La trama e l’ordito per le nuove merci

16 Maggio 2018

I nodi della logistica

Il Piano della Rete ferroviaria italiana, da un miliardo di euro, che ha preso il via nei giorni scorsi e di cui ha dato notizia questo giornale, per lo sviluppo del traffico merci su rotaia in collegamento diretto con alcuni dei principali scali marittimi, segna una svolta importante nel quadro dei servizi intermodali. L’inadeguatezza di un asse nevralgico come la logistica è infatti uno dei punti deboli del nostro sistema-paese, in quanto l’economia italiana è imperniata, per tanti aspetti, su intense correnti di scambi da e per l’estero. È perciò essenziale venire infine a capo di questo nodo d’ordine strutturale che inceppa la trama e l’ordito delle nostre relazioni con i mercati internazionali.

Per il momento gli interventi messi in cantiere a questo riguardo concernono l’attuazione o il miglioramento dei trasporti su ferro collegabili con i porti di Venezia e Chioggia, Trieste, Livorno e Napoli nonché con gli interporti terminali di Trento Roncafort, Verona, Padova e Bologna.

Quanti e quali siano i vantaggi derivabili da un’opera di potenziamento del trasporto merci su carri ferroviari (che include pure Piemonte, Liguria e Lombardia), al fine sia di alleggerire il traffico camionabile dei Tir, che intasa ogni giorno strade e autostrade, sia di rendere più agevole e meno costoso il gran volume di merci movimentate dal Nord-Ovest al Nord-Est e di qui alla Toscana e all’Emilia Romagna, risulta del tutto evidente se si considera anche il fatto che quello fra Milano, Padova e Bologna è divenuto oggi una sorta di nuovo “triangolo industriale” nell’ambito del quale hanno assunto un ruolo trainante una serie di distretti manifatturieri popolati da un gran numero di medie e piccole imprese specializzate e attive nei circuiti esteri. Inoltre si tratta di un’area territoriale che s’incrocia con i due principali Corridoi europei, come quello che va dalla Penisola iberica sino ai confini con l’Est del Continente e quello che scende dal Baltico all’Adriatico. Queste connessioni moltiplicano perciò, nel loro insieme, le potenzialità insite nel programma organico di interventi varato dalla Rfi col sostegno del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

C’è perciò da augurarsi che il progetto in agenda per collegare il porto di Napoli a una specifica linea ferroviaria venga presto integrato da analoghe iniziative estese agli scali marittimi più promettenti nel resto del Mezzogiorno. Sia in quanto una parte consistente del nostro import export avviene su nave e aumenta di volume man mano scende lungo lo Stivale; sia in quanto un piano ben congegnato di investimenti nel campo della logistica può contribuire in termini concreti allo sviluppo del sistema produttivo locale e all’ammodernamento delle attività terziarie. Tanto più in considerazione delle prospettive che si stanno delineando, su numerosi versanti, per un’area geo-economica rimasta finora per lo più marginale, o comunque periferica, in seguito ai percorsi della nuova “via della Seta” concepita da Pechino e alle dinamiche della globalizzazione segnate da un’intensificazione delle relazioni commerciali fra il Sud dell’Europa, il Vicino e il Medio Oriente, e varie contrade africane. Inoltre nel bacino mediterraneo si sono scoperti recentemente nuovi giacimenti di gas prospicienti le coste del Libano, di Israele e della parte greca di Cipro.

È evidente quindi che si potrebbero aprire per il Mezzogiorno continentale e insulare interessanti e significative opportunità di crescita non solo economiche: qualora gli scali portuali del Sud venissero, da un lato, attrezzati convenientemente in base a standard internazionali; e, dall’altro, implementati nel loro entroterra dalla realizzazione sia di alcune linee ferroviarie ad alta velocità sia di efficienti servizi intermodali. D’altronde questi obiettivi figurano nell’agenda del “decreto per il Sud”, varato dal governo Gentiloni: in particolare, nella decisione di dar vita a delle “zone economiche speciali” quali vivai di progetti e iniziative, col supporto di determinati incentivi, per lo sviluppo di diverse filiere d’attività, la diffusione di servizi più aggiornati e il decollo di startup gestite da cooperative e gruppi di giovani. In tal modo una serie di adeguati raccordi tra infrastrutture ferroviarie e portuali potrebbe agire da vettore nel creare migliori condizioni basilari per il rilancio del settore meccanico e cantieristico, nonché per la valorizzazione del comparto alimentare e di quello turistico. Né mancherebbero in proposito anche certe risorse finanziarie reperibili nei Fondi europei destinati alle regioni più deboli.

