Lo scorso mese il traffico delle merci nel porto di Venezia è diminuito del -2,7%

26 Giugno 2017

I crocieristi sono calati del -20,5%

Lo scorso mese il porto di Venezia ha movimentato oltre 2,1 milioni di tonnellate di merci, con un calo del -2,7% rispetto a maggio 2016. La flessione è stata determinata dalla riduzione del -30,6% del volume delle rinfuse secche attestatesi a 474mila tonnellate. In crescita sia le rinfuse liquide, che hanno totalizzato 793mila tonnellate (+14,3%), sia le merci varie, che sono ammontate a 870mila tonnellate (+5,9%), di cui 540mila tonnellate di merci containerizzate (+8,7%), 141mila tonnellate di rotabili (+52,9%) e 189mila tonnellate di altre merci varie (-18,8%). Il traffico crocieristico è sceso del -20,5% a 163mila passeggeri.

Nei primi cinque mesi del 2017 il porto veneziano ha movimentato complessivamente 10,3 milioni di tonnellate, con una contrazion4e del -5,5% rispetto a 10,9 milioni di tonnellate nel periodo gennaio-maggio dello scorso anno. Le merci allo sbarco sono state pari a 8,1 milioni di tonnellate (-5,7%) e le merci all’imbarco a 2,2 milioni di tonnellate (-5,2%). Nel settore delle merci varie il totale è stato di quasi 4,0 milioni di tonnellate (+0,6%), di cui 2,4 milioni di tonnellate di merci in container (-2,4%) realizzate con una movimentazione di contenitori pari a 255mila teu (-0,9%), 601mila tonnellate di rotabili (+37,7%) e 1,0 milioni di tonnellate di altre merci varie (-7,1%). Nel segmento delle rinfuse liquide sono state movimentate 3,6 milioni di tonnellate (-2,6%), di cui 2,9 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi raffinati (-4,2%), 548mila tonnellate di prodotti chimici (+1,0%) e 109mila tonnellate di altri carichi liquidi (+29,1%). Il volume di traffico globale delle rinfuse secche è risultato di 2,7 milioni di tonnellate (-16,4%), con 1,0 milioni di tonnellate di carbone e lignite (-21,6%), 627mila tonnellate di mangimi, foraggi e semi oleosi (-11,3%), 473mila tonnellate di prodotti metallurgici (-34,6%), 312mila tonnellate di cereali (+9,2%), 109mila tonnellate di minerali e materiali da costruzione (+4,7%) e 135mila tonnellate di altre rinfuse secche (+26,3%).

Nei primi cinque mesi di quest’anno i crocieristi sono stati 287mila (-14,5%).

InforMare – 26.06.2017

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«Crociere a Marghera, traffici a rischio»

25 Giugno 2017

L’ingegnere Lucchi avverte: «L’entrata di mille navi in più da Malamocco potrebbe penalizzare il traffico commerciale»

Industriali e operatori portuali mettono le mani avanti sul progetto di spostare l’entrata delle navi da crociera dalla bocca di porto del Lido a quella di Malamocco – con la possibilità di utilizzare la nuova conca di navigazione costruita in modo da aggirare le barriere del Mose in caso di acqua alta– per percorrere il canale dei Petroli fino alla nuova stazione Marittima che dovrebbe essere realizzata lungo le banchine di Porto Marghera.

Ipotesi, quest’ultima, tornata in auge dopo la proroga al 2019 concessa dall’Unesco alla soluzione del problema delle grandi navi da crociera. Il ministro Del Rio, infatti, ha tirato il freno su progetto di scavo del canale Vittorio Emanuele fino all’attuale stazione marittima di Santa Marta che però è ancora sostenuto dal sindaco Luigi Brugnaro e dal presidente dell’Autorità Portuale, Pino Musolino.

L’ingegnere Sergio Lucchi – riconfermato venerdì scorso alla presidenza dell’Ente Zona Industriale di Porto Marghera che raggruppa gran parte delle aziende insediate nel polo industriale e logistico – nel suo intervento d’apertura dell’assemblea annuale dei soci ha detto chiaro e tondo che qualsiasi ipotesi di “dirottare” l’entrata delle oltre mille navi da crociera dalla bocca di porto di Malamocco rischia di compromettere i traffici commerciali e industriali che percorrono il canale dei Petroli per raggiungere i terminal di Porto Marghera. Gli industriali non pongono alcuna pregiudiziali per quanto riguarda la futura collocazione del porto passeggeri per le navi al di sopra delle 40.000 tonnellate di stazza, ma puntano il dito su «alcune criticità per quanto riguarda gli aspetti gestionali del traffico portuale» e ribadiscono che per loro «il mantenimento del ruolo centrale della Marittima rappresenta ancora oggi uno dei maggiori punti di forza di Venezia».

«L’aumento di oltre mille navi passeggeri attraverso l’ingresso in laguna da Malamocco – ha sottolineato Lucchi – potrebbe comportare una penalizzazione del traffico navale commerciale con conseguenti danni economici per le industrie. L’Autorità portuale deve quindi individuare la collocazione del nuovo porto Passeggeri in maniera da interferire il meno possibile con le industrie esistenti e con gli accessi marittimi ai canali industriali». «Il possibile percorso che le navi passeggeri andranno a compiere per raggiungere il nuovo porto» non potrà quindi prescindere dal fatto che «in prossimità dei canali industriali sono insediati stabilimenti a rischio di incidente rilevante e che pertanto eventuali eventi incidentali, durante il transito delle navi, deve essere adeguatamente studiato e valutato». Sulla scorta dei dati sugli accessi delle navi in laguna attraverso la bocca di Malamocco e la costruzione di una nuova stazione Marittima a Marghera, Sergio Lucchi ha precisato che il porto commerciale di Venezia «deve poter operare nell’arco delle 24 ore (anche per merci pericolose) al fine di garantire il transito per tutte le navi; ciò non deve tuttavia comportare un aggravio di costi in quanto questo rischierebbe di penalizzare pesantemente il traffico merci». Lo scalo portuale veneziano, secondo l’Ente Zona, deve «individuare la collocazione del nuovo porto Passeggeri in maniera da interferire il meno possibile con le industrie esistenti e con gli accessi marittimi ai canali industriali. Diversi canali soffrono di limitazioni di pescaggio dovute al mancato completamento dei lavori di escavo (in particolar sul canale Ovest) tali da rischiare di vanificare gli investimenti industriali compiuti in alcuni stabilimenti». ll presidente dell’Ente Zona ha quindi ricordato che «numerose aziende industriali hanno completato importanti investimenti sui propri impianti che necessitano di una adeguata accessibilità nautica; è necessario che l’Autorità di Sistema Portuale, nel proprio Piano Operativo Triennale, pianifichi in maniera adeguata le operazioni di escavo al fine di ripristinare in tutto il porto i valori delle quote di progetto». «La collocazione del nuovo porto passeggeri a Marghera – ha aggiunto Lucchi – non deve penalizzare le aziende industriali limitrofe in quanto la realizzazione di strutture dedicate alle necessità della crocieristica potrebbe rendere “fastidiose” per i passeggeri delle crociere le attività industriali in termini di rumori , traffico di camion, emissioni in atmosfera (autorizzate) e di rischio connesso ad incidenti rilevanti». «Dal nostro punto di vista – ha concluso Sergio Lucchi – si deve tener conto che le industrie sono preesistenti e che pertanto devono essere salvaguardati i loro diritti».

La Nuova di Venezia – 25.06.2017

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In treno dall’Interporto alle città della Cina

23 Giugno 2017

Interporto guarda alla via della Seta e chiude un accordo centrale per il futuro logistico di Padova. Già in autunno sarà operativa una relazione ferroviaria regolare dall’Interporto di Padova alle principali destinazioni in Cina. Ieri la partecipata ha presentato agli operatori i servizi su rotaia che collegano Italia e Europa a Cina, Corea del Sud e Giappone. Un evento organizzato in collaborazione con Interporto Padova e Green Logistics Expo, il primo salone internazionale della logistica sostenibile che si svolgerà a Padova dal 7 al 9 marzo 2018, a cui hanno partecipato una novantina di imprese tra spedizionieri, operatori logistici e aziende. In quest’occasione Felb, il principale operatore su questa rotta che sfrutta la mitica ferrovia transiberiana, ha presentato il proprio network di servizi ferroviari da e per l’Asia, rete che si estende anche in Italia. «Non è un caso che oggi ci sia la possibilità di affrontare un tema così attuale e affascinante come un collegamento ferroviario diretto con il mercato asiatico e cinese» ha spiegato Sergio Gelain presidente di Interporto. «Abbiamo grandi potenzialità e strutture adatte ad ogni tipologia di unità di carico e di merce».

Il Mattino di Padova – 23.06.2017

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Trieste e Alto Adriatico nei radar della Cina e del Nord Europa

22 Giugno 2017

Lo scalo giuliano vuole accelerare a livello internazionale. Le leve: fondali, investimenti e presenza di player globali. Il nuovo piano regolatore prevede una mega banchina container e il molo VIII

di Silvio Maranzana

Colonizzato dai turchi, ambito dai cinesi, promosso dagli italiani: il porto di Trieste cerca ora il lancio definitivo facendo registrare dati statistici in crescita in quasi tutti i settori e dopo aver incassato l’endorsement presso gli investitori stranieri da parte del governo italiano. L’ex premier Matteo Renzi e quello attuale Paolo Gentiloni convintamente supportati dal ministro Graziano Delrio lo hanno elevato a gate nazionale strategico, assieme allo scalo di Genova, per la crescita dell’economia italiana.
L’Ambasciata cinese
Lo stesso presidente cinese Xi Jinping e il premier Li Keqiang hanno confermato a Gentiloni, nel suo recente viaggio in Cina, l’intenzione di investire su Trieste, e soli pochi giorni dopo una delegazione dell’Ambasciata cinese in Italia è giunta in visita allo scalo. Trieste si fa forte oltre che di tutte le favorevoli peculiarità naturali e strutturali presenti, fondali in primis, del fatto di poter contare su un nuovo Piano regolatore completamente approvato e che tra l’altro prevede una nuova megabanchina per i container, il molo VIII, che potrebbe rientrare tra le ambizioni di Pechino intenzionata a fare immani investimenti per la nuova Via della seta. La stessa recente nomina del presidente Zeno D’Agostino al vertice di Assoporti «è un riconoscimento», come lui stesso ha affermato, «per quello che a Trieste è stato realizzato in questi anni facendo diventare il suo scalo un punto di riferimento nazionale».
La riforma sui porti fa dello scalo marittimo triestino, che presto sarà un unico complesso con quello di Monfalcone, il fulcro attorno al quale già ruotano tutti i centri logistici del Friuli Venezia Giulia e non solo, e pone in capo al governo stesso le scelte definitive sui gate da valorizzare ponendo fine, si spera, a scelte clientelari e investimenti a pioggia. Il recente finanziamento di 22 milioni a favore del potenziamento della piastra ferroviaria di Campo Marzio è solo un esempio. Quella che il ministro Delrio ha definito la “cura del ferro”, intendendo con ciò la valorizzazione delle tratte ferroviarie a scapito dei viaggi su gomma, è infatti una ricetta che Trieste sta seguendo alla lettera tanto da fare dei convogli sparati sui binari fin dentro il cuore dell’Europa il suo principale punto di forza che sta a propria volta inducendo Austria, Baviera e perfino Repubblica Ceca e Slovacchia e guardare al porto nordadriatico come a un hub privilegiato per le proprie importazioni ed esportazioni. Già nel 2016 sono stati ben 7.631 i treni partiti e arrivati a Trieste che in questo modo è diventata il primo porto ferroviario d’Italia scalzando La Spezia dal podio più alto storicamente detenuto.
Parco rotabile
L’incremento della richiesta da parte del mercato dei servizi offerti da Adriafer, la società ferroviaria al 100% di proprietà dell’Adsp, le ha consentito di assumere nuovo personale operativo, passando dalle 24 unità del febbraio 2015 alle 75 unità del dicembre 2016. La società può contare su un parco rotabile composto complessivamente da 12 locomotori, di cui 7 in proprietà e 5 noleggiati e opera su una infrastruttura ferroviaria in concessione che si compone di 9,5 chilometri di binari, 44 scambi manuali, uffici e spogliatoi.
Fino al 2015, ben tre società si occupavano della manovra nel Porto di Trieste: ciò comportava maggiori attese per gli operatori, una riduzione del potenziale tecnico e, ovviamente, costi più elevati. La rivoluzione attuata ha poi invece permesso a Trieste anche di anticipare le direttive europee relativamente al Corridoio Adriatico-Baltico inaugurando un servizio che la unisce alla città tedesca di Kiel sul Mare del Nord, porto dove i semirimorchi possono essere imbarcati su traghetto per raggiungere la Svezia (Göteborg) o la Norvegia, con la prospettiva di poter realizzare, nel futuro prossimo, un ulteriore collegamento marittimo che consenta di raggiungere via mare da Kiel la città russa di San Pietroburgo.
Lavoro temporaneo
A partire dallo scorso ottobre la fornitura di lavoro portuale temporaneo viene esercitata dall’Agenzia per il lavoro portuale del Porto di Trieste srl la cui costituzione è stata promossa dalla stessa Autorità di sistema portuale che momentaneamente ne detiene la maggioranza, ed è partecipata da 16 imprese. Interviene nei casi di picchi di lavoro e ne fanno parte ben 134 lavoratori. Si tratta di una edizione riaggiornata delle vecchie Compagnie portuali che costituisce un esempio da seguire per molti scali italiani. Come ha recentemente riferito il segretario generale Mario Sommariva, sono diecimila le persone che entrano ogni giorno in porto per lavorare. I dipendenti diretti, considerando invece solo coloro che sono direttamente impegnati nelle manovre portuali, sono 1.123 e in due anni sono cresciuti di ben 255 unità.
La Mezzaluna si espande
Frattanto è la Mezzaluna che si sta espandendo a macchia d’olio sulle banchine triestine e negli ultimi anni ha acquisito la maggioranza dei tre terminal che costituiscono il capolinea dell’autostrada del mare che collega Trieste alla Turchia e che è la più affollata del Mediterraneo per quanto riguarda i traghetti ro-ro. Le due famiglie triestine di storico lignaggio commerciale che li controllavano, i Samer che ebbero l’intuizione di aprire la rotta mentre infuriavano le guerre nell’ex Jugoslavia e la via terrestre dei Balcani era impraticabile, e i Parisi a capo di una delle più antiche case di spedizioni d’Europa, hanno mantenuto quote di minoranza. Oggi sono un ventina i traghetti che settimanalmente seguono la rotta e un terzo dei commerci tra la Turchia e l’Europa passano attraverso Trieste dove infuria addirittura un derby tutto turco tra la Un-ro ro (sponda Samer) e la Ekol logistik (sponda Parisi), i due principali player turchi di questo settore che si contendono le rotte.
La Ekol Logistics srl, filiale italiana dell’omonima holding turca, gestisce circa sessanta collegamenti ferroviari settimanali che, dal terminal del Molo VI partono per e arrivano dall’Europa centro-orientale. Tutti questi treni sono integrati con le navi Ro-Ro da e per la Turchia. Le navi che fanno capo al gruppo collegano i porti turchi di Haydarpasa (Istanbul) ed Izmir (Smirne) con Trieste. La Un Ro-Ro ha collegamenti plurisettimanali da e verso i porti di Pendik, Mersin ed Ambarlı, assistiti, anche in questo caso, da connessioni ferroviarie a Trieste con destinazione/provenienza Salisburgo e Wels in Austria, Bettembourg in Lussemburgo, Duisburg e Ludwigshafen in Germania.
La valenza strategica di Trieste è testimoniata anche dal fatto che recentemente il colosso Msc del sorrentino Gianluigi Aponte, secondo solo a Maersk in campo mondiale nella classifica delle compagnie di container, ha acquisito il 50% di Trieste marine terminal, la società di Pierluigi Maneschi che opera sul Molo Settimo al quale è rimasta una quota uguale. Immediatamente prima la banchina triestina era stata nelle mire della stessa Maersk, o meglio della sua società terminalista, Apm terminals, e di Contship. Un progetto già partito del valore di 188 milioni di euro prevede il prolungamento-allargamento della banchina e il rafforzamento del’equipment in modo da poter operare contemporaneamente su due megaportacontainer.
Piattaforma logistica
Non bastasse, è in fase di costruzione, grazie a un ingente finanziamento Cipe, una Piattaforma logistica che occuperà lo spazio tra la banchina della Ferriera e l’ex Scalo Legnami e che permetterà la realizzazione di un terminal multipurpose che sarà gestito da Parisi Group. Non va infine dimenticata la proficua attività del terminal marino del’Oleodotto transalpino dove ogni anno vengono scaricate 35 milioni di tonnellate di greggio che ricoprono il 40 % del fabbisogno petrolifero della Germania (il 100% della Baviera e del Baden-Württemberg), il 90% dell’Austria e oltre il 50% della Repubblica Ceca. Ciò fa di Trieste il secondo porto petrolifero del Mediterraneo dietro solo a Marsiglia. Last but no least, il settore delle crociere in cui Trieste sta sgomitando per trovare un posto al sole: 70 toccate di navi e 120 mila crocieristi sono le previsioni per quest’anno.

