di Claudio Baroni
Il piano delle infrastrutture nel contratto di governo è postato in modo tanto vago che può accadere di tutto. Per Brescia e il suo territorio la prospettiva suscita qualche inquietudine, soprattutto per due opere che apparivano ormai imminenti. L’alta velocità ferroviaria nel tratto Brescia-Verona doveva aprire i cantieri più importanti proprio nella seconda metà di quest’anno, mentre l’accordo raggiunto il 7 giugno tra Anas e le imprese Salc per l’autostrada della Valtrompia sembrava aver sgombrato anche gli ultimi ostacoli. Invece tutto potrebbe fermarsi, perché il ministro per le Infrastrutture Toninelli ha annunciato una revisione di Tav e nuove autostrade. Ancora un rinvio?
Sulla necessità dell’autostrada della Valtrompia non ci dovrebbero essere dubbi: su quel tratto di strada passano oltre 40mila veicoli al giorno e una viabilità scorrevole sarebbe preziosa per gli abitanti e le imprese della valle. Talmente preziosa che molte di esse, stanche di aspettare e sfiduciate, hanno preferito scendere in pianura e collocarsi, guarda caso, proprio accanto agli snodi autostradali. Perdere altro tempo sarebbe davvero incomprensibile. Altrettanto indispensabile è il tratto della ferrovia veloce tra Brescia e Verona, una delle tratte più trafficate del continente.
Le due opere ancora in bilico sono l’emblema della storia bresciana delle infrastrutture e dei trasporti. Ad un’occhiata d’insieme, sembra di essere di fronte alla parabola evangelica del buon seminatore. Ci sono progetti che incredibilmente cadono su terreno fertile ed hanno sbocchi ragionevoli e rapidi. Si pensi, tra gli esempi più recenti, alla Brebemi o al tratto della Tav fra Treviglio e Brescia, costruiti in pochi mesi, e con un periodo di progettazione e incubazione non eccessivamente lungo. Ci sono progetti che invece (assai spesso, purtroppo) sembrano cadere tra i sassi e faticano ad attecchire. Qualche esempio, risalendo nel tempo: la superstrada del Garda e quella ancora più tribolata del Sebino e della Valcamonica. Tra questi collocheremmo anche l’autostrada della Valtrompia, sperando che alla fine – per continuare nel paragone con il Vangelo di Marco – il nuovo sole che si è levato non ne bruci le radici.
Ma ci sono anche progetti che sembrano siano caduti tra le spine, come quello della Corda molle. Nome più azzeccato non si sarebbe potuto trovare. Il tratto da Concesio a Capriano risale agli anni Settanta del secolo scorso, l’idea di proseguire fino a Montichiari è del 1992, gli espropri dei terreni sono del 2009 e i lavori sono fermi dal 2012. Centropadane ha mollato tutto: piloni e svincoli slabbrati, sbancamenti ormai preda di cespugli ed erbacce. L’ultima inutile promessa risale a novembre scorso. Le ultime carte bollate sono volate al Tar a maggio. Da pochi mesi Gavio ha rilevato la A21 da Centropadane, gestore in proroga. L’incompiuta della tristezza è ancora lì: tredici chilometri di spine e sterpaglie, dove l’opera soffoca.
Tra i progetti caduti nel nulla verrebbe la voglia di citare – ma solo per provocazione – il traforo del Mortirolo e metterlo sullo stesso tavolo dove oggi si scontrano con i veti austriaci le pretese delle nostre merci di risalire verso il cuore dell’Europa. Anche solo per un attimo, basterebbe pensare a quale mercato avrebbe oggi un tunnel per la Germania a metà strada fra il Brennero ormai intasato e il Gottardo per noi troppo a ovest.
Al di là dei miti infranti, la parabola ha una morale. Molti progetti, anche coraggiosi, sono stati seminati nel Bresciano, ma la loro sorte sembra essere stata legata più al caso che alla razionalità. Perché la Brebemi, per fare un esempio, ha trovato percorso scorrevole ed è stata anche rapidamente agganciata all’A4, mentre l’autostrada della Valtrompia è ancora al palo? Perché l’alta velocità ferroviaria a ovest corre e a est si blocca? Intanto il tempo passa: in attesa dell’autostrada le imprese lasciano la valle, in attesa della Corda molle il traffico trova altre varianti. Sicuramente ognuna di queste opere meriterebbe di essere analizzata nel dettaglio. E gli ostacoli che incontra spesso hanno buone ragioni per essere posti. Ma poi? Quel che manca è una cabina di regia, un tavolo istituzionale che sappia scegliere con rapidità ed efficacia, che colga le priorità. Ma in questo, purtroppo, il Bresciano è la rappresentazione di quanto accade in tutta Italia. Ad ogni passaggio di governo si ridiscute tutto da capo e non è garantito che i nuovi arrivati siano più svegli di quelli che li hanno preceduti. Intanto ognuno sgomita per far prevalere il proprio progetto.
Giornale di Brescia – 24/06/2018
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