Il Sole 24 Ore – 16/05/2018

© Riproduzione riservata

Car sharing, il settore è in crescita: lo usa 1 italiano su 5

15 Maggio 2018

Il settore della mobilità corre a grandi passi verso il futuro. La crescente urbanizzazione, che porta in dote l’aumento della mobilità nei centri urbani, e l’avvento di nuove tecnologie stanno spingendo il comparto dell’automotive verso una rapida metamorfosi. I player del settore e le case automobilistiche devono ripensare il loro modello di business per adattare l’offerta alle nuove esigenze di mobilità dei consumatori. Due italiani su tre si spostano con l’auto privata, ma quasi uno su cinque ha usato almeno una volta il car sharing e il settore è in crescita.

Per scoprire quali sono i reali bisogni di mobilità degli italiani, EY ha realizzato una ricerca su un campione di 1.500 consumatori, che è stata presentata questa mattina a Milano alla presenza dell’ad di EYin Italia, Donato Iacovone, e del med automotive & transportation leader Paolo Lobetti Bodoni.

Gli italiani si spostano soprattutto per effettuare commissioni o altre attività extra professionali (60,2% – 89,3% nella fascia di età superiore ai 65 anni) e per andare a lavoro (58,8% – 81,2%nella fascia 25-44 anni). Mentre gli spostamenti legati alla gestione del tempo libero riguardano il 49,5% degli italiani, con percentuali allineate in tutte le fasce d’età. La modalità di spostamento preferita rimane la propria auto, sia per gli spostamenti professionali (73,3%) che non professionali (67,4%).

Per spostarsi in città molti scelgono metro, tram e bus urbani (28,6% per lavoro e 34,6% per non professionali). Mentre per coprire grandi distanze gli italiani sembrano meno propensi ad utilizzare mezzi pubblici come il treno ad alta velocità (4,6% per spostamenti professionali e 1,8% per gli altri) o quelli regionali (4,2% per spostamenti lavorativi e 9,1% per quelli non professionali).

Si registra però un profondo cambio di mentalità, con il passaggio dal possesso all’utilizzo dell’auto: quasi il 2% degli italiani sceglie il caro sharing in maniera continuativa e il trend è destinato a crescere. Nella scelta della modalità di spostamento, gli italiani non guardano tanto all’economicità ma soprattutto alla comodità (54%), alla libertà (23,7%) e alla velocità (23,6%).

Dalla ricerca emerge che gli utenti sono disponibili a cambiare abitudine per una soluzione più funzionale ai propri spostamenti, anche fornita dai mezzi pubblici: il 27,4% è disposto a utilizzarli se sono comodi per il percorso che compie. Sul fronte auto gli italiani prediligono ancora quella di proprietà (66%), ma il 32,6% la sceglierebbe ibrida e il 17,4% elettrica.

Ormai solo il 14,2% sceglie un’auto a benzina e il 23,2% un mezzo diesel. Il report EY, poi, evidenzia come gli italiani stiano cominciando a sfruttare le nuove opportunità di spostamento offerte dai servizi di sharing mobility: il 19,4% usa il car sharing, l’8,1% il bike sharing,il 2,3% il car pooling e lo scooter sharing. Servizi usati per spostamenti legati al tempo libero (71,4%) o per andare al lavoro (24,5%).
Un trend destinato a crescere. Comunque gli italiani sono consapevoli del bisogno di una mobilità più moderna, sia per migliorare la mobilità attuale (61,5%), sia per incrementare il lavoro da casa e riorganizzare la mobilità sulle esigenze di spostamento (17,1%).