Il Piccolo – 22.06.2017

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Porto di Venezia: nel motore il gas e la chimica verde

Fra Marghera e Fusina un nodo intermodale al servizio di industria e commercio. La logistica fra i nuovi obiettivi, nell’agribusiness la sfida al primato di Ravenna

di Francesco Furlan

Nasce come Porto d’arrivo delle materie prime, ma anche come nuovo centro industriale. La “grande industria nazionale”. Una convenzione firmata nel 1917 tra lo Stato, il Comune e la Società Porto Industriale presieduta dal conte Giuseppe Volpi, come la Coppa che, ogni settembre, viene assegnata alla mostra del Cinema del Lido per la miglior interpretazione. Il film del porto di Venezia è un piano sequenza lungo un secolo di crescita economica, crisi, battaglie sindacali, timori per l’ambiente, processi – quello al “Petrolkimico” –, chiusure, rilanci, bonifiche incompiute e interrogativi aperti.
Ma a cent’anni dalla fondazione resta il primo polo occupazione della provincia: 14 mila addetti e oltre 1000 imprese (3 su 4 impegnate in logistica e portualità) nei 2000 ettari di ambito portuale che comprendono tre scali: passeggeri alla Marittima (navi da crociera), merci a Marghera e Traghetti a Fusina. Il nuovo presidente dell’autorità portuale, Pino Musolino, che da poco ha raccolto la sfida è impegnato a valorizzare la dotazione infrastrutturale, vale 6,4 miliardi di euro, e ad aiutare le società a penetrare i nuovi mercati, soprattutto nel Far East. Le nuove sfide: merci, traghetti, logistica. E chimica verde. Per capire il sistema di relazioni, il viavai di merci, terminalisti, agenti marittimi, spedizionieri, non si può non partire dall’analisi dei dati del traffico merci.
L’ambasciatrice e gli ananas
Gli ultimi arrivati sono gli ananas dell’Indonesia, sbarcati dopo 28 giorni di viaggio in mare, alla presenza dell’ambasciatrice indonesiana Esti Andayani al Venice Green Terminal, importati dall’azienda veronese Sama. Il Porto di Venezia si prepara a diventare la porta per l’Europa centrale e meridionale della frutta fresca del Sudest Asiatico. Ma gli ananas sono solo uno dei tanti prodotti. Nel 2016 i traffici totali del porto di Venezia hanno registrato una crescita dello 0,4%, attestandosi a circa 25,2 milioni di tonnellate di merci movimentate. I settori commerciale e petrolifero hanno fatto registrare leggeri incrementi, rispettivamente +1,3% e +1,5%, al contrario quello industriale è risultato in calo del 4,1%. La torta dei traffici è così composta: 53,6% commerciale, 15,8% industriale, 30,6% petrolifero. Il settore delle rinfuse liquide, ha complessivamente registrato una crescita pari allo 0,6% (più prodotti raffinati e meno prodotti chimici). Il settore delle rinfuse solide, che comprende i traffici dei prodotti del settore agroalimentare, energetico, minerario, siderurgico e dell’edilizia ha invece visto diminuire i propri volumi di traffico, con un calo di circa 215.000 (-2,9%).
I cereali fanno crescere
Il boom ha riguardato il comparto dei mangimi/semi oleosi: +31,4%, con circa 1.650.000 tonnellate movimentate. Un settore da 9 miliardi di fatturato in Italia. Solo a Venezia l’agribusiness vale 2,5 milioni di tonnellate di merci. Il primato, per merce movimentata, va a Ravenna, ma Venezia vuole raggiungerla. A fronte di un fabbisogno nazionale di cereali di 37 milioni di tonnellate, 19 vengono dalla produzione nazionale, e 18 dall’import, attraverso i porti italiani. A Venezia ci sono player importanti come la Cereal Docks, che si occupa della lavorazione della soia, o della Grandi Molini italiani, da quasi un secolo a Marghera, specializzata invece nella farina di grano tenero.
Terminal Ro-Ro e Ro-Pax
Terminal aperto nel 2014, e avviato non senza difficoltà anche per la crisi che, nello stesso periodo, ha caratterizzato molti Paesi partner dell’area mediterranea. Il traffico Ro-Ro (i traghetti che trasportano i camion o i loro rimorchi) e il traffico Ro-Pax (i traghetti che possono portare anche auto e passeggeri al seguito) comincia a decollare. E se il settore delle merci varie in colli è in crescita rispetto al 2015 (+3,1% pari a circa 275.000 tonnellate) lo si deve proprio all’aumento del traffico dei Ro-Ro e dei contenitori che hanno fatto registrare un incremento rispettivamente del 30,3% e del 7,7% rispetto al 2015. La novità è la firma dell’accordo tra la società che gestisce il terminal, la Venice Ro-Port e la Ford per il trasporto di 14 mila mezzi l’anno. A breve inoltre è attesa la firma di un ulteriore contratto con una società di car-carrier per il trasporto di ulteriori 40 mila mezzi. Entro fine anno la società investirà 4 milioni in nuovi piazzali.
La cura del ferro
La chiamano cura del ferro: non riguarda l’anemia ma le infrastrutture. Obiettivo: togliere i tir dalle strade. Oggi le merci possono viaggiare sui binari da Venezia verso la Germania (Francoforte e Duisburg), Austria (Graz e Zirl via Tarvisio, Innsbruck, Zirl, Landeck, Kizbhuel via Brennero) e Olanda (Rotterdam, in via sperimentale) oltre a molte altre città italiane. E se dal 2009 al 2016 il traffico ferroviario è quasi raddoppiati, il 2016 è stato un anno da record con circa 2,24 milioni di tonnellate e circa 90.000 carri movimentati – pari a 7.140 treni – al pari di Trieste e la Spezia considerati porti “top” per l’uso dei treni. Sei le imprese ferroviarie che operano a Marghera: Trenitalia, Rail Traction Company, Inrail, Captrain, SBB, CFI, raccordate a 14 terminal operativi. I primi mesi del 2017 confermano questa tendenza: nel primo trimestre hanno preso il treno quasi 600.000 tonnellate di merci, circa il 2,5% in più rispetto al trimestre record dell’anno scorso. A viaggiare sui treni è soprattutto materiale siderurgico. Commerci, logistica, ma anche riconversione della chimica.
Cracking e patatine fitte
Perno della riconversione della chimica verde è la bio-raffineria Eni (riconvertita dal 2014): biocarburanti prodotti dalla sintesi di materie prime biologiche, ad esempio l’olio di palma. Con l’aggiunta di oli grassi esausti come quelli usati per friggere le patatine, oggi impiegati per l’8%, quantità destinata ad aumentare tra qualche mese, non appena sarà in funzione l’impianto di pre-trattamento e raffinazione degli oli vegetali. Oggi in Italia, tramite gli associati del consorzio Conoe, si raccolgono 65 mila tonnellate di oli di frittura esausti, insufficienti però ad alimentare l’intera produzione di biodiesel a Venezia. Per questo Eni e Conoe sono al lavoro per potenziare la raccolta, soprattutto da fonti domestiche, anche con accordi con le amministrazioni pubbliche locali.
C’è poi il caso Versalis, la cui conversione verde è rinviata a un futuro senza data certa. Parola chiave, cracking: quel processo chimico attraverso il quale dal petrolio greggio (virgin-nafta) si ricavano etilene e propilene, elementi alla base della produzione della plastica. L’impianto è stato chiuso e nel marzo del 2014 e riaperto a sorpresa nel gennaio del 2016, dopo un incendio nell’impianto della Shell in Olanda che ha rimesso sul mercato anche l’Eni anche perché il basso prezzo del petrolio ha reso il cracking di nuovo vantaggioso. Una chimica verde che, per Versalis, dovrebbe passare non attraverso la riconversione, ma la costruzione di un impianto ex novo.
Freezer giganti per il Gnl
È l’ultima frontiera dell’area portuale. L’acronimo sta per Gas naturale liquefatto, conservato in forma liquefatta criogenica, ad una temperatura di -160°. Entro il 2020 le navi dovranno utilizzare carburanti a basso tenore di zolfo (appunto il Gnl o il gasolio che però è molto costoso), e i fornitori si stanno attrezzando. A Venezia sono la Decal e la San Marco Petroli hanno terminato, in joint-venture, la fase dello studio di fattibilità per la costruzione a Porto Marghera di un terminal di ricezione e rispedizione di Gnl da 32.000 metri cubi di capacità. Il nuovo terminal, per la cui realizzazione saranno necessari tra i 100 e i 120 milioni di euro, è ipotizzato nel canale Sud, ex accosto Italcementi e potrà accogliere navi gasiere con capacità tra 7.500 e 30.000 metri cubi. Il terminal, il cui progetto è cofinanziato dall’Unione Europea, dovrebbe essere pronto per il 2020, primo deposito d’Italia.

La Nuova di Venezia/Nord Est Economia – 22.06.2017

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Serracchiani: “Scalo Trieste centrale per lo sviluppo della Regione”

“Abbiamo l’assoluta necessità di farci conoscere e farci facilmente raggiungere. Quella di oggi è una occasione per presentare lo scalo di Trieste e il grande lavoro svolto che è sotto gli occhi di tutti”. Con queste parole la presidente della Regione, Debora Serracchiani, ha aperto il suo intervento in occasione del primo Trieste Airport Workshop, evento rivolto a operatori pubblici e privati per illustrare le potenzialità attuali e future dello scalo regionale.
Serracchiani ha sottolineato la vocazione naturale del Friuli Venezia Giulia a “essere una grande piattaforma logistica centrale per l’Europa, ma rimasta finora periferica per il paese”, ponendo l’accento sugli importanti investimenti attuati sul sistema dei trasporti, a partire dallo sblocco del cantiere per la realizzazione del polo intermodale.
Ronchi sarà il primo scalo del Nordest collegato con la linea ferroviaria che, ha proseguito Serracchiani “grazie agli investimenti ottenuti dal Governo sarà già adatta ad accogliere l’alta velocità, con il piano di velocizzazione della linea Trieste-Venezia cui si collegano gli importanti investimenti per il nodo di Udine e la stazione di campo Marzio. Spero – ha infine auspicato la presidente – che potremo avere presto un collegamento ferroviario diretto con la Slovenia con la quale c’è un tavolo di confronto aperto”.
Serracchiani ha anche citato i lavori per la terza corsia, definiti “uno dei più importanti cantieri italiani per investimento e capacità ingegneristica e che coinvolge l’autostrada che sta avendo il maggior aumento di traffico nel Paese. L’apertura del cantiere è un fatto necessario per completare il nostro sistema infrastrutturale”.
All’incontro organizzato da Trieste Airport hanno partecipato 200 operatori in rappresentanza delle principali compagnie aeree che operano su Ronchi dei Legionari, tra cui Ryanair, Lufthansa, Alitalia e Volotea e dei principali agenti di viaggio e tour operator di Friuli Venezia Giulia, Slovenia, Carinzia e dell’area istriana.
Il direttore generale di Trieste Airport, Marco Consalvo, ha illustrato gli obiettivi, la strategia e il percorso di sviluppo dell’aeroporto sottolineando che “Trieste Airport è al centro di un’area di gravitazione internazionale che comprende, oltre al Friuli Venezia Giulia, la Slovenia, parte del Veneto, della Carinzia e della Croazia. Lo scalo ha un potenziale di 2,5 milioni di passeggeri all’anno, un potenziale di cui vogliamo approfittare puntando sul mercato interno, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Olanda e Scandinavia. Oltre a Russia, Polonia e Romania”.
Nel 2016 l’aeroporto ha operato circa 15.900 voli, movimentando 727 mila passeggeri e 448 tonnellate di merci. L’obiettivo è di raggiungere 1 milione di passeggeri nel 2018. Nei primi 5 mesi del 2017, i traffici sono aumentati del 6%, con un tasso medio di incremento di 8,7% nel solo mese di giugno. L’obiettivo di traffico per il 2017 è di 840mila passeggeri, pari a un aumento complessivo del 15%. Sotto il profilo finanziario, il bilancio 2016 ha chiuso con un utile netto di 300 mila euro. Per l’estate sono attivi 100 voli alla settimana su 11 linee per 17 destinazioni, con voli interni su Milano, Olbia, Roma Fiumicino e Ciampino, Trapani, Bari, Napoli, Catania, voli di linea su Londra, Brussels, Monaco, Reykjavik, Valencia e charter su Tel Aviv, Barcellona, Madrid e Minsk. Nel piano industriale 2016-20 la società ha l’obiettivo di fare dello scalo di Ronchi dei Legionari la struttura di riferimento del Nord Adriatico. Perno del piano di investimenti è la realizzazione del polo intermodale, che sarà operativo nel marzo 2018, e che, ad oggi, vede già completato il parcheggio multipiano mentre è in fase di realizzazione il ponte di collegamento con la ferrovia.

Trasporti-Italia – 22.06.2017

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Da Verona Quadrante Europa primo servizio per la Romania

21 Giugno 2017

Treno intermodale verso il terminal di Curtici Port Rail Arad

L’Interporto Quadrante Europa in collaborazione con il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane amplia ulteriormente il proprio bacino di mercato estendendo i propri servizi verso l’Est Europa: lunedì 26 Giugno partirà il primo treno intermodale con destinazione il terminal rumeno di Curtici Port Rail Arad.

«Questo nuovo servizio conferma la leadership europea dell’interporto di Verona», ha affermato il presidente del Consorzio Zai, Matteo Gasparato «e rappresenta un punto di partenza per l’espansione del network di collegamenti verso l’Est Europa, espandendo il nostro bacino di mercato».

Il servizio rappresenta il primo collegamento operativo lungo il corridoio Mediterraneo in dire( zione Est da Verona e la scelta di Curtici Arad Port Rail è particolarmente strategica in quanto rappresenta un importante nodo di interscambio dei traffici tra Est e Ovest Europa oltre ad intercettare traffici terrestri con la Turchia.

Il treno arriverà al terminal intermodale gestito da Terminali Italia nei giorni di lunedì, giovedì e sabato, mentre ripartirà nei giorni di martedì, giovedì e sabato. La resa Terminal / Terminal è A B, con un transit time di 35 ore. L’operatore di trasporto multimodale (Mto) è Rail Cargo Operator, del gruppo austriaco Rail Cargo e l’impresa ferroviaria in territorio italiano è Captrain. Il treno è dedicato al trasporto di tank container e semirimorchi e sarà composto da nove carri tasca doppi e sette pianali per una lunghezza di 486 metri cui si aggiunge il locomotore, con possibilità di carico di 18 trailers e una media di 8/10 tank container.

La frequenza iniziale di tre treni A/R per settimana, sarà implementata in ragione dei crescenti volumi di carico per raggiungere rapidamente le cinque rotazioni settimanali entro quest’anno.

Il Messaggero Marittimo – 21.06.2017

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Fondi per 15 milioni di euro dall’UE al porto di Trieste

Sono nove i progetti europei di cui l’AdSP del Mare Adriatico Orientale è attualmente partner

L’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, che gestisce il porto di Trieste, ha reso noto la consistenza dei fondi provenienti dall’Unione Europea che contribuiranno a sostenere la progettazione europea dell’ente: su un budget di 80 milioni di euro, il cofinanziamento varia da progetto a progetto in percentuale compresa tra il 20 e il 100% ed è pari a circa 15 milioni di euro. L’AdSP ha specificato che i programmi di finanziamento da cui è riuscita ad attingere risorse sono il CEF (Connecting Europe Facilities), l’Horizon 2020, l’Interreg Med, l’Interreg Spazio Alpino, l’Interreg Central Europe e l’Interreg ADRION.

Inoltre sono nove i progetti di cui l’ente portuale di Trieste è attualmente partner: dalle infrastrutture (NAPA4CORE e Adri-Up) alla mobilità sostenibile per i crocieristi (LOCATIONS), dall’ICT (PORTIS) alla progettazione di misure per la sostenibilità ambientale (SUPAIR, TalkNET), dallo studio per ottimizzare il trasporto ferroviario (AlpInnoCT, ISTEN) a quello per rendere più efficiente la collaborazione tra i diversi stakeholder portuali (Clusters 2.0). A questi si aggiungono altri cinque progetti attualmente in fase di valutazione.

Il presidente dell’AdSP, Zeno D’Agostino, ha evidenziato che la priorità è quella di «rafforzare il settore della ricerca attraverso i finanziamenti comunitari, nazionali e regionali». «In un porto competitivo – ha rilevato – serve una strategia che non valorizzi solo lo sviluppo delle infrastrutture, ma anche i settori della conoscenza e dell’innovazione, nonché il dialogo continuo con gli enti di formazione e ricerca del territorio. Oggi si è competitivi solamente se si è in grado di seguire l’evoluzione tecnico organizzativa del mercato. Ecco perché negli ultimi anni abbiamo investito nel campo della ricerca e sviluppo, potenziando il settore interno ad essa dedicato anche attraverso le recenti nuove assunzioni di giovani brillanti ricercatori. I progetti finanziati – ha precisato D’Agostino – sono solo il risultato più evidente di questa strategia, che si completa con un lavoro continuo di innovazione e progettualità logistica condiviso con gli operatori del porto e dell’industria del territorio. Questo oggi fa la differenza per uno scalo come il nostro, ed i risultati in termini di aumento della competitività, di traffici, di occupazione e di valore creato ne sono la concreta testimonianza».

InforMare – 21.06.2017

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«Tav, conviene rendere più efficace la linea»

20 Giugno 2017

Carradore: «L’ammodernamento è più che sufficiente perché i due binari attuali possono sopportare fino a 300 treni al giorno»

Segue la vicenda Tav da anni. Ora Vasco Carradore, ex presidente della Commissione urbanistica comunale di San Bonifacio, sostiene che è giunto il momento «di una revisione radicale del progetto della linea Alta velocità Alta capacità VeronaPadova: non più quadruplicamento della linea ma solo un ammodernamento-efficientamento della linea esistente». «Questo viene confermato», dice, «dalla Relazione generale del Progetto definitivo, nella quale si afferma che sui quattro binari transiteranno a regime 320 treni/giorno; contemporaneamente Rfi (Rete ferroviaria italiana, ndr) scrive che i due binari esistenti possono sopportare fino a 300 treni/giorno. A questo, oltre che precise condizioni di merito, spingono anche le condizioni economiche generali del Paese».

Carradoro ricorda inoltre che il ministro delle infrastrutture Del Rio, alcuni mesi fa ha fatto sostituire il previsto quadruplicamento della tratta Venezia-Ronchi dei Legionari con il solo efficientamento della linea esistente. «La stessa cosa quindi può essere realizzata anche tra Verona e Padova», commenta. «La Commissione Via (Valutazione di impatto ambientale) ha emesso il suo parere il 25 novembre 2016 e ha respinto o dichiarato “non pertinenti” tutte le osservazioni/richieste del Comune di San Bonifacio. Ma in aprile il sindaco Provoli aveva riferito che queste erano state invece integralmente riportate alla Commissione Via nazionale. A questo punto il Consiglio Comunale dovrebbe prendere atto del risultato e verificare il lavoro fatto e costato oltre 15mila euro».

Carradore attacca il sindaco: «Quando afferma di avere raggiunto risultati, dovrebbe fare riferimento a documenti ufficiali che lo attestino. Inoltre Provoli, che dà per concluso l’iter progettuale, dovrebbe spiegare come si concilia questa sua affermazione con il fatto che il Governo l’11 aprile 2017 ha approvato il Def (Documento di economia e finanza, l’ex legge finanziaria) con il l’Allegato infrastrutture, dove è scritto che 23 grandi opere saranno sottoposte a revisione progettuale tra cui le linee AV/AC Brescia-Verona e VeronaPadova».

Per Carradore «questo nasce dalla constatazione che il modello di alta velocità sinora perseguito non possa essere replicato all’infinito e che ogni intervento debba essere sottoposto ad adeguate valutazioni di fattibilità tecnico-economica. Inoltre, nella seduta del 31 marzo 2017, il Consiglio superiore dei Lavori pubblici (massimo organo tecnico consultivo dello Stato) ha emesso il parere tecnico sul progetto definitivo della linea AV/AC Verona Porta Vescovo-Bivio Vicenza rilevando criticità e carenze».

«L’approvazione del progetto definitivo del tratto Montebello-Bivio Vicenza», dice Carradore, «potrebbe costituire un condizionamento nella definizione della tratta successiva fino a Grisignano di Zocco, la quale al momento non è definita a livello di progetto preliminare. E dovrebbe essere contestuale ad uno specifico e vincolante impegno sulla soluzione prescelta per l’intero attraversamento di Vicenza».

A questo Carradore aggiunge le ultime dichiarazioni di Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rfi che afferma: «Alta velocità di rete (Avr) significa migliorare il servizio su tutta la rete con l’obiettivo di avere reti passeggeri che connettano tutte le grandi città a Roma entro le 4 ore e mezzo. Questi obiettivi si raggiungono non con nuove linee, ma con interventi tecnologici ed infrastrutturali sulle linee esistenti, per supportare velocità maggiori».

Per Carradore «è più che comprensibile una revisione radicale del progetto VeronaPadova: non più quadruplicamento ma solo ammodernamento/efficientamento della linea esistente».

L’Arena – 20.06.2017

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Raddoppio della frequenza del servizio ferroviario merci che collega Venezia con Francoforte

Sono realizzate due partenze settimanali in entrambe le direzioni

La tedesca Lokomotion Rail, per conto di DB Cargo, ha immesso una nuova coppia di treni nel collegamento ferroviario merci tra Venezia e Francoforte, che in origine era realizzato sulla direttrice Bologna-Francoforte. La trazione del servizio, che prevede ora due partenze settimanali in entrambe le direzioni, viene effettuata dalla stessa DB Cargo sulla tratta Francoforte-Monaco di Baviera, mentre sulla successiva tratta che via Brennero giunge a Venezia (Terminal Fusina) la trazione è affidata a Lokomotion Rail e a Rail Traction Company (RTC).

InforMare – 20.06.2017

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