L’ex ministro Paolo Costa: «Speriamo che dal nuovo governo arrivi una scossa. La Pedemontana deve essere conclusa e i nostri porti non sono all’altezza»
di Alberto Vitucci
«Sulle infrastrutture l’Italia è in grave ritardo. Siamo abituati a pensarle solo in termini di disagi, o di proteste locali, mai in prospettiva. Magari il nuovo governo potrà rimescolare le carte. Potrebbe anche essere un’occasione». Grillino o leghista non lo è mai stato. Paolo Costa, ex ministro e presidente della commissione europea Trasporti, ex rettore e sindaco di Venezia, ha sempre preferito la politica «di centro». Il Pd e per certi temi – come appunto le infrastrutture – vicino a Forza Italia. Nominato presidente del Porto proprio dal governo Berlusconi, nel 2008. In questi giorni è a Lipsia, alla «Davos dei trasporti», in qualità di esperto italiano.
Presidente Costa, cosa ci dobbiamo aspettare da questo governo gialloverde?
«Le contraddizioni sono tante. Riguardano non solo i trasporti, ma anche le linee di comunicazione, i rifiuti. Per non parlare di immigrazione».
Sulle infrastrutture si bloccano le grandi opere?
«Mi auguro di no. La Tav, ad esempio è una cosa dovuta. E siamo in ritardo di vent’anni».
Ha ancora un senso?
«Certo. Quando Napoleone voleva fare i nuovi viali a Parigi i suoi architetti gli dicevano ci vorranno degli anni. Benissimo, rispondeva lui, allora cominciamo subito».
Come tradurlo?
«Che noi siamo abituati a pensare alle nuove infrastrutture sempre come un problema immediato. Come i disagi delle popolazioni e dei cantieri dovuti alla costruzione dell’opera. Non guardiamo un po’ più in là: a cosa potrà servire l’opera in termini di servizi. Risultato, siamo in gravissimo ritardo nell’adeguamento strutturale del nostro Paese».
Non è colpa del nuovo governo.
«Sicuramente no. Anzi, ripeto. Magari uno scossone è salutare. Un’occasione per tornare a discutere di certi temi».
Grave ritardo lei dice. Un esempio?
«Beh, i porti. Non ce n’è uno in Italia che possa ospitare le navi da 18 mila teu. E noi facciamo finta di non vedere».
Vuol dire che serve la piattaforma off-shore?
«Credo che non l’abbiano neanche considerata. Ed è un grave errore. I porti, ma ci sono anche le ferrovie. I nostri treni merci non raggiungono mai i 750 metri. Adesso quelli nuovi li facciamo così. Ma invece in Europa li progettano già da 1000 metri».
Nel nuovo governo vincerà la linea M5s per bloccare le grandi infrastrutture, Tav ma anche Pedemontana?
«Mi auguro di no. Ripeto, siamo già in grave ritardo. Non c’è una politica che guarda al futuro. E non solo sui trasporti. Oggi si apre in Ucraina un tunnel per il Corridoio 5. Noi invece da Venezia a Trieste puntiamo a raggiungere i 150 all’ora. Mezz’ora persa nel tragitto. È chiaro che i grillini si oppongono alle grandi opere, avendo costruito il loro consenso sulla rabbia delle popolazioni locali, mettendo insieme quelle battaglie. Ma la necessità di fare le grandi infrastrutture non si può scaricare addosso ai sindaci e agli enti locali. Deve decidere lo Stato».
Dunque questo governo può rappresentare un’occasione?
«Magari anche sì».
Corriere delle Alpi – 25/05/2018
© Riproduzione riservata