Trasporti-Italia.com – 15/05/2018

© Riproduzione riservata

Volotea: via ai nuovi collegamenti dall’Aeroporto di Alghero

Mese di maggio all’insegna delle novità per il network Volotea dall’Aeroporto di Alghero. Complessivamente salgono a 5 i collegamenti operati dalla low cost spagnola: 4 domestici e 1 internazionale.
Il 7 maggio scorso è stato inaugurato il nuovo collegamento per Madrid. Il 13 maggio è decollato il primo volo alla volta di Napoli – 2 frequenze settimanali ogni mercoledì e sabato –.  Dal 26 maggio il vettore ripristinerà le tratte per altre 3 città del Nord Italia: Genova, Venezia e Verona.
Per i prossimi mesi del 2018 saranno più di 57.000 i posti messi in vendita da e per Alghero, pari a un incremento del 62% rispetto allo stesso periodo del 2017.
“Crescono le destinazioni raggiungibili direttamente dall’aeroporto di Alghero a bordo dei nostri aeromobili – ha commentato Valeria Rebasti, commercial country manager Italy & Southeastern Europe -. Non c’è che l’imbarazzo della scelta per chi sta decidendo proprio in questi giorni dove trascorrere le proprie vacanze estive. Si può partire per Madrid, una delle capitali europee più belle e dinamiche, oppure decidere di volare verso Napoli alla scoperta delle bellezze del capoluogo partenopeo e del fascino della costiera amalfitana. Non vanno infine dimenticati i nostri collegamenti sempre comodi e diretti alla volta di Genova, Venezia e Verona, 3 fra le città più affascinanti del Nord Italia”.
“Con cinque rotte operative, continua a rafforzarsi la presenza di Volotea sul nostro aeroporto – ha aggiunto Mario Peralda, direttore generale della Società di Gestione dell’Aeroporto di Alghero -. Quanto ai voli, non stupisce il grande interesse generato dal collegamento con Napoli, in quanto l’attivazione di questa rotta è, nei fatti, una risposta alle istanze raccolte tra i nostri passeggeri negli ultimi anni, sia lato incoming che outgoing. Il ritorno del collegamento con Madrid, invece, ravviverà gli importanti flussi turistici internazionali provenienti dalla capitale spagnola”.

Trasporti-Italia.com – 15/05/2018

© Riproduzione riservata

Treni, Bolzano: al via i lavori sull’areale ferroviario. Il progetto verrà avviato entro il 2020

Partito l’iter per l’accordo di programma sull’areale ferroviario di Bolzano. La Giunta provinciale ha approvato la delibera che autorizza il presidente Arno Kompatscher all’indizione di una conferenza dei servizi con successiva firma dell’accordo di programma fra i soggetti interessati alla riqualificazione dell’areale ferroviario di Bolzano. L’accordo siglato fra le parti prevede che entro 120 giorni i soggetti coinvolti nell’operazione – oltre alla Provincia, il Comune di Bolzano, Rete Ferroviaria Italiana Spa, Trenitalia Spa, Fs Sistemi Urbani Srl e Areale Bolzano ABZ Spa – firmino il programma unitario di valorizzazione territoriale (PUVaT) dell’areale ferroviario.

“In qualità di soggetto promotore dell’operazione, con la delibera di oggi l’amministrazione provinciale avvia ufficialmente l’iter di realizzazione delle opere previste sull’areale ferroviario. Si tratta di uno dei provvedimenti di maggiore portata dell’intera legislatura poiché dà il via a un’operazione epocale, che rappresenta un’enorme opportunità di sviluppo economico, sociale e culturale per Bolzano e l’Alto Adige intero” ha sottolineato il presidente Kompatscher.

Cosa prevede l’accordo di programma? La firma conclude un percorso partito nel 2006 con la firma del protocollo d’intesa fra i soggetti interessati e che, dopo l’approvazione del Masterplan (2011) e la realizzazione degli studi di fattibilità (2013-16), negli ultimi due anni si è concentrata proprio sulla redazione del programma unitario di valorizzazione territoriale (PUVaT). Grazie al via libera della Giunta tale programma può iniziare a essere attuato. Il documento contiene tutti gli impegni e gli obblighi degli enti coinvolti.

