Intervista esclusiva con il titolare del dicastero alle Infrastrutture e ai Trasporti, Danilo Toninelli, che racconta la strategia necessaria per dare nuova linfa al sistema della logistica, con un aiuto dalle nuove tecnologie.
di Claudio Sonzogno
L’ESORDIO AL GOVERNO DI DANILO TONINELLI, 43 ANNI, SENATORE DEL NORD, POLITICO DI PRIMA LINEA DEI CINQUESTELLE, NON È STATO FACILE. Il suo dicastero, Infrastrutture e Trasporti, ha in mano le chiavi delle porte di ingresso nel nostro Paese dal Mediterraneo. Così, nel braccio di ferro sui problemi migratori con l’Europa, mentre il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, difende le posizioni italiane, tocca a Toninelli gestire di fatto una situazione, per sua stessa ammissione diventata strutturale, «nel luogo di flussi più pericoloso del mondo», come il Mediterraneo. E non solo. Se è strategico chiudere i porti per sollecitare accordi fra i Paesi europei per la distribuzione degli immigrati, è quanto mai urgente e legato alla crescita dell’intero Paese, colmare le grandi carenze infrastrutturali del settore. Toninelli se ne rende benissimo conto: come spiega ad Economy in questa intervista, è in corso al suo dicastero una valutazione di tutte le opere necessarie con una project review basata sul principio costi benefici. «La logistica – rileva – è la chiave di volta per favorire e intercettare traffici che nei prossimi anni sicuramente aumenteranno malgrado le tensioni sui dazi». In particolare Toninelli si riferisce, e quindi guarda con favore, salvaguardando comunque i nostri prodotti e il made in Italy di qualità, al grande progetto infrastrutturale e di collegamento varato dal Governo cinese, la nuova “Via della Seta”. Sono infatti coinvolti i porti di Trieste, Taranto, Gioia Tauro e Genova e vengono previste anche lavorazioni in Italia di merci cinesi e loro trasporto a terra. E ciò dimostra, al di là dei pericoli e dei problemi, la grande opportunità che il Mediterraneo continua ad offrire ai nostri porti e all’intero Paese, e che Toninelli è impegnato a centrare con grande determinazione, invitando alla collaborazione tutti i player coinvolti.
L’Italia è il terzo Paese per movimentazioni di merci in Europa ed è la porta d’ingresso per le navi che transitano nel Mediterraneo. Risale a tre anni fa l’approvazione del PSNL, il Piano Strategico Nazionale dei Porti e della Logistica. L’attuale assetto la convince o lo riformerà? Sta attirando molte critiche, ma non è che in passato le cose andassero meglio.
C’è ancora tanto da fare. Ci sono carenze infrastrutturali da colmare e servono connessioni migliori per favorire l’intermodalità e la multimodalità. Dunque, il lavoro da portare avanti non è solo sui porti, ma anche sugli interporti e soprattutto sulla cura del ferro.
Cinquantotto porti sono stati riorganizzati in quindici autorità del sistema portuale che dovrebbero gestire anche nuove opere infrastrutturali finanziate in prevalenza con fondi Ue. L’obiettivo è realizzare i nodi della rete logistica che integra il trasporto marittimo con quello terreste e aereo in continuità con lo sviluppo al 2030 dei corridoi Tent-T che collegano l’Italia all’Europa, dal Baltico all’Adriatico e al Mediterraneo. È d’accordo sulla strategia?
Il mio ministero sta impostando un nuovo metodo. Serve una cooperazione reale tra i soggetti istituzionali e i player coinvolti, tanto più in una catena complessa e interdipendente come la catena logistica. E poi bisogna implementare le tecnologie che consentono di lavorare insieme in una logica di interoperabilità. Per il resto, stiamo valutando tutte le opere con una project review basata sul principio dei costi-benefici.
La crescita del Sud è in parte legata allo sviluppo del sistema aeroportuale che in molti casi è costituito da un patrimonio obsoleto da mettere in sicurezza promuovendo la sostenibilità. Cosa intende fare sulla ”rigenerazione”?
Bisogna uscire da logiche di campanile e da duplicazioni inutili, immaginando uno sviluppo, una collocazione degli scali che copra in modo armonico il territorio nazionale, esaltando le caratteristiche economiche e sociali dei vari territori.
