Progetto per realizzare un corridoio monitorato fra porto e interporto di Trieste

24 Aprile 2018

L’obiettivo è di incrementare le capacità operative dell’intero sistema logistico regionale

Info.era (gruppo Circle) e Interporto di Trieste hanno promosso Fer-Net, progetto che ha lo scopo di sviluppare fra l’Interporto e il porto di Trieste un corridoio monitorato che possa risultare un prolungamento della banchina portuale fino all’area interportuale di Fernetti, al fine di incrementare le capacità operative dell’intero sistema logistico regionale.
Cofinanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia con oltre 120 mila euro nell’ambito del Por Fesr 2014-2020, oltre a Info.era e Interporto di Trieste il progetto vede l’Autorità di Sistema Portuale triestina come utente finale, il Dipartimento di Ingegneria ed Architettura dell’Università di Trieste come partner scientifico e si avvale del supporto consulenziale di Thrive Srl.. L’attività di coordinamento progettuale, diffusione e divulgazione dei risultati di Fer-Net è svolta da Friuli Innovazione.
«Con Fer-Net – ha spiegato Matteo Bradaschia di Info.era- l’Interporto sarà in grado di operare come un terminal portuale, riuscendo di fatto a trasferire i gate di ingresso dal porto di Trieste all’interno delle nuove aree attrezzate presso l’Interporto e riuscendo a gestire i mezzi in movimento sui 18 chilometri di superstrada che separano le due strutture, come se continuassero a trovarsi in area portuale. In questo modo l’Autorità di Sistema Portuale di Trieste potrà gestire il flusso dei mezzi che passeranno per l’Interporto stesso prima di essere imbarcati».

InforMare – 24/04/2018

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Porti: Authority Adriatico Venezia, nel 2017 utile 12,7 mln

Approvato primo bilancio dopo riforma, ridotto indebitamento

Il Comitato di Gestione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale ha approvato all’unanimità il bilancio consuntivo 2017, il primo dopo la riforma dell’Ente.

L’anno si è chiuso con un avanzo di amministrazione di oltre 31,8 milioni di euro, in aumento rispetto ai 28,6 del 2016, con un saldo di cassa di oltre 68,4 milioni e un utile di esercizio di oltre 12,7 milioni.

Il raffronto tra entrate e uscite registra un avanzo di parte corrente di oltre 26,9 milioni, pari al 55,03% delle entrate correnti (oltre 48,8 milioni). L’AdSP ha operato con attenzione sul fronte delle economie al fine di recuperare risorse per sostenere nuovi investimenti e per intervenire sull’indebitamento.

Nel corso del 2017 sono stati destinati per investimenti 55,5 milioni, suddivisi tra realizzazione di opere (oltre 49,5 milioni) ed escavo di canali (6 milioni). Il debito consolidato di gruppo è stato ridotto da 160 a 105 milioni, con un abbattimento dell’esposizione del 31%.

Ansa/Mare – 24/04/2018

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A Marghera 59 progetti di investimento

23 Aprile 2018

Sono 59 le manifestazioni di interesse a investire presentate per l’area di crisi di Venezia a seguito della call promossa dal Ministero dello Sviluppo economico, Regione del Veneto e Invitalia nell’ambito del Progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell’area

Sono 59 le manifestazioni di interesse a investire presentate per l’area di crisi di Venezia a seguito della call promossa dal Ministero dello Sviluppo economico, Regione del Veneto e Invitalia nell’ambito del Progetto di riconversione e riqualificazione industriale dell’area, lanciato con l’obiettivo di definire i fabbisogni di investimento industriale, di tutela ambientale e di innovazione dell’organizzazione delle imprese.

La call ha intercettato un cospicuo numero di progetti riconducibili alla grande impresa.

I settori che esprimono una maggiore domanda di investimenti e occupati sono il manifatturiero e la logistica (trasporto e magazzinaggio). Una progettualità, finanziariamente significativa, è finalizzata a incrementare l’efficienza e la produttività dei locali cantieri navali in una logica di miglioramento anche dell’impatto ambientale della produzione. I progetti al di sotto di 1,5 milioni di euro sono circa il 30% del totale, prevalgono invece le proposte di investimento di dimensione compresa tra 1,5 e 20 milioni di euro.