La cessione delle aree da parte del Gruppo Ferrovie, le disposizioni relative alla procedura di gara con cui Provincia e Comune alieneranno le proprie quote in Areale Bolzano ABZ e la contestuale scelta del socio privato che realizzerà gli interventi, la costituzione di un organismo ad hoc per la sorveglianza sull’esecuzione del progetto, le tempistiche di indizione della gara e la valutazione economico-finanziaria dell’operazione. Una volta approvato dal Consiglio comunale di Bolzano, tale accordo di programma avrà anche valore di variante urbanistica.

Le tempistiche concordate fra i partner prevedono che, dopo la firma di tutti i soggetti coinvolti, si possa procede alla gara a doppio oggetto per la selezione del soggetto privato che rileverà le quote della società e per il contestuale affidamento dei lavori al medesimo soggetto sia per la componente ferroviaria che per quella immobiliare.
Per garantire la partecipazione delle piccole e medie imprese e dell’imprenditoria locale sono stati previsti specifici criteri nelle linee guida per la valutazione dell’offerta. Una volta individuato il soggetto privato che darà concretezza all’operazione, si potrà procedere con la cessione delle quote da parte di Provincia e Comune attraverso la firma della convenzione di attuazione. Ultimata la progettazione, il programma prevede il via ai lavori entro la primavera del 2020.

Il valore complessivo delle opere pubbliche previste nel progetto ammonta a 382 milioni di euro, di cui 204 milioni per la nuova viabilità su ferro (spostamento dei binari) e la ristrutturazione della stazione esistente, 115 milioni per gli interventi pubblici (opere viabilistiche, verde pubblico, nuova stazione delle autocorriere, centro per i linguaggi contemporanei, piscina e servizi pubblici di quartiere), 64 milioni per espropri, bonifiche e opere accessorie. Delle opere pubbliche la nuova stazione delle autocorriere apparterrà alla Provincia, la piscina sarà al 50% in comproprietà fra Provincia e Comune, il centro dei linguaggi contemporanei al Comune e la stazione ferroviaria al Gruppo Ferrovie.

Ai 381 milioni di investimento per opere pubbliche si aggiungono poi 537 milioni per opere private (edilizia residenziale, terziario e commerciale). Il progetto prevede inoltre 17 milioni aggiuntivi per abitazioni e servizi per anziani realizzati in regime privatistico. “Un altro vantaggio di questo progetto riguarda il fatto che si tratta di un’operazione a costo zero per gli enti pubblici coinvolti, che però otterranno dal soggetto privato la realizzazione dei beni e dei servizi pubblici previsti dal Masterplan” ha aggiunto il presidente Arno Kompatscher.
Questo meccanismo è reso possibile dal fatto che i ricavi derivanti dalla valorizzazione sul mercato delle opere private (537 milioni di investimento) ammontano secondo le stime a 1,29 miliardi di euro.

Trasporti-Italia.com – 15/05/2018

© Riproduzione riservata

Al centro dei traffici. Il vento dello sviluppo ora soffia verso Nordest

I passaggi lungo la rete autostradale si impennano, il porto di Trieste registra un incremento record, il Pil aumenta, la disoccupazione tornata a livelli tedeschi, anche i distretti conoscono una seconda giovinezza

