Atlantia e la dura contesa di Abertis, dopo il ritiro di Aena spunta l’offerta di Acs

21 Luglio 2017

Il gruppo di costruzioni spagnolo Acs che fa capo all’imprenditore proprietario del Real Madrid, ha confermato che sta studiando un’offerta per Abertis, già oggetto di un’opa da parte di Atlantia

Non sono finite le interferenze sul grande progetto dell’opa Atlantia verso Abertis. Dopo il ritiro di Aena, la società spagnola che ha rinunciato alla contro-Opa su Abertis, il gruppo di costruzioni spagnolo Acs ha confermato che sta studiando un’offerta per Abertis, già oggetto di un’opa da parte di Atlantia. Lo si legge in una nota inviata alla Cnmv, la Consob spagnola.

Sollecitata dalla Cnmv, Acs ha confermato che «sta studiando, con l’assistenza di advisor esterni e senza che la questione sia stata portata all’esame del Cda, una possibile contro Opa su Abertis». «Ad oggi, non è stata presa alcuna decisione sul dossier» conclude la nota.

Acs è una società leader globale delle infrastrutture, primo al mondo per ricavi internazionali (32 miliardi di euro nel 2016 grazie all’apporto della controllata tedesca Hochtief) e tra i primi per fatturato complessivo.

Il gruppo è un gigante diversificato a livello geografico, che realizza il 46% del giro d’affari in Usa, il 22% in Europa e il 25% in Asia. Fa capo all’imprenditore spagnolo Florentino Perez, noto ai più per essere il presidente e proprietario del Real Madrid, vincitore di tre delle ultime quattro Champions League, anche grazie alle faraoniche campagne acquisti.

In realtà, Perez è un imprenditore protagonista da decenni della finanza spagnola. Non a caso, infatti, negli anni scorsi è stato tra i primi soci della stessa Abertis, in cui era arrivato a detenere il 25,8%. Poi, nel 2010, ha stretto un accordo con Cvc, con il quale di fatto Acs è scesa al 10,3% in trasparenza del gruppo autostradale: venne creata una newco, controllata al 60% dal private equity e al 40% da Acs, in cui confluì tutta la quota in Abertis.

L’operazione fu finanziata dall’istituto catalano Caixa (ancora oggi socio di riferimento di Abertis) con un prestito da 1,5 miliardi.

Oggi Acs, che nel 2012 aveva poi venduto sul mercato il restante 10,3% di Abertis realizzando una plusvalenza vicina a 200 milioni di euro (nel 2015 anche Cvc e’ uscito dal capitale), torna alla carica per rilevare il controllo.

Il Mattino di Padova – 21.07.2017

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La BERS eroga un prestito alla turca Alternative Transport per l’acquisto di una nave ro-ro

L’unità sarà impiegata sulla rotta tra i porti di Haydarpasa (Istanbul) e Trieste

La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) ha erogato un prestito di 27,5 milioni di euro alla compagnia di navigazione Alternative Transport, che fa parte del gruppo logistico turco Ekol. Il finanziamento, a cui si aggiungono un prestito di 4,5 milioni di euro nell’ambito del programma Green Logistics della BERS e un prestito di 16 milioni di euro da parte dell’istituto bancario turco Isbank, sarà utilizzato per l’acquisto di una nave ro-ro del costo complessivo di 55,5 milioni di euro.

La nave, che avrà una capacità di trasporto di 283 semirimorchi, sarà impiegata dalla Alternative Transport nel proprio servizio marittimo che collega il porto turco di Haydarpasa (Istanbul) con il porto italiano di Trieste. La BERS ha già erogato finanziamenti alla compagnia turca destinati all’acquisto di tre navi ro-ro impiegate su questa rotta.