Le manifestazioni che potrebbero rientrare nel campo di applicazione della legge 181/89, e che individuano progetti di investimento potenzialmente cantierabili, sono 5. Sono in corso gli approfondimenti necessari per la definizione degli strumenti agevolativi e delle risorse finanziarie che saranno attivati e resi disponibili sul territorio.

«Il lavoro svolto in questi mesi ci ha consentito di verificare l’alto grado di attrattività del territorio veneziano, con particolare riferimento a Porto Marghera – commentano gli assessori regionali Elena Donazzan (Lavoro) e Roberto Marcato (Sviluppo economico) – Questo risultato deriva dalla fondamentale collaborazione garantita da tutte le Istituzioni nazionali e locali, Invitalia e le parti sociali ed economiche interessate».

«La Regione ha avviato una proficua collaborazione con il Ministero dello Sviluppo economico – sottolineano congiuntamente i due esponenti della giunta Zaia – che, grazie all’alta professionalità e alla competenza della Divisione tecnica del ministero, ci sta consentendo di disegnare un programma di riqualificazione e reindustrializzazione per l’area di crisi industriale. Il risultato della call ne rappresenta una precondizione fondamentale».

La Nuova di Venezia/Nordest Economia – 23/04/018

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Nei primi tre mesi di quest’anno il traffico delle merci nel porto di Venezia è cresciuto del +9,6%

I crocieristi sono stati oltre 26 mila (+290,1%)

Nel primo trimestre di quest’anno il porto di Venezia ha movimentato oltre 6,8 milioni di tonnellate di merci, con un incremento del +9,6% sui primi tre mesi del 2017, di cui 5,5 milioni di tonnellate di carichi allo sbarco (+10,7%) e 1,3 milioni di tonnellate (+5,5%).

Nel solo settore delle merci varie il traffico ha registrato una crescita del +1,0% essendo ammontato a quasi 2,4 milioni di tonnellate, di cui più di 1,3 milioni di tonnellate di merci containerizzate (-4,0%) totalizzate con una movimentazione di contenitori pari a 147.252 teu (-1,6%), 465 mila tonnellate di rotabili (+39,4%) e 576 mila tonnellate di altre merci varie (-7,8%).

Più accentuato l’aumento delle rinfuse. Nel segmento dei carichi liquidi sono state movimentate 2,3 milioni di tonnellate (+12,3%), di cui 1,9 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi raffinati (+14,4%), 304 mila tonnellate di prodotti chimici (-6,2%) e 72 mila tonnellate di altre rinfuse liquide (+72,4%). Le rinfuse secche si sono attestate a 2,1 milioni di tonnellate (+17,6%), con 701 mila tonnellate di prodotti metallurgici (+92,0%), 524 mila tonnellate di carbone e lignite (-25,7%), 382 mila tonnellate di mangimi, foraggi e semi oleosi (+10,8%), 302 mila tonnellate di cereali (+29,1%), 110 mila tonnellate di minerali e materiali da costruzione (+77,7%), 49 mila tonnellate di prodotti chimici (+181,3%) e 56 mila tonnellate di altre rinfuse solide (-27,6%).

Nei primi tre mesi del 2018 il traffico dei crocieristi nel porto veneziano è stato di oltre 26 mila unità (+290,1%).

InforMare – 23/04/2018

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Metrò, ferrovie, porti: piano da 140 miliardi, già finanziato per 100

22 Aprile 2018

Con la project review risparmiati 50 miliardi, fondo progetti al via – Ma i cantieri ritardano

di Giorgio Santilli

Il primo bilancio di «Connettere l’Italia», il programma con cui Graziano Delrio ha ridefinito il quadro delle priorità individuando «solo infrastrutture utili al Paese che cambia», è pronto per entrare nell’allegato al Def che dovrebbe essere approvato in settimana. È un piano prioritario da 140 miliardi che conta su 103 miliardi già disponibili (82,7 miliardi individuati dal ministro negli ultimi tre anni)e 36 miliardi da reperire (anche con il rifinanziamento del fondo investimenti in legge di bilancio). Ci sono poi 48 miliardi per un piano di secondo livello, finanziato per 34 miliardi. Le risorse disponibili per il piano prioritario sono andate per 35 miliardi a strade e autostrade, 43 alle ferrovie, 20 alle città metropolitane,2 ai porti e 3,6 agli aeroporti. Ci sono 25 miliardi da privati e tariffe e 29 da residui della legge obiettivo. Al Sud vanno 43 miliardi, il 31%.

