo per pefezionare i dettagli. Quello che è certo è che per il mantenimento dei circa 100 addetti (per il solo impianto a gas anche combinato con l’idrogeno non servirà molta manodopera, si parla di alcune decine di addetti)si pensa tutta una serie di attività collaterali. Legate alla gestione dell’idrogeno e al ciclo combinato stesso gas-idrogeno, ma anche a un nucleo di fotovoltaico all’interno della centrale, impianti “compensatori sincroni”, storage delle batterie a cella (c’è tutto il filone delle auto elettriche da sviluppare), ma anche all’economia circolare (A2A è uno dei principali operatori in Italia) e alla retroportualità visto che saranno liberate alcune aree della centrale in pieno porto. Su questo fronte è ipotizzabile (erano stati annunciati contatti mesi fa tra A2A e il presidente dell’Autorità di sistema portuale Zeno D’Agostino) anche un impegno dell’azienda per la fornitura di energia a km zero alle banchine dei due porti, Trieste e Monfalcone, che saranno elettrificate. La stessa A2a poi ha iniziato l’installazione di colonnine per la ricarica delle vetture elettriche a Monfalcone.

Per la nuova centrale termoelettrica (con una potenza di 850 megawatt) la trasformazione si annuncia radicale. Il capitolato di gara per il revamping, ha spiegato A2A, prevede una centrale a ciclo combinato a gas già pronta con le turbine in grado di funzionare ad idrogeno che verrò miscelato al gas. Per la connessione alla rete di distribuzione verrà utilizzato un tubo lungo poco meno di 2 chilometri che si collegherà alla cabina del gas del Lisert poco distante dall’autostrada. E lo stesso tubo un domani potrebbe essere utilizzato dalla Snam per distribuire anche idrogeno. «Noi saremo gli utilizzatori, la Snam distribuirà l’idrogeno – aveva spiegato Mazzoncini – e l’accordo con loro serve per avviare la sperimentazione. Una collaborazione che rappresenta un’opportunità per valorizzare una filiera italiana di infrastrutture chiave per l’obiettivo europeo delle emissioni zero entro il 2050».

Nordest Economia  – 21/01/2021

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