InfoMare – 21.07.2017

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Interporto e Rfi: nuovo accordo per i grandi treni merci

20 Luglio 2017

ACCOGLIERE treni lunghi 750 metri e supportare così la vocazione dell’Interporto quale ‘gateway ferroviario’ sia tra nord Europa e centro-sud Italia, sia con i porti del Tirreno e dell’Adriatico. E’ l’obiettivo del protocollo d’intesa firmato dal presidente di Interporto Marco Spinedi, e dall’ad e direttore generale di Rete Ferroviaria Italiana, Maurizio Gentile, nell’ambito degli investimenti Rfi dedicati al trasporto merci lungo i quattro Core Corridor della Rete Europea Ten-T, con particolare attenzione ai nodi, compresi i terminal di Interporto. Gli interventi puntano a dotare l’interporto degli standard necessari: sarà così possibile una vera integrazione ferro-mare con i servizi di cabotaggio nazionali e intra-mediterranei.

Il Resto del Carlino – 20.07.2017

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Ziu più attrattiva con il nuovo scalo

19 Luglio 2017

di Erika Adami

Avrà dieci binari il nuovo scalo merci ferroviario che servirà la Zona industriale udinese. Tra un anno e mezzo sarà completato il primo lotto dei lavori con la realizzazione di due binari (si attende la valutazione di impatto ambientale della Regione per continuare l’iter); i restanti due lotti interesseranno viabilità, piazzali e ulteriori impianti, spiega il presidente del Consorzio Ziu, Renzo Marinig. Rafforzare lo sviluppo della logistica, ferroviaria in primis, è uno degli obiettivi della Ziu «per ridurre i costi delle imprese e rendere le zone industriali attrattive per i nuovi insediamenti».

Le zone industriali Ziu (che unisce a sé la Ziac Aussa Corno) e Consorzio per lo sviluppo industriale ed economico della zona pedemontana Alto Friuli (Cipaf) riunite in un unico ente, spiega Marinig, connesso all’interporto di Cervignano potrebbero configurarsi come una piattaforma logistica internazionale intercettando i flussi di merci diretti verso il Nord Europa, lungo il corridoio AdriaticoBaltico. Il nuovo scalo si inserisce così nel più ampio progetto logistico regionale, andando a integrare anche la funzione industriale, propria dei Consorzi, connettendosi con le aziende. «Adesso abbiamo tempi di manovra lunghi, perché ci appoggiamo sullo scalo di Udine. Movimentiamo in ferrovia circa 15/16 mila carri all’anno. Via treno arriva la materia prima per la lavorazione e i prodotti finiti se ne vanno via camion. Con il nuovo scalo viaggeranno su rotaia e già con 2 binari pensiamo di movimentare 20 mila carri. Con 10 binari, saremo autonomi da Udine. Daremo risposte efficaci alle 120 aziende insediate nella Ziu, Abs in primis». Ovvero: meno costi, manovre più rapide, vantaggi competitivi. «E avremo la possibilità di collegarci con lo scalo di Cervignano e Porto Nogaro, ampliando ulteriormente le prospettive di crescita; ci stiamo rapportando con Trieste per effettuare collegamenti tra i due porti».

Quanto alla fusione tra Cipaf e Ziu, «avrà effetto dal primo gennaio 2018».

La Vita Cattolica – 19.07.2017

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Cervignano hub per le merci di Trieste

di Erika Adami

LO SVILUPPO INDUSTRIALE del Friuli corre su rotaia e il «treno» passa per Cervignano. Sta decollando, infatti, il sistema logistico regionale integrato con il sistema portuale di Trieste (unico porto franco in Europa con conseguenti vantaggi finanziari) che vedrà l’interporto friulano giocare un ruolo di primo piano. Lo assicura Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale, che governa lo scalo giuliano, che abbiamo intervistato prima del dibattito «Quale futuro per l’interporto di Cervignano?» promosso, il 18 luglio a Bagnaria Arsa, dal locale Comitato «No Tav» e moderato dal direttore della Vita Cattolica, Roberto Pensa. La strategia della Regione è basata su una nuova alleanza tra Friuli e Trieste che fa del corridoio Adriatico-Baltico, direttrice di traffici essenziale tra nord e sud, una risorsa. Sul corridoio (quel tracciato ferroviario ad alta capacità che, in regione, si appoggia sul valico di Tarvisio e sulla ferrovia Pontebbana Udine-Tarvisio e, in un’ottica di intermodalità, sul porto di Trieste) sono situate diverse zone industriali della provincia di Udine, che potrebbero sfruttare questa circostanza anche per attrarre nuove attività industriali. Diversamente, il Friuli rimarrebbe solo un «passaggio» senza grandi ricadute sul territorio, come accaduto finora. Con il Decreto Delrio l’Autorità portuale di Trieste governerà il porto di Monfalcone e anche l’interporto di Cervignano grazie al progetto logistico «Porto-Regione», in cui le attività sui moli sono integrate con quelle degli interporti nel retroterra lungo le dorsali ferroviarie. Perché per recuperare la competitività economica va recuperata l’efficienza della logistica e dei trasporti. «Le infrastrutture bisogna saperle gestire e mettere in rete», dice D’Agostino, per ottimizzare investimenti e asset, per erogare servizi di qualità alle imprese e fornire il supporto all’intero sistema economico in modo da attrarre dall’esterno capitali, imprese, competenze.