«Connettere l’Italia» è la terza via scelta da Delrio nella pianificazione delle infrastrutture pubbliche fra la politica «grandi opere è sempre bello» (culminata in Italia con la legge obiettivo) e «grandi opere mai» (slogan vissuto quotidiamente sui territori in ossequio alla doppia ideologia del Nimbye dei veti amministrativi). «Abbiamo scelto – scrive Delrio nell’introduzione a “Connettere l’Italia”, pubblicato da Franco Angeli – di fare e completare solo le opere utili, concentrando le risorse e lavorando per una mobilità più sostenibile e sicura: un lavoro paziente e serio, un lavoro collettivo che ha tenuto uno sguardo lungo sul Paese». La “terza via” vorrebbe resistere agli avvicendamenti di maggioranze politiche o addirittura essere un elemento capace di creare convergenze sostanziali fra partiti. È l’auspicio di Delrio, ma anche delle imprese: Confindustria e Ance hanno apprezzato la programmazione svolta dal ministro e chiedono che ora non si ricominci da zero smontando tutto. Hanno però anche denunciato come riprogrammazione e stanziamenti non siano bastati a rilanciare il settore che ha bisogno di correzioni normative (codice appalti e semplificazioni) e di una Pa più efficiente per tornare a crescere.

Ma quali sono gli elementi che possono consentire al lavoro di Delrio – e della struttura tecnica di missione guidata da Ennio Cascetta prima e da Giuseppe Catalano ora – di sopravvivere nella nuova stagione politica e di passare alla fase operativa senza essere stravolto? Anzitutto, la project review che ha portato al riesame di una ventina di grandi progetti (fra cui Torino-Lione, autostrada Tirrenica e Salerno-Reggio) e ha consentito finora risparmi da minori costi per 40 miliardi e ne promette per altri 10. Questa operazione, che ha ridotto il gigantismo di alcuni interventi strategici, ha anche rilanciato gli interventi diffusi. «Le scelte compiute nei diversi settori- scrive Delrio vogliono portare il Paese al livello dei migliori Paesi europei: l’apertura dei tunnel sotto le Alpi, l’estensione dell’Alta velocità al Sud e la progettazione dell’Alta velocità di rete, il robusto piano di manutenzione delle strade, la razionalizzazione del sistema logistico a partire dai porti e le ingenti risorse impegnate nel trasporto locale, anche per un rinnovo del parco autobus treni». Tutti elementi che- insieme alla massa di risorse disponibili e all’addio alla legge obiettivo- potrebbero piacere anche a M5S e Lega, che puntano al rilancio infrastrutturale per far crescere il Paese.

Un esempio della nuova pianificazione, che punta a «valorizzare il patrimonio esistente» è proprio l’Alta velocità di rete (Avr), centrata su «interventi di upgrade tecnologico e velocizzazione di linee già esistenti, come la dorsale Adriatica, la Napoli-Reggio Calabria, la Venezia-Trieste e la trasversale Roma-Ancona». Per andare da Roma a Reggio Calabria 4 ore contro le 4 e 40 minuti attuali, da Roma a Bari 3 ore e mezza contro le 4 e 50 attuali.

La seconda novità rivoluzionaria per l’Italia decolla in questi giorni: è il fondo per la progettazione delle opere strategiche con la distribuzione dei primi 110 milioni. È stato appena registrato dalla Corte dei conti del decreto ministeriale che ripartisce i fondi disponibili fra le 15 Autorità portuali (30 milioni), le 14 città metropolitane (25 milioni) e i loro comuni capoluogo (30 milioni) e ancora altri 37 comuni con più di 100 mila abitanti (25 milioni). Finisce la follia italiana che non è possibile finanziare progetti se non c’è già uno stanziamento per l’opera ma non si può decidere quanto costa l’opera (e se è utile) senza un progetto.

Catalano fa notare un’altra utilità del fondo progetti. «Prendiamo dice- la città di Roma che ha ora le risorse per progettare. Potrà finalmente avviare la project review della metro C e farci sapere con quali correzioni o integrazioni, eventualmente, andare avanti». Una mano tesa alla Capitale, ma anche la fine di tanti alibi che hanno alimentato il settore delle infrastrutture negli ultimi 30 anni.