Un fiume di soldi, circa 340 milioni di fondi Ue, sono in arrivo per i porti siciliani. Il rischio infiltrazioni mafiose ha costretto a un protocollo d’intesa in prefettura a Palermo per blindare gli appalti. Cosa farete per bloccare gli appetiti dei clan?
Regole semplici, controlli sempre più efficaci e una collaborazione stretta anche con l’Anticorruzione.
Eppure i controlli e la prassi di sdoganamento delle merci è considerata già eccessiva e una delle cause della scarsa competitività dei nostri porti, tanto più con una normativa disomogenea e iter procedurali stratificati. Come pensa di intervenire?
Stiamo implementando la soluzione dei controlli doganali in mare. Ci sono innovazioni tecnologiche, come il sigillo elettronico, che consentono il “pre-clearing”, ossia lo sdoganamento delle merce durante la navigazione prima ancora di arrivare a banchina. Le nostre Autorità portuali stanno portando avanti delle sperimentazioni e i tempi sono già stati abbattuti. Si potrà fare sempre meglio.
L’ex ministro Delrio ha stanziato un miliardo per collegare meglio porti e rete ferroviaria: questo progetto andrà avanti? E in che termini?
È sicuramente importante, come dicevo, spingere sul pedale dell’intermodalità per favore una mobilità più efficiente, pulita e sostenibile. La logistica è la chiave di volta per favorire gli investimenti e intercettare i traffici che nei prossimi anni sicuramente aumenteranno, malgrado le tensioni sui dazi. Sto pensando, ad esempio, al grande progetto di matrice cinese della nuova Via della Seta.
Rete ferroviaria: ottima l’alta velocità, inadeguata per il resto. Come migliorarla?
Trenitalia ha previsto investimenti per 4,5 miliardi per l’acquisto di 450 nuovi treni (300 Rock e 150 Pop) che entro il 2024 rinnoveranno l’80% della flotta dei treni regionali dimezzando l’età media dei treni dagli attuali 20 anni a 9. Dovremo puntare tantissimo sul trasporto regionale e pendolare, per migliorare la qualità della vita dei circa 5 milioni di cittadini che si spostano ogni giorno per lavoro.
Per superare l’individualismo portuale e rendere più efficienti le governance di sistema che cosa propone? Come considera la mappa interattiva realizzata per promuovere la nuova organizzazione del sistema portuale italiano e una maggiore integrazione con la rete di trasporti europea?
La mappa interattiva rappresenta un gran lavoro realizzato dai tecnici del mio ministero. Uno strumento utilissimo per chi voglia conoscere meglio cosa accade in seno alle autorità portuali. Bisogna abbandonare, pure qui, vecchie logiche di campanile e capire che senza integrazione e rilancio logistico, resteremo fuori dalle grandi direttrici del commercio internazionale. Inoltre, bisogna dare strumenti alle nostre imprese per far viaggiare al meglio le loro merci.
Ha detto che comunque le infrastrutture si faranno «perché ci sono enormi spazi in bilancio»… quali e quanti?
Solo in relazione all’ultima legge di Bilancio, abbiamo un Fondo investimenti da 36,1 miliardi da qui fino al 2033. La gran parte di essi sono a disposizione di programmi che fanno capo al mio ministero. Si tratta di accrescere la capacità di spendere questi soldi in opere sostenibili ed effettivamente utili al Paese. Al tempo stesso, se penso alla difficoltà degli enti locali di pianificare gli investimenti, è necessario liberare le risorse, semplificando le regole che presidiano i bilanci dei comuni.
Come pensa di migliorare la cosiddetta “continuità territoriale” con la Sardegna?
I sardi hanno il diritto di potersi spostare da e per la loro isola senza dover raggiungere scali che sono eccessivamente scomodi o remoti. Abbiamo dato il via libera alla conferenza dei servizi e mi sono già impegnato sul bando per la prossima continuità territoriale. Stiamo lavorando per migliorare e rendere meno onerosi anche i collegamenti marittimi. Chi vive in Sardegna deve sentirsi pienamente parte integrante del Paese.
E per la Sicilia, il Ponte sullo Stretto potrebbe tornare?
Ci sono infrastrutture che hanno una priorità ben più alta. Penso alla dotazione ferroviaria in Sicilia, per fare un esempio. Servono tante piccole opere diffuse sul territorio, che danno, è dimostrato, più lavoro, più ricchezza e aiutano a manutenere il territorio, senza impattare negativamente sull’ambiente.
Economy, n.8 Agosto – 27/07/2018
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