Presidente D’Agostino, da dove partire? «Non si fa sviluppo se non ci sono i traffici. A Trieste, in 3 anni, siamo riusciti a raddoppiare il numero di treni merci. Rispetto ai 4 mila 500 del 2014, chiuderemo l’anno con 9 mila. Il boom ferroviario sul porto è frutto di un’azione di marketing e soprattutto di riorganizzazione di tutte le attività interne al porto che ha permesso al mercato di trovare risposta alla domanda che prima non veniva soddisfatta; abbiamo cominciato a ridefinire tutte le manovre ferroviarie, abbiamo cambiato costi, tempi, acquisito tutta una serie di interessi, di traffici che ci hanno permesso di fare ragionamenti più in grande rispetto ai normali confini del porto, in un’ottica di rete. Per alcuni traffici, il porto sta diventando piccolo, abbiamo pensato che valeva la pena connetterlo con altre realtà, visto che abbiamo piattaforme logistiche ferroviarie di prim’ordine. Il primo soggetto integrato è stato l’interporto di Trieste, quello di Fernetti. Oggi stiamo ragionando su Villa Opicina e Cervignano. E, nei prossimi mesi, col Decreto Delrio, anche Monfalcone finirà nell’Authority di sistema: ci sarà un’integrazione non solo con gli interporti, ma anche con i porti regionali».

L’interporto di Cervignano è pronto a entrare nella rete? «Lo scalo merci ha problemi di adeguamento. Per esempio, non ha l’autorizzazione per far transitare sui treni le merci pericolose. E non parliamo di esplosivi. Oggi praticamente tutto è considerato merce pericolosa, anche la margarina! A Trieste possiamo gestire le merci pericolose nel porto, chi deve entrare nel network del porto deve avere le stesse caratteristiche del porto. Insieme a Rfi (Rete ferroviaria italiana) effettueremo degli interventi infrastrutturali per adeguare lo scalo merci di Cervignano – non l’interporto, che è adeguato -, però i treni passano dallo scalo e lo scalo oggi non può ospitare le merci pericolose».

A quali interventi si riferisce? «Banalmente, a un binario che va attrezzato in modo che dallo scalo all’interporto ci sia la possibilità di far transitare treni con merci pericolose. Nessuno, finora, ci ha messo la testa».

Dunque, la relazione con l’interporto di Cervignano è iniziata. «Sì, formalmente non ha nessun rapporto societario con noi, ma operativamente stiamo pianificando che una serie di convogli da e per lo scalo triestino faccia capo all’interporto di Cervignano per movimentare le merci delle aziende friulane, che attualmente non utilizzano né il porto né la ferrovia, non potendo quindi avvalersi di un possibile vantaggio competitivo in termini di costi. Fermandoci in Friuli, ottimizziamo le nostre attività e diamo nel contempo un servizio alle imprese friulane su destinazioni che, con i propri carichi, non potrebbero gestire da sole. Per fare questo dobbiamo connettere Cervignano e Trieste via treno. C’è una importante novità. L’11 luglio la nostra impresa di manovra ferroviaria, Adriafer, che prima poteva operare dentro al porto, è stata certificata come impresa ferroviaria».