di Sandro Mangiaterra

D’ accordo, i dati parlano da soli: il motore dello sviluppo del Paese si è spostato a Est. C’erano una volta le capitali della vecchia industria pesante: Milano-Torino-Genova. Oggi, in epoca di mercati globali, la manifattura 4.0 trova terreno fertile nel nuovo triangolo industriale Milano-Bologna-Venezia (o meglio ancora Trieste). Il punto è che per capire cosa è davvero questo nuovo triangolo industriale e quanto è importante starci dentro, non basta mettere in fila gli indicatori macroeconomici. Ci vuole qualcosa di più. Per esempio, si deve ascoltare Francesco Zago, figlio di Bruno, il fondatore della Pro-Gest, colosso della carta (22 stabilimenti, 500 milioni di fatturato, 1.300 dipendenti) con sede a Istrana, in provincia di Treviso. Francesco, responsabile della divisione cartiere del gruppo, sta curando il rilancio della ex Burgo di Mantova, chiusa nel 2013, acquisita nel giugno 2015 e ormai vicina al ritorno alla produzione. Un investimento importantissimo, nell’ordine di 250 milioni. Base di partenza, la ristrutturazione dello «stabilimento sospeso» ideato nei primi anni Sessanta dall’architetto Pier Luigi Nervi (per intenderci, lo stesso che ha realizzato l’aula delle udienze pontificie in Vaticano). Poi, entro luglio, nell’enorme open space dell’edificio, inizierà a girare la più veloce e produttiva macchina per carta continua mai installata in Italia: 200 metri di lunghezza e 7,6 di larghezza. A regime è prevista l’assunzione di almeno cento lavoratori e altre 500 persone opereranno nell’indotto. Un’operazione come se ne vedono poche in Italia. Quello che conta maggiormente, tuttavia, è il presupposto strategico, decisivo nel momento di mettere mano al portafogli: la centralità di Mantova, proprio nel cuore del famoso nuovo triangolo industriale, affacciata sulla A22 Verona-Brennero e con collegamenti immediati alla A1 verso Bologna e alla A4 direzione Milano o Venezia. Attenzione: non è una banale questione di comodità di accesso alle autostrade, in ballo ci sono interessi commerciali e vantaggi competitivi che vanno a impattare dritto dritto sui bilanci. «A Mantova» spiega Zago «produrremo 400 mila tonnellate annue di carta che dovrà essere ulteriormente lavorata per diventare prodotto finito, cioè carta ondulata per imballaggi. In concreto, stiamo parlando di 55 Tir al giorno che entreranno con carta da macero e 55 che usciranno con enormi bobine per raggiungere altri stabilimenti, nostri o di terzi, situati in Lombardia, Veneto, nel Centro Italia, ma anche in Baviera e in Slovenia. Il nodo è esattamente questo. Nel nostro settore il trasporto ha grande incidenza: è necessario muoversi in un raggio di 400 chilometri, altrimenti i costi s’impennano. Di conseguenza, la posizione geografica diventa un fattore chiave. Investire a Nordest o altrove non era affatto la stessa cosa. Solamente di trasporto contiamo di risparmiare 15-16 milioni all’anno». Non finisce qui. La cartiere mantovana dispone di un porto interno, sul Mincio. E Zago sta già pensando alla possibilità di utilizzarlo per la movimentazione dei container: «La Pro-Gest ha un piano di crescita in Nord Africa. Il collegamento via acqua con il sistema portuale dell’Adriatico ci farebbe molto comodo».

Vento di Nordest

Chiaro il concetto? In Italia, anzi in tutta Europa, soffia un bel vento di Nordest. Gli effetti si vedono. Per cominciare, c’è il progressivo spostamento dei flussi di traffico. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, nel primo semestre del 2017, lungo la rete autostradale Milano-Padova-Bologna, sono transitati in media 240 mila Tir al giorno, contro i 148 mila che hanno percorso il vecchio triangolo Milano-Torino-Genova. L’anno scorso sulla Brescia-Padova le auto sono aumentate del 3,5%, i veicoli pesanti del 5: la realizzazione della quarta corsia, soldi permettendo, sta diventando un’urgenza. La A22 del Brennero segna un più 2,2% di vetture e un più 6,4 di Tir. La Cav, la società che gestisce il passante di Mestre e il tratto fino a Padova, registra complessivamente un più 3,7% di passaggi. Stesso boom per quanto riguarda i traffici nei porti. Trieste ha toccato i 616.156 Teu (l’unità di misura dei container), con un incremento record del 26,6% sul 2016, Venezia segue a ruota, con 611.383 Teu, più 0,9%.