Il Sole 24 Ore – 22/04/2018

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Tutto pronto per lo scavo del tunnel di 14 chilometri

A fine mese il via ai lavori che permetteranno di sotto attraversare l’Isarco Il punto sugli interventi nella visita della delegazione guidata da Stocker

La nuova talpa “Tbm- Serena” entrerà in funzione a fine mese ed avvierà lo scavo del cunicolo esplorativo della galleria di base del Brennero a Mules, nel Comune di Campo di Trens. Procederà in direzione nord con un avanzamento, nella fase iniziale di circa 20 metri al giorno e un percorso complessivo di 14 chilometri.

Il sotto-attraversamento del fiume Isarco, che sarà realizzato grazie al congelamento dello strato di terreno al di sotto del letto del fiume, inizierà nel settembre di quest’anno e l’abbattimento del diaframma dell’imbocco Sud, all’altezza della stazione di Fortezza, è previsto per il dicembre 2018.

Sono i prossimi passi del grande cantiere della Galleria di base, illustrati durante la visita nei giorni scorsi dall’assessora provinciale Martha Stocker, accompagnata dal direttore della Ripartizione lavoro Helmuth Sinn e dal direttore dell’Ispettorato del lavoro Sieghart Flader. La delegazione provinciale è stata guidata dall’amministratore delegato di Bbt Se Raffaele Zurlo e dal direttore dell’Osservatorio Bbt Martin Ausserdorfer.

Al centro della visita in primo luogo l’illustrazione delle norme di sicurezza adottate dal Consorzio. “Ho visto lo stato di avanzamento dei lavori – ha affermato Stocker – e verificato, con i miei collaboratori, l’adozione da parte della società di progetto Bbt Se di tutte le norme di sicurezza prescritte per questo tipo di opere. Si tratta di un progetto complesso e all’avanguardia, nel quale, a regime, opereranno circa 1000 lavoratori. Abbiamo anche verificato che vengono adottate tutte le misure necessarie per ridurre l’impatto dei lavori sull’ambiente e i paesi”.

Zurlo, ha sottolineato l’ottima interazione con la Provincia. “Abbiamo sempre potuto contare, sia da parte dei politici che dei tecnici locali, su di un’interazione efficace che ci consente di operare in maniera rapida ed efficiente”.

Alto Adige – 22/04/2018

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Allarme dalle zone industriali italiane: sono senza fibra ottica

Le infrastrutture di rete snobbano il cuore dell’economia: solo un terzo dei territori ha la connessione veloce

di Alessandro Longo

Ben 7 mila zone industriali su 11 mila non hanno la fibra ottica, mentre 1.700 non hanno nemmeno la comunissima banda larga, quella che ormai copre il 99 per cento della popolazione italiana. Le infrastrutture di rete stanno trascurando insomma proprio il motore dell’economia, le aziende, le quali hanno sempre più bisogno di internet veloce per il proprio business.

Il quadro emerge con evidenza da un nuovo studio – ancora inedito – della società di consulenza internazionale EY. Ed è anche una grana per il prossimo Governo, dato che la copertura in fibra ottica è un obiettivo del piano banda ultra larga nazionale, con fondi pubblici. Adesso sospeso in una delicata fase di passaggio.

Intanto i dati dell’osservatorio EY ci dicono, al presente, che solo un terzo dei distretti industriali è raggiunto dalla fibra ottica, che superi la velocità di 30 Megabit al secondo. Il 50 per cento ha una Adsl di buon livello. Il resto invece non è coperto da niente (13 per cento) o lo è da un’Adsl di livello basso. Si tratta quindi di aziende che, per lacune della rete cablata dagli operatori, non può navigare veloce neppure volendolo.

I dati ci dicono che i distretti meglio serviti dalla fibra sono Bari (90 per cento di distretti coperti), Barletta-Andria-Trani (97 per cento), e a seguire Genova (73%), Milano (75%), Monza e Brianza (69%). I peggiori sono a pari merito Isernia e Sondrio (6 per cento), Oristano (8%), Aosta (12%), Catanzaro (12%).

La situazione è resa paradossale da due altri elementi. Primo, la popolazione italiana in media è ormai ben coperta da fibra (al 75 per cento, dato comunque basso rispetto agli altri Paesi europei).

A essere svantaggiate sono soprattutto le aziende, che pure – magari – avrebbero un interesse più forte delle famiglie a navigare veloce Consideriamo anche che gli abbonamenti alla fibra sono ancora molto pochi, 5,69 milioni a dicembre, secondo dati Agcom.

Secondo elemento: le aziende patiscono questa scarsa copertura proprio nel periodo in cui invece stanno investendo di più in tecnologia, grazie agli incentivi del piano governativo Impresa 4.0. Mettere tecnologia è pressoché inutile se poi non c’è la banda ultra larga.

Secondo quanto riferiscono da EY, le cause del problema sono due. Da una parte, la scelta degli operatori di investire soprattutto nelle città popolose – quindi lontano dai distretti industriali, che spesso sono in periferia. Dall’altra, il fatto che gli investimenti pubblici si sono concentrati finora – per via delle regole europee – in particolare nel Sud Italia, dove i distretti industriali sono in numero minore.

Molte speranze sono riposte nel piano banda ultra. La sua prima fase è già in stato avanzato, ma è soprattutto la seconda che ha l’obiettivo di estendere la fibra ottica di massimo livello (1 Gigabit e oltre) nelle aree del Paese dove c’è il 65 per cento delle aziende italiane. Sono stanziati 3,4 miliardi di euro. In particolare, 2,2 miliardi di euro per la copertura (di cui 1,1 miliardi risparmiati dai bandi della fase uno grazie ai ribassi ottenuti con l’aggiudicazione a Open Fiber), più 1,3 miliardi di euro per i voucher a incentivo degli abbonamenti. Ma, a quanto riferiscono fonti vicine a questa partita, la fase due va a rilento dalla caduta di Renzi e ancor di più negli ultimi mesi, per via della natura dell’attuale Governo. È solo di qualche giorno fa – inizi aprile – la pubblicazione del piano per la fase due (dopo il preliminare ok dell’Europa), ora in consultazione con gli operatori. Gli stessi pure, con fondi propri, contribuiranno a migliorare la situazione (Tim, Fastweb e Open Fiber hanno un piano di investimenti in fibra).

“La disponibilità di servizi ad alta performance nelle nostre zone industriali è ancora limitata, il che si traduce anche in una bassa adozione di servizi innovativi ICT”, riassume Fabrizio Pascale, Telco, Media & Technology MED Leader di EY. “Tuttavia, il tentativo che si sta mettendo in atto è quello di colmare i gap infrastrutturali per rendere la fibra un fattore critico di successo per il nostro tessuto industriale. Bisogna fare presto”, aggiunge.

La Repubblica/Economia & Finanza – 22/04/2018

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Tav, assemblee pubbliche e info point parte la campagna per la Brescia-Verona

21 Aprile 2018

Primo incontro sindaci-Rfi: «Accolte le nostre richieste». Gli oppositori: silenzio sui pericoli

Incontri con i tecnici comunali, assemblee pubbliche e, laddove richiesto e possibile, info point nelle stazioni ferroviarie o nei municipi. Incassato dal Cipe il sì definitivo al progetto di Alta velocità ferroviaria sulla tratta Brescia-Verona, Rfi e il consorzio Cepav 2 (che costruirà l’opera) hanno iniziato la campagna sul territorio.

Prima tappa, l’incontro istituzionale ieri mattina a Peschiera. Rfi e general contractor si sono confrontati con cinque Comuni veronesi: Sona, Sommacampagna, Castelnuovo, ovviamente l’ospitante Peschiera e la new entry del capoluogo, rappresentato dall’assessore Ilaria Segala. A questi si sono aggiunti gli enti locali bresciani, i rappresentanti delle due Province e i due assessori regionali competenti, la lombarda Claudia Terzi e la veneta Elisa De Berti, un po’ la regista di questo tavolo. Fuori dal municipio, il (piccolo) drappello dei No Tav irriducibili, cui si è aggiunto un altro «storico» oppositore, il rettore del Santuario del Frassino, padre Giovanni Di Maria. Ma gli avversari dell’opera non trovano granché sponda istituzionale: il solo Comune ad aver annunciato ricorso al Tar contro l’ultimo passaggio al Cipe è quello di Desenzano. Gli altri preferiscono percorrere quella che il sindaco di Castelnuovo del Garda, Giovanni Peretti, definisce la strada del «pragmatismo. Nel corso dell’incontro abbiamo avuto conferma che Rfi e Cepav recepiscono tutte le nostre osservazioni per mitigare l’impatto dell’opera sul territorio. È un risultato, di fronte all’iter di una grande opera vista favorevolmente da due Regioni e che, a livello di decisioni, passa sopra le nostre teste». Peretti fa qualche esempio: «Abbiamo ottenuto che nessuna cava al servizio dei cantieri sia aperta sul territorio veronese. Per quanto mi riguarda, è importante che sulla via Mantovana si sia rinunciato allo spostamento del sottopasso che avrebbe avuto un grande impatto sull’isola ecologica». Accolta con favore la disponibilità, da parte di Rfi e Cepav, a organizzare anche a breve incontri pubblici e allestire punti d’informazione. «Serviranno, insieme ai tavoli con i singoli tecnici comunali, a garantirci sul rispetto delle prescrizioni previste con il progetto definitivo». Se a Castelnuovo la partita degli espropri è relativamente semplice (85 soggetti, si tratta in gran parte di campi) in altri territori appare più delicata, vedi a Sona dove un’intera fabbrica di porcellane, la Ancap che conta una settantina di dipendenti, dovrà essere spostata. Pare che Rfi e Cepav si stiano già muovendo per trovare accordi con aziende e privati interessati, o l’abbiano addirittura già fatto.

L’assessore regionale De Berti rivendica il suo ruolo di coordinamento tra Rfi ed enti locali, prima per il recepimento delle prescrizioni, ora per l’avvio dei lavori, previsto nella seconda metà dell’anno. «Siamo stati impegnati a limitare il più possibile l’impatto dei cantieri. Un’attività di monitoraggio che proseguirà certamente nel tempo». Si fa viva anche Ilaria Segala, che pur essendo interessata per una parte minima, ha ritenuto opportuno far parte della squadra al tavolo: «Un incontro importante – spiega l’assessore di Verona – che ha permesso di constatare l’avanzamento del progetto dell’alta velocità tra le città di Brescia e Verona. Anche se il nostro territorio sarà toccato solamente da 200 metri di linea ferroviaria, è stata apprezzata la partecipazione del Comune di Verona».

Ma i No Tav non ci stanno. Il comitato degli oppositori locali parla di «rumoroso silenzio dei sindaci e della Regione» davanti ai pericoli e alle criticità del progetto approvato dal Cipe che «non è conforme alla normativa corrente in due punti fondamentali per la sicurezza dell’opera». E viste le prescrizioni (ben 309) occorrerebbe «una nuova Valutazione di impatto ambientale». Come sempre, Francesca Businarolo, deputata grillina, affianca la protesta: «L’alta velocità non è l’opera tutta rosa e fiori descritta dall’assessore regionale Elisa de Berti. È inutile e pericolosa. Le modifiche apportate al progetto per la Brescia-Verona magari soddisferanno gli assessori di Veneto e Lombardia, ma non i molti cittadini che da anni si oppongono a un’infrastruttura che avrà costi colossali e non porterà benefici per la maggior parte degli utenti. Il Tav è anche un pericolo per la salute: la tratta proseguirà a Vicenza, attraversando l’area colpita dall’inquinamento di Pfas: al momento non abbiamo nessuna rassicurazione sul fatto che i lavori non comportino il rischio di compromettere ulteriormente le falde».

Corriere di Verona – 21/04/2018

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Val Pusteria, strade colabrodo: 3,5 milioni di euro in più per sistemarle

20 Aprile 2018

Il Servizio strade della Val Pusteria ha redatto come ogni anno un piano dei lavori di asfaltatura nella zona di sua competenza, che quest’anno risulta più corposo rispetto al passato a causa degli ingenti danni verificatisi durante l’inverno. Il piano 2018 approvato in primavera prevedeva una spesa di 6,3 milioni di euro, cui si sommano i 3,5 milioni di euro per misure ulteriori deliberato di recente dalla giunta provinciale. «I danni al manto stradale durante l’inverno sono stati consistenti, perciò si è reso necessario un ampliamento delle misure previste per sistemare al più presto i danni più consistenti all’infrastruttura» spiega l’assessore provinciale competente Florian Mussner. «Nel corso dell’inverno passato i danni causati dal gelo sono stati numerosi ovunque. Per questo in tutti i comprensori si sono resi necessari lavori urgenti» prosegue Mussner. La prima zona interessata sarà la Val Pusteria.

Riasfaltati i tratti a rischio per la viabilità

I lavori previsti nel programma interesseranno i tratti della rete viaria che presentano i danni maggiori e costituiscono dunque una potenziale fonte di rischio per chi li percorre. La prima parte del programma è già stata avviata e viene portata avanti compatibilmente con l’altitudine e con le temperature delle singole zone interessate. Per quanto riguarda la seconda parte, è stata chiusa la pianificazione e i lavori sono in attesa di assegnazione. «Per garantire una sistemazione duratura e efficace del manto stradale sono necessarie condizioni minime anche per quanto riguarda la temperatura atmosferica e quella della superficie stradale» sottolinea il direttore del Servizio strade Philipp Sicher. I danni più urgenti sono stati nel frattempo sistemati con asfalto a freddo per garantire la percorribilità delle direttrici provinciali dai collaboratori del Servizio strade, cui è andato il ringraziamento dell’assessore Mussner anche per il servizio svolto durante l’inverno. «La lunga durata dell’inverno appena trascorso e le basse temperature hanno impedito fino a questo momento l’avvio dei lavori» aggiunge Sicher. «Per questo, e per i possibili disagi provocati dal protrarsi anche in estate dei lavori di asfaltatura, chiediamo comprensione ai cittadini» conclude Mussner.

Alto Adige Innovazione/Infrastrutture – 20/04/2018

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Lo studio sulla galleria della Tav «Possibili rischi per le falde»

Preoccupazione di sindaci e amministratori dell’Alto Mantovano dopo l’indagine geologica. La Sisam chiede a Rfi di intervenire: «Forniamo acqua a centomila utenti, vogliamo garanzie»

di Francesco Romani

La galleria progettata a nord di Castiglione nell’ambito del progetto di Alta Velocità ferroviaria Brescia-Verona potrebbe costituire un rischio per le falde acquifere che alimentano oltre 100 mila abitanti. A dirlo non solo uno studio geologico commissionato da Sisam, gestore attraverso la propria controllata Sicam degli acquedotti dell’Alto Mantovano, ma anche la stessa Rfi che nei propri allegati alla progettazione definitiva parla della necessità di andare con i piedi di piombo, trattandosi di una zona di estrema vulnerabilità.

Lo studio, condotto dal geologo Giorgio La Marca, nasce dalla volontà dei sindaci della zona, da Castiglione delle Stiviere a Monzambano, ai primi cittadini del bacino Alto e Medio Mantovano. Tutti uniti nel chiedere di capire le conseguenze di un lavoro, la galleria di Lonato, che per le sue dimensioni rischia di creare uno sconvolgimento delle falde sotterranee.

La galleria è infatti un traforo a doppia canna, lungo 7 chilometri e 371 metri, due terzi del traforo del monte Bianco, e scenderà sino a 40 metri sotto il piano campagna traforando le colline moreniche.

Proprio la zona morenica, cioè gli antichi depositi di ghiaia portati dalle glaciazioni, è da sempre caratterizzata per un’alta vulnerabilità. L’acqua piovana e le irrigazioni scendono velocemente fra la ghiaia del terreno e formano la prima falda. Al di sotto, in depositi sabbiosi, si trova la seconda falda, alimentata dal bacino del lago di Garda. Acqua da sempre purissima, che non subisce trattamenti ed alimenta tutta l’alta pianura mantovana. Distribuita dalle reti d’acquedotto Sicam, raggiunge circa 100mila persone. I pozzi Sicam si trovano a Castel Goffredo, Castiglione delle Stiviere, Cavriana, Guidizzolo, Medole, Solferino e Volta.

«Questa situazione di vulnerabilità – spiega il presidente di Sisam, Giampaolo Ogliosi – ci preoccupa perché grandi lavori di sbancamento, interruzione delle falde, possibili mescolamenti di prime e seconde falde, effetti drenanti sono i rischi connessi alla costruzione della mega galleria.

Lo studio geologico che abbiamo commissionato lo conferma e per questo lo abbiamo inviato sia a Rfi, sia a parlamentari e consiglieri regionali. Ci preoccupa il fatto che la stessa Rfi, nel proprio studio idrogeologico relativo alla galleria, parli della necessità di adottare soluzioni progettuali che evitino il depauperamento delle falde e la loro alterazione».Lo studio promosso da Sisam segnala la necessità di adeguare i dati dello studio rfi (risalgono a 13 anni fa) e del progetto stesso alla normativa oggi vigente.

Gazzetta di Mantova – 20/04/2018

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