E cosa significa concretamente? «Abbiamo acquisito la possibilità che Adriafer possa fare treni in rete, nel contesto regionale. Quindi su Cervignano graviteranno alcuni treni diretti verso il nord (si tratta di collegamenti con Austria, Germania, Lussemburgo… e, attraverso il nodo di Kiel, a nord di Amburgo, anche in Svezia e Norvegia) e faremo degli shuttle ferroviari che andranno avanti e indietro tra il porto di Trieste e Cervignano. Dovremo comprare gli spazi sulla rete, ma manca poco. Per l’intervento sui binari di Rfi, ci vorrà qualche mese, a quel punto avremo l’infrastruttura adeguata. Il mercato con cui stiamo dialogando negli ultimi mesi deve abituarsi al fatto che Cervignano diventerà un hub ferroviario di riferimento. D’altra parte, l’aver già spostato su Cervignano certe attività è una cosa che ci ha richiesto il mercato e che stiamo sviluppando. Non c’è sviluppo senza traffici, glielo dicevo all’inizio».

Si inizia così a «sanare», almeno in parte, un gap importante. Da anni si parla delle potenzialità del corridoio AdriaticoBaltico, ma le imprese friulane solo in minima parte lo utilizzano. Come si possono rendere più attrattive e competitive per futuri investimenti le zone industriali friulane? «Dobbiamo ragionare in termini di economie di scala, non possiamo pensare che lavorino tutte. Un servizio intermodale deve garantire non solo il fatto di riempire un treno, ma anche una frequenza. Se concentro il servizio su pochi punti riesco a ottenere quelle economie che mi permettono di avere i convogli giusti con la giusta frequenza. Stiamo facendo dei ragionamenti anche con altre zone industriali, per esempio con Osoppo, che ha una forte specializzazione siderurgica e il cui traffico potrebbe essere collegato con Porto Nogaro. Di cose da fare ce ne sono, un po’ dappertutto, ma la dispersione sul territorio in più piattaforme ferroviarie, intermodali, va in controtendenza rispetto alla nostra esigenza».

Ma le zone industriali più attrattive cosa dovrebbero fare? «Il problema vero di solito non è nelle infrastrutture, ma nella gestione. Quella di un terminal ferroviario è molto costosa. Senza treni, si chiude. A Trieste abbiamo superato il punto di pareggio. Con 9 mila treni all’anno, circa 30 al giorno, lavorando 5/6 giorni alla settimana, la nostra gestione è virtuosa. Non è una questione di infrastrutture – personalmente ritengo che ne abbiamo anche troppe, 3 porti e 4 interporti, al contrario di quanto pensa qualcuno -, né di chi comanda. Le infrastrutture bisogna saperle gestire, metterle in rete, a quel punto si ottengono risultati. Serve una visione unica che incrocia le esigenze del mercato».

In questa prospettiva, il raddoppio Udine-Cervignano è molto importante. «Sì, visti i numeri di treni sempre crescenti che abbiamo, che ci portano a pianificare anche terminal ferroviari nuovi nei porti. Nel giro di qualche anno arriveremo a 20 mila treni l’anno. E siccome buona parte dei convogli va verso nord, da lì si passa».

Nel sistema entrerà anche Porto Nogaro? «Durante il 2018 penso che avremo gli atti propedeutici per farlo entrare. Porto Nogaro ha una sua specializzazione, anche importante, ma bisogna fare i conti con la realtà. A Porto Nogaro ci sono 7 metri di pescaggio, circa 10 metri a Monfalcone, 18 a Trieste».

La Vita Cattolica – 19.07.2017

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Bassano, ok al raddoppio della linea ferroviaria per Castelfranco

18 Luglio 2017

La Regione Veneto ha annunciato l’accordo raggiunto con Rete Ferroviaria Italiana di programmazione congiunta per la progettazione dell’opera

“Abbiamo concordato con Rete Ferroviaria Italiana di inserire nella programmazione congiunta il raddoppio della linea ferroviaria Castelfranco – Bassano, dando continuità all’intervento Mestre – Castelfranco, la cui progettazione definitiva è già in corso”.  A dare la notizia è l’assessore regionale ai lavori pubblici, infrastrutture e trasporti, dopo l’incontro svoltosi martedì a Palazzo Balbi a Venezia con le amministrazioni comunali, convocate per discutere la possibilità di potenziamento della linea ferroviaria tra Castelfranco Veneto e Bassano del Grappa.

Alla riunione erano presenti i rappresentanti dei Comuni di Spinea, in provincia di Venezia, Castelfranco Veneto, Castello di Godego e Loria, in provincia di Treviso, di Rossano Veneto, Cassola e Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza.

“Come è noto – spiega l’assessore – la Regione del Veneto, con deliberazione della Giunta del novembre scorso, ha programmato la progettazione di interventi compresi nel Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (S.F.M.R.), tra cui numerose opere finalizzate alla soppressione di passaggi a livello e il raddoppio dei tratti ferroviari Padova – Vigodarzere e Maerne – Castelfranco Veneto. Più recentemente, attraverso il costante confronto con Rete Ferroviaria Italiana, abbiamo deciso di estendere la progettazione del raddoppio ferroviario al tratto tra Castelfranco Veneto e Bassano del Grappa. Un intervento che consentirà di migliorare e potenziare il servizio ferroviario stesso, ma anche di risolvere le rilevanti interferenze con la viabilità stradale, problema quest’ultimo molto sentito dalle comunità locali”.

VicenzaToday – 18.07.2017

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Entro l’anno l’accordo fra Friuli V.G. e Shanghai

«Il rapporto avviato con la Cina è il risultato di un lavoro che abbiamo iniziato da tempo e che ha visto nel Forum di Trieste dello scorso anno dedicato alla Via della Seta una tappa fondamentale, che ci porterà entro il 2017 a sottoscrivere un memorandum d’intesa con la provincia di Shanghai». Così la presidente della Regione, Debora Serracchiani, a Trieste in apertura del Rapporto annuale “Cina 2017. Scenari e prospettive per le imprese” promosso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido Itpo Italy), dalla Fondazione Italia Cina e dalla Regione Fvg.

Serracchiani ha poi sottolineato il valore aggiunto, per il Friuli Venezia Giulia, di essere stata l’unica Regione ad aver partecipato assieme al premier Gentiloni a Pechino all’ultimo Forum “One Belt one Road”, il maxi progetto per una nuova “Via della Seta”: un piano di investimenti plurimiliardario finalizzato al collegamento infrastrutturale, marittimo e terrestre, tra Asia e Europa.
«Non a caso – ha spiegato Serracchiani – in quella sede il presidente Gentiloni ha riferito che la Cina considera quelli di Trieste e Genova gli unici porti italiani nella Via della Seta. Una considerazione, da parte di Pechino, che recentemente è cresciuta grazie anche all’attuazione del porto franco di Trieste, che apre ad opportunità di investimento in quella che è l’unica area extradoganale all’interno dell’Europa».

L’interesse cinese, come ha affermato la presidente, non si ferma solo al porto di Trieste, ma riguarda tutta la regione. In particolare coinvolge la produzione industriale del territorio, le filiere (come quella del mobile) e tutto il settore dell’alta formazione universitaria e della ricerca scientifica.
Serracchiani ha quindi ringraziato, oltre l’Unido e la Fondazione, anche l’ambasciatore italiano a Pechino, Ettore Sequi, per il grande sostegno offerto alla Regione nei rapporti con la Cina. Lo stesso Sequi, intervenendo in videoconferenza, ha confermato la crescente attenzione per il Friuli Venezia Giulia, in particolare per la nuova realtà offerta da porto franco di Trieste, in considerazione delle proiezioni dei consistenti volumi di traffico marittimo dalla Cina che interesseranno il Mediterraneo.