Il nuovo triangolo

La mobilità delle persone e delle merci non è che uno dei dati in crescita. In realtà, è l’intera economia del Nordest (che riunisce, per la statistica, Veneto, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) a essere attraversata da una ripresa ben più energica di quella che pure sta interessando il Nordovest (Lombardia, Piemonte, Liguria e Val d’Aosta). Sul fronte orientale il Pil cresce di qualche decimale in più rispetto a occidente, dove peraltro si sta allargando la forbice tra Lombardia che vola e Piemonte e Liguria che arrancano. Ancora più netta la distanza per quanto riguarda il lavoro: il tasso di disoccupazione a Nordest è (ri)disceso al 6,3%, un livello da Germania, contro il 7,4 del Nordovest. Nella fascia tra i 15 e i 24 anni siamo rispettivamente al 20,6 e al 26,6%. Certo, la Grande Crisi ha provocato un’autentica selezione darwiniana delle imprese, ma quelle che hanno resistito hanno a poco a poco cambiato pelle, puntando su innovazione e internazionalizzazione. Le cosiddette imprese champion (il 12,1% in Veneto, il 10,3 in Lombardia), capaci di correre impetuosamente nonostante le mille difficoltà congiunturali, hanno indicato la rotta da seguire. In questo scenario si è infine inserita la rivoluzione di Industria 4.0, che sta dando nuova linfa vitale a tutto il manifatturiero, compresi il tessile, il mobile-arredo e gli altri «settori maturi». Risultato: persino i cari, vecchi distretti stanno vivendo una seconda giovinezza. E guarda caso Intesa Sanpaolo, nella top 20 relativa alla crescita e alle performance per il biennio 2016-2017, inserisce dieci distretti del Nordest contro cinque del Nordovest. Primo posto assoluto per l’occhialeria di Belluno, terzo per il prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. Ma in classifica, a proposito di settori maturi che dimostrano di avere sette vite, compaiono anche le materie plastiche di Treviso, Vicenza e Padova, la meccanica vicentina e gli elettrodomestici della Inox Valley, a cavallo tra Veneto e Friuli.

L’attimo fuggente

Insomma, la mitica locomotiva è ripartita. Ora c’è da augurarsi che possa viaggiare a tutto vapore più a lungo possibile. A dispetto di chi, tra incertezze politiche interne e tensioni planetarie, vede neri segnali di rallentamento della ripresa. «Sta di fatto che mai come oggi il Nordest è favorito dalla situazione geopolitica, o se si preferisce geoeconomica» sostiene Barbara Gaudenzi, direttrice del master in logistica integrata dell’università di Verona. «La ragione è semplice. I traffici internazionali e di conseguenza gli investimenti della Commissione di Bruxelles seguono i corridoi che uniscono il Mediterraneo al Mare del Nord e alle repubbliche baltiche, naturalmente passando per la Germania. Il Nordest è lì, al centro del gioco. Non per niente l’interporto Quadrante Europa di Verona, per movimento e soprattutto per servizi offerti, in primis l’intermodalità ferroviaria, è ormai il più importante a livello continentale. Poi c’è da intercettare il crescente flusso di merci in arrivo dalla Cina. I porti dell’Alto Adriatico rappresentano un hub di approdo naturale. La nuova Via della seta è un’opportunità di sviluppo che va colta al volo: se Trieste o Venezia sono troppo care e inefficienti, gli operatori impiegano un secondo a scegliere Rotterdam o Amburgo». Investire sulla logistica, dunque, come passo indispensabile per consolidare la ripresa. Per rendere strutturali quegli elementi favorevoli che stanno avvantaggiando il Nordest. Ma forse la prima cosa da fare sarebbe un’altra, molto più semplice di qualsiasi strategia di politica economica: unire le forze, superare i campanilismi, provare a governare i cambiamenti. Un esempio per tutti. Non si ripete in continuazione che il Nordest è terra di export? Verissimo. Nel 2017 le vendite all’estero sono aumentate del 6,6%. Peccato che proprio su questa voce il Nordovest sia davanti: più 7,6%. E anche la media nazionale è superiore: più 7,4. Colpa dell’eccessiva frammentazione delle iniziative di sostegno all’internazionalizzazione, delle troppe missioni fai-da-te, della mistica, dura a morire, dell’imprenditore perennemente in viaggio con la sua valigetta. «Non c’è dubbio» allarga le braccia Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria Treviso, «il Veneto che rimpiange il boom degli anni Ottanta e Novanta, ancorato ai confini provinciali, diviso sulle fiere, le società del trasporto pubblico, le multiutility, è quanto meno anacronistico. Noi, con la fusione delle associazioni confindustriali di Treviso e Padova, abbiamo lanciato un sasso nello stagno. Speriamo che altri ci seguano. L’obiettivo è la nascita di un’unica, potente confindustria regionale, capace di dialogare alla pari con Assolombarda e Confindustria Emilia». Gira che ti rigira, il nuovo triangolo industriale torna sempre fuori. «Milano, Bologna…» continua Maria Cristina Piovesana «e qui alcuni indicano Padova, altri Venezia o addirittura Pordenone. La verità è che il terzo vertice, quello veneto, va assolutamente rinforzato. Non occorrerebbe nemmeno troppa fantasia. Basterebbe riprendere in mano il sogno della Pa-Tre-Ve, la grande metropoli Padova-Treviso-Venezia». Già, il Nordest ha bisogno di un centro di gravità permanente.

Corriere del Veneto – 15/05/2018

© Riproduzione riservata

 

Delta Airlines: via ai voli stagionali dall’Italia ad Atlanta

14 Maggio 2018

Con la fine del mese di maggio saliranno a sette i collegamenti nonstop Delta Air Lines fra l’Italia e gli Stati Uniti. Il vettore americano riprende infatti a operare i voli diretti stagionali per il suo hub di Atlanta: il 17 maggio prendono il via i voli da Milano e Venezia, mentre il secondo volo giornaliero da Roma ripartirà dal 25 maggio. I collegamenti saranno operati ogni giorno con un aeromobile B767-400.

Trasporti-Italia.com – 14/05/2018

© Riproduzione riservata

Porti: Musolino (Venezia) presidente Institute Logistics

A capo della divisione europea, studi per standard eccellenza

Il presidente dell’Autorità portuale dell’Adriatico settentrionale, Pino Musolino, è stato nominato presidente della divisione europea del Global Institute of Logistics (Gil), organizzazione internazionale impegnata nell’identificazione e nella promozione di nuovi standard di eccellenza in ambito portuale.

Il GIL si compone di un ‘think tank’ di specialisti della comunità portuale e logistica mondiale, che opera da collegamento tra il mondo accademico e il mondo dell’impresa; e l’organizzazione vera e propria, aperta solo a membri selezionati nel mondo dei traffici navali, del commercio internazionale e della portualità e individuati sulla base delle competenze e dei risultati.

“E’ un grande onore essere invitato a presiedere la divisione europea del Gil – dichiara Musolino -. Questo ruolo consentirà all’Ente che rappresento di condividere, apprendere e confrontare le migliori pratiche provenienti dai più importanti porti e dai maggiori attori della logistica del mondo. Sono particolarmente entusiasta di poter portare il mio contributo attivo alle future attività di ricerca dell’Ente, a partire dalla prossima che sarà dedicata allo sviluppo porto-centrico del commercio. Ritengo che una strategia di sviluppo portuale orientata all’ipertrofia infrastrutturale fine a se stessa, oltre a non essere sostenibile dal punto di vista ambientale, non produca nemmeno risultati soddisfacenti in termini economici poiché non innesca un automatico aumento dei traffici”. Secondo Musolino “l’esperienza dello scalo veneziano, anche in virtù della rilevanza manifatturiera nazionale, dimostra che l’essenza multi-purpose del porto, ovvero l’intermediazione di container ma anche di altri settori come le rinfuse, è elemento centrale”.

Ansa/Mare – 14/05/2018

©  Riproduzione riservata

Ora ci servono più porti che valichi

di Paolo Costa

Studiando le decisioni di localizzazione delle fabbriche tedesche nella fase di industrializzazione precedente la prima guerra mondiale Alfred Weber – solo fratello del più celebre Max – aveva constatato che le imprese si localizzano minimizzando il costo del trasporto delle materie prime e delle fonti di energia (allora prevalentemente carbone) dalle miniere alla fabbrica e dei prodotti finiti dalla fabbrica ai mercati di sbocco: al tempo, le città-fabbrica cresciute agglomerando la manodopera ex-agricola e le famiglie. Il sistema delle città-fabbrica avrebbe poi costituito il riferimento per la costruzione delle infrastrutture di trasporto (a quel tempo, ferrovie) che, collegando in modo sempre più efficiente miniere, luoghi di produzione e mercati di sbocco avrebbe generato nuove e più grandi agglomerazioni manifatturiere ed urbane e consentito ulteriori riduzioni dei costi di trasporto. Un circuito virtuoso riscontrabile anche nel resto d’Europa nel corso dell’Ottocento e del Novecento. In Italia in modo travolgente nel secondo dopoguerra mondiale, durante gli anni ’50 e ’60 del «miracolo economico», con l’assunzione del «triangolo industriale» (Milano-Torino-Genova) a riferimento dell’intero sistema infrastrutturale di trasporto italiano. Circuito virtuoso «localizzazione industriale-infrastrutture di trasporto-nuova localizzazione industriale», che ha smesso di funzionare dalla fine degli anni ’70 in avanti, quando i mercati di sbocco trainanti sono divenuti quelli dell’Unione Europea e il baricentro dell’industrializzazione «piccola e bella» italiana si è spostato a Nordest (Triveneto ed Emilia Romagna).

Ci si rendeva conto della necessità di agevolare le esportazioni italiane in Europa con infrastrutture di attraversamento dei valichi, ma alla fine degli anni ’90 si parte solo con la Torino-Lione, con i noti scarsi risultati, alla quale nel 2004 si aggiungono i trafori «lombardi» del Loetschberg e del Gottardo, che per fortuna ci realizzano gli svizzeri. Nulla di nuovo, invece, sul fronte del Nordest: Brennero e Tarvisio proiettati su tempi biblici, mentre Trieste è l’Eboli dove si fermano strade e ferrovie italiane per l’Est Europa. Il Passante di Mestre, l’A28 ed altre «manutenzioni» stradali e autostradali snelliscono un po’, in attesa della Pedemontana Veneta e, chissà, della Valdastico, il traffico intraregionale prodotto dalla frammentazione spaziale della produzione e dalla conseguente necessità di sua «integrazione logistica verticale»; ma poco più.

Le cose non sono di certo migliorate durante gli anni della «grande recessione» 2007-2014. Questa ha agito come un setaccio sul sistema manifatturiero italiano. Un setaccio crudele che ha visto scomparire un numero elevato di imprese e che ha mantenuto in vita solo quelle, medio grandi, finanziariamente più solide e competitive (in termini di innovazione, tecnologia ed esportazioni) sui mercati europei e globali. Un setaccio che, in termini di localizzazione, sposta ulteriormente il baricentro del blocco manifatturiero orientato all’esportazione verso il Nordest (dei primi 10 migliori distretti industriali del Paese per performance di crescita e redditività 8 operano nel Triveneto o in Emilia-Romagna), ma che accresce l’incongruenza spaziale tra industria e trasporti, perché non scatta il circuito virtuoso «localizzazione industriale infrastrutture di trasporto-nuova localizzazione industriale».

A rendere ancor più evidente l’obsolescenza geografica del sistema infrastrutturale di trasporto italiano si aggiungono, in parallelo, due altri processi e una iniziativa di portata globale. I processi son quelli del «grande allargamento» ad est dell’Unione Europea dal 2004 e dell’affermarsi negli stessi anni di una nuova centralità asiatica nell’economia globale trainata da Cina e India. L’iniziativa che condiziona mezzo mondo è invece quella cinese della Via della Seta marittima, che sorprendentemente va proponendo e riproponendo all’attenzione del mondo intero l’enorme potenzialità di Venezia (cioè dell’Alto Adriatico, cioè del Nordest) come snodo privilegiato per i traffici tra Europa ed Estremo Oriente. