di Francesco Furlan
Nasce come Porto d’arrivo delle materie prime, ma anche come nuovo centro industriale. La “grande industria nazionale”. Una convenzione firmata nel 1917 tra lo Stato, il Comune e la Società Porto Industriale presieduta dal conte Giuseppe Volpi, come la Coppa che, ogni settembre, viene assegnata alla mostra del Cinema del Lido per la miglior interpretazione. Il film del porto di Venezia è un piano sequenza lungo un secolo di crescita economica, crisi, battaglie sindacali, timori per l’ambiente, processi – quello al “Petrolkimico” –, chiusure, rilanci, bonifiche incompiute e interrogativi aperti.
Ma a cent’anni dalla fondazione resta il primo polo occupazione della provincia: 14 mila addetti e oltre 1000 imprese (3 su 4 impegnate in logistica e portualità) nei 2000 ettari di ambito portuale che comprendono tre scali: passeggeri alla Marittima (navi da crociera), merci a Marghera e Traghetti a Fusina. Il nuovo presidente dell’autorità portuale, Pino Musolino, che da poco ha raccolto la sfida è impegnato a valorizzare la dotazione infrastrutturale, vale 6,4 miliardi di euro, e ad aiutare le società a penetrare i nuovi mercati, soprattutto nel Far East. Le nuove sfide: merci, traghetti, logistica. E chimica verde. Per capire il sistema di relazioni, il viavai di merci, terminalisti, agenti marittimi, spedizionieri, non si può non partire dall’analisi dei dati del traffico merci.
L’ambasciatrice e gli ananas
Gli ultimi arrivati sono gli ananas dell’Indonesia, sbarcati dopo 28 giorni di viaggio in mare, alla presenza dell’ambasciatrice indonesiana Esti Andayani al Venice Green Terminal, importati dall’azienda veronese Sama. Il Porto di Venezia si prepara a diventare la porta per l’Europa centrale e meridionale della frutta fresca del Sudest Asiatico. Ma gli ananas sono solo uno dei tanti prodotti. Nel 2016 i traffici totali del porto di Venezia hanno registrato una crescita dello 0,4%, attestandosi a circa 25,2 milioni di tonnellate di merci movimentate. I settori commerciale e petrolifero hanno fatto registrare leggeri incrementi, rispettivamente +1,3% e +1,5%, al contrario quello industriale è risultato in calo del 4,1%. La torta dei traffici è così composta: 53,6% commerciale, 15,8% industriale, 30,6% petrolifero. Il settore delle rinfuse liquide, ha complessivamente registrato una crescita pari allo 0,6% (più prodotti raffinati e meno prodotti chimici). Il settore delle rinfuse solide, che comprende i traffici dei prodotti del settore agroalimentare, energetico, minerario, siderurgico e dell’edilizia ha invece visto diminuire i propri volumi di traffico, con un calo di circa 215.000 (-2,9%).
I cereali fanno crescere
Il boom ha riguardato il comparto dei mangimi/semi oleosi: +31,4%, con circa 1.650.000 tonnellate movimentate. Un settore da 9 miliardi di fatturato in Italia. Solo a Venezia l’agribusiness vale 2,5 milioni di tonnellate di merci. Il primato, per merce movimentata, va a Ravenna, ma Venezia vuole raggiungerla. A fronte di un fabbisogno nazionale di cereali di 37 milioni di tonnellate, 19 vengono dalla produzione nazionale, e 18 dall’import, attraverso i porti italiani. A Venezia ci sono player importanti come la Cereal Docks, che si occupa della lavorazione della soia, o della Grandi Molini italiani, da quasi un secolo a Marghera, specializzata invece nella farina di grano tenero.
Terminal Ro-Ro e Ro-Pax
Terminal aperto nel 2014, e avviato non senza difficoltà anche per la crisi che, nello stesso periodo, ha caratterizzato molti Paesi partner dell’area mediterranea. Il traffico Ro-Ro (i traghetti che trasportano i camion o i loro rimorchi) e il traffico Ro-Pax (i traghetti che possono portare anche auto e passeggeri al seguito) comincia a decollare. E se il settore delle merci varie in colli è in crescita rispetto al 2015 (+3,1% pari a circa 275.000 tonnellate) lo si deve proprio all’aumento del traffico dei Ro-Ro e dei contenitori che hanno fatto registrare un incremento rispettivamente del 30,3% e del 7,7% rispetto al 2015. La novità è la firma dell’accordo tra la società che gestisce il terminal, la Venice Ro-Port e la Ford per il trasporto di 14 mila mezzi l’anno. A breve inoltre è attesa la firma di un ulteriore contratto con una società di car-carrier per il trasporto di ulteriori 40 mila mezzi. Entro fine anno la società investirà 4 milioni in nuovi piazzali.
La cura del ferro
La chiamano cura del ferro: non riguarda l’anemia ma le infrastrutture. Obiettivo: togliere i tir dalle strade. Oggi le merci possono viaggiare sui binari da Venezia verso la Germania (Francoforte e Duisburg), Austria (Graz e Zirl via Tarvisio, Innsbruck, Zirl, Landeck, Kizbhuel via Brennero) e Olanda (Rotterdam, in via sperimentale) oltre a molte altre città italiane. E se dal 2009 al 2016 il traffico ferroviario è quasi raddoppiati, il 2016 è stato un anno da record con circa 2,24 milioni di tonnellate e circa 90.000 carri movimentati – pari a 7.140 treni – al pari di Trieste e la Spezia considerati porti “top” per l’uso dei treni. Sei le imprese ferroviarie che operano a Marghera: Trenitalia, Rail Traction Company, Inrail, Captrain, SBB, CFI, raccordate a 14 terminal operativi. I primi mesi del 2017 confermano questa tendenza: nel primo trimestre hanno preso il treno quasi 600.000 tonnellate di merci, circa il 2,5% in più rispetto al trimestre record dell’anno scorso. A viaggiare sui treni è soprattutto materiale siderurgico. Commerci, logistica, ma anche riconversione della chimica.
Cracking e patatine fitte
Perno della riconversione della chimica verde è la bio-raffineria Eni (riconvertita dal 2014): biocarburanti prodotti dalla sintesi di materie prime biologiche, ad esempio l’olio di palma. Con l’aggiunta di oli grassi esausti come quelli usati per friggere le patatine, oggi impiegati per l’8%, quantità destinata ad aumentare tra qualche mese, non appena sarà in funzione l’impianto di pre-trattamento e raffinazione degli oli vegetali. Oggi in Italia, tramite gli associati del consorzio Conoe, si raccolgono 65 mila tonnellate di oli di frittura esausti, insufficienti però ad alimentare l’intera produzione di biodiesel a Venezia. Per questo Eni e Conoe sono al lavoro per potenziare la raccolta, soprattutto da fonti domestiche, anche con accordi con le amministrazioni pubbliche locali.
C’è poi il caso Versalis, la cui conversione verde è rinviata a un futuro senza data certa. Parola chiave, cracking: quel processo chimico attraverso il quale dal petrolio greggio (virgin-nafta) si ricavano etilene e propilene, elementi alla base della produzione della plastica. L’impianto è stato chiuso e nel marzo del 2014 e riaperto a sorpresa nel gennaio del 2016, dopo un incendio nell’impianto della Shell in Olanda che ha rimesso sul mercato anche l’Eni anche perché il basso prezzo del petrolio ha reso il cracking di nuovo vantaggioso. Una chimica verde che, per Versalis, dovrebbe passare non attraverso la riconversione, ma la costruzione di un impianto ex novo.
Freezer giganti per il Gnl
È l’ultima frontiera dell’area portuale. L’acronimo sta per Gas naturale liquefatto, conservato in forma liquefatta criogenica, ad una temperatura di -160°. Entro il 2020 le navi dovranno utilizzare carburanti a basso tenore di zolfo (appunto il Gnl o il gasolio che però è molto costoso), e i fornitori si stanno attrezzando. A Venezia sono la Decal e la San Marco Petroli hanno terminato, in joint-venture, la fase dello studio di fattibilità per la costruzione a Porto Marghera di un terminal di ricezione e rispedizione di Gnl da 32.000 metri cubi di capacità. Il nuovo terminal, per la cui realizzazione saranno necessari tra i 100 e i 120 milioni di euro, è ipotizzato nel canale Sud, ex accosto Italcementi e potrà accogliere navi gasiere con capacità tra 7.500 e 30.000 metri cubi. Il terminal, il cui progetto è cofinanziato dall’Unione Europea, dovrebbe essere pronto per il 2020, primo deposito d’Italia.
La Nuova di Venezia/Nord Est Economia – 22.06.2017
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