Anche il vice presidente e assessore alle Attività produttive della Regione, Sergio Bolzonello, è intervenuto alla presentazione del rapporto ricordando che la consapevolezza di poter presentare agli investitori internazionali le cifre dell’attrattività economica del Friuli Venezia Giulia: la solidità finanziaria della Regione, il sistema produttivo integrato al territorio grazie ai cluster, la capacità di erogare alle imprese in tempi rapidi i fondi europei, lo sviluppo della logistica attraverso le nuove piattaforme portuali e i collegamenti ferroviari.
Tutto fondato su certificazioni ufficiali e sulla concreta realizzazione delle opere infrastrutturali. Bolzonello – riferisce la Giunta regionale con una nota – ha rimarcato la necessità di un approccio indirizzato ad un’interlocuzione molto solida e concreta, legata all’informazione e alla capacità di instaurare rapporti improntati alla trasparenza. Ha poi insistito sul sistema della ricerca scientifica e dei parchi tecnologici, quale elemento di forza del territorio regionale, che va collegato ancora di più al mondo produttivo locale e che rappresenta un settore di grande interesse nelle relazioni internazionali.
Ma le potenzialità di crescita di un’area la si misura anche nel rapporto fra le imprese e il territorio. Da qui, come ha spiegato il vice presidente, la svolta operata con i cluster, che portano all’elaborazione di una visione improntata allo sviluppo in una forma condivisa che unisce le aziende, le istituzioni locali e le rappresentanze sociali.
Tornando alla Cina, Bolzonello ha affermato che la riprova di un rilancio in termini economici e di competitività complessiva del Friuli Venezia Giulia è comprovato dal percorso della Via della Seta, che vede Trieste una tappa strategica per i traffici marittimi, coinvolgendo nelle dinamiche di sviluppo anche gli spazi retroportuali presenti in regione. Bolzonello ha concluso ricordando come la Regione sia stata capace in questi anni di aver dato un indirizzo chiaro al sistema delle imprese, individuando i settori su cui puntare: metalmeccanica, sistema casa, agroalimentare, tecnologie marittime e “smart health”. Un fattore questo che, unitamente agli altri, fornisce garanzie e dà precise indicazioni a chi fosse intenzionato ad investire in Friuli Venezia Giulia.

Messaggero Marittimo – 18.07.2017

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Polo intermodale a ritmo serrato

17 Luglio 2017

Il cantiere procede a tutta velocità. Il secondo lotto al traguardo in febbraio l’opera

Era il 1988. Allora il polo intermodale dei trasporti di Ronchi dei Legionari veniva inserito nel piano regionale dei trasporti. Sono trascorsi 29 anni e solo il 23 gennaio scorso l’area di 20mila metri quadrati compresa tra l’aeroporto regionale e la linea ferroviaria TriesteVenezia, ha ospitato la cerimonia per la posa della prima pietra di questa importantissima struttura. Dove, da quasi sei mesi, si lavora senza sosta. Un cantiere che procede a ritmo spedito, sia per quel che riguarda il primo, sia per quel che riguarda il secondo lotto dei lavori che, secondo cronoprogramma, dovranno concludersi entro il febbraio del 2018. La situazione che si evince dando un’occhiata al cantiere è quella di un’opera pubblica che procede a ritmo spedito. Il parcheggio multipiano, capace di contenere fino a 500 automobili, è ormai stato completato e, nelle prossime settimane, si procederà alla realizzazione dell’impianto elettrico e dei sottofondi. Anche il parcheggio a raso, quello che potrà ospitare mille vetture, è a buon punto, mentre si lavora anche sul fronte della realizzazione della stazione delle autocorriere e della fermata ferroviaria che, se tutto andrà con i ritmo che è stato tenuto sino ad oggi, potrà aprire a marzo del prossimo anno. Il cantiere, poi, si è spostato anche all’interno del “Trieste Airport” dove è iniziata la costruzione delle opere che serviranno all’approdo della passerella che, dallo scalo stesso, porterà sino al polo intermodale. Una struttura che, vale la pena ricordarlo, potrà servire anche all’utenza locale. Si pensa ad una serie di piste ciclabili. Ed è per questo motivo che l’amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari ha appena avanzato alla Regione una richiesta di finanziamento di 247mila euro. Il collegamento alle banchine ferroviarie si concretizzerà nella realizzazione di una ciclabile di circa 520 metri, con larghezza di 3, mentre l’attraversamento denominato si attuerà nella revisione strutturale dell’attraversamento e la definizione del tratto ciclabile esistente. Una conquista per chi desidera utilizzare la bicicletta e potrà avere a disposizione collegamenti bus e ferroviari in un unico, importante sito.Il polo intermodale dei trasporti, dopo anni ed anni di tentennamenti, sta diventando realtà. Da sei mesi a questa parte la ditta che si è aggiudicata l’appalto, suddiviso in due lotti funzionali, tutti finanziati, da 10, 3 d 6, 9 milioni di euro, vale a dire la ronchese “Ici Coop”, di strada ne ha fatta parecchia.I lavori procedono speditamente ed i tempi, stando proprio al massiccio impiego di forze lavoro, saranno sicuramente rispettati. Il progetto che si sta completando a tappe forzate comprende una nuova fermata ferroviaria che sarà conforme alla specifiche tecniche per l’interoperabilità ferroviaria concernenti persone a ridotta mobilità ed una nuova autostazione con 16 stalli in linea per gli autobus, una superficie pedonale di 2800 metri quadrati ed una sala d’aspetto climatizzata, ma anche un parcheggio multipiano con una capacità di 500 posti auto. Accanto ad esso un parcheggio a raso, della capacità complessiva di 1000 posti auto, di cui 320 dedicati agli utenti con abbonamento al trasporto pubblici locale e ferroviario, ovvero pendolari, a tariffa agevolata e, ancora, un collegamento pedonale tra l’aerostazione e le strutture del polo con una passerella sopraelevata, lunga 425 metri, accessibile con ascensori, scale mobili e scale di sicurezza, con tappeti mobili per facilitare la percorrenza.

Il Piccolo – 17.07.2017

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Il “treno delle dolomiti” tornerà: 10 anni per ripristinare Calalzo-Cortina

Dieci anni. Tanto sarà necessario, secondo il presidente della Regione Veneto Luca Zaia per ripristinare il collegamento ferroviario fra Calalzo di Cadore (Belluno) e Cortina d’Ampezzo (Belluno). Il tracciato dovrebbe prender vita sulla sede della vecchia linea del «Treno delle Dolomiti». Zaia ne ha parlato oggi, a Belluno, illustrando le due ipotesi progettuali allo studio, il primo con un tracciato attraverso la Valle del Boite, il secondo con un percorso più lungo e che lambisce la base delle Tre Cime di Lavaredo. I costi preventivati oscillano fra i 715 ed i 745 milioni di euro. Il sistema consentirebbe di collegare Venezia a Cortina in poco più di due ore.

Il tracciato ferroviario della Val Boite avrebbe una lunghezza di 33 km, un tempo di percorrenza stimato in 40 minuti e 5 fermate (Valle – Vodo – Borca San Vito – Cortina Centro). Il percorso della Val d’Ansiei sarebbe lungo invece 48 km, servirebbero 58 minuti per effettuarlo e 7 fermate (Domegge – Lozzo – Cima Gogna – Auronzo – Tre Cime – San Marco – Cortina Centro).

Il Presidente ha precisato che entro la fine del mese di settembre la Regione intende chiudere la fase di consultazione con il territorio, raccogliendo tutti pareri, facendo sintesi e decidendo su quale dei due tracciati proseguire con le successive fasi progettuali.

Il Gazzettino/Belluno – 17.07.2017

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In arrivo sei voli diretti da Trieste alla Grecia

Intesa in dirittura. Serracchiani annuncia: «Nel 2018 nuove rotte per le isole». Altre trattative in corso per rilanciare lo scalo. Le prospettive infrastrutturali

di Giovanni Tomasin

La prossima estate il Friuli Venezia Giulia e l’Egeo saranno meno distanti. A congiungere i due estremi dei Balcani, infatti, arriveranno sei nuovi collegamenti dell’aeroporto di Ronchi verso altrettante mete balneari dell’Ellade.

La notizia è trapelata per la prima qualche sera fa, quando la presidente Debora Serracchiani ha parlato al Rotary club di Trieste del rilancio dello scalo aeroportuale. Tra le novità in arrivo elencate dalla presidente, anche «il ritorno l’anno prossimo dei voli per le isole greche».

L’annuncio viene subito confermato dallo scalo. Il direttore generale dell’aeroporto Fvg, Marco Consalvo, è l’uomo dietro alle trattative che hanno consentito di ottenere le nuove rotte. Un risultato che, specifica il diretto interessato, «non è ancora stato siglato ma è davvero dietro l’angolo»: «Stiamo negoziando con una compagnia per creare collegamenti verso sei destinazioni balneari della Grecia – dice -. Le trattative sono ormai prossime alla conclusione».

Vige ancora un prudente riserbo su quali siano le mete, almeno fino a quando l’accordo non sarà chiuso definitivamente: «Possiamo dire che c’è Corfù e che ci sono le località principali – commenta Consalvo -. In ogni caso saranno note molto presto, perché la Grecia è una destinazione per la quale bisogna aprire le prenotazioni molto presto». Trattandosi di una classica destinazione per le vacanze estive, le persone sono abituate a prenotare con ampio anticipo il viaggio.

Altre trattative. Nel corso della medesima serata triestina la presidente Serracchiani ha anticipato che Regione e dirigenza dello scalo sono al lavoro per un accordo con un aeroporto «di caratura continentale». Il fine è inserire Ronchi nella rete dei viaggi a lunga percorrenza. «In questo modo il nostro scalo tornerà ad essere intercontinentale», ha detto Serracchiani. Sono in corso inoltre, ha aggiunto, trattative per una nuova linea su Roma, «nel caso in cui Alitalia non faccia il collegamento. Anche perché la compagnia di bandiera è molto costosa e dobbiamo rendere competitiva la rotta».

Il futuro dello scalo. La presidente ha poi fatto il punto sul cantiere del polo intermodale: «È il mio cantiere preferito in regione. Il progetto risaliva addirittura al 1988. Abbiamo dovuto rivederlo, perché la stazione ferroviaria di allora non avrebbe avuto una lunghezza sufficiente per i treni odierni».Una volta conclusa, ha aggiunto, l’opera avra un impatto turistico: «Avremo il collegamento ferroviario diretto dell’aeroporto con Venezia, neanche il Marco Polo ce l’ha». Lo scopo dei lavori, quindi, «non è solo abbellimento»: «Per quanto anche l’estetica abbia la sua importanza. Mi pare che adesso l’aeroporto inizi ad avere una sembianza appropriata. Arrivare in uno scalo che, con tutto il rispetto, non sembra Sofia 1989 è già un passo in avanti».

Il fine è ridare una posizione primaria allo scalo nel sistema infrastrutturale regionale: «In questi giorni si parla tanto di crociere a Trieste, è un tema su cui presto arriveranno delle sorprese – ha detto Serracchiani. Però se parlo di crociere devo sapere che, prima ancora delle ferrovie, devo avere a disposizione un aeroporto da cui far arrivare o partire i passeggeri. È fondamentale. Se quindi il nostro scalo inizia ad avere le rotte charter che servono proprio alle grandi navi, cambia anche il turismo a Trieste. È importante che l’aeroporto funzioni perché torniamo a essere centrali».

Collegamenti ferroviari. La presidente ha confermato il ritardo sui lavori di velocizzazione della Venezia-Trieste: «Abbiamo ottenuto che la velocizzazione rientri nel contratto di Rfi, ed è già finanziata con novanta milioni. Finora abbiamo velocizzato la tratta Trieste-Udine, con i primi 30 milioni abbiamo aggiustato le curvature che impedivano ai treni di andare veloci». Ma per il rifacimento completo della linea bisognerà aspettare: «Speravamo di farcela entro il 2018 ma ancora non ci siamo – ha detto Serracchiani -. In un momento in cui gli otto miliardi necessari a una linea ad alta velocità non ci sono, l’obiettivo è ridurre i tempi intervenendo sulla linea esistente». Una possibilità che costerà un miliardo e ottocento milioni, inclusa la tratta veneta: «Consentirà di percorrere la Trieste-Venezia in un’ora e cinque minuti e la Trieste-Milano in tre ore e qualcosa. Entro quando? Ci vorrà ancora un po’».

Il Piccolo – 17.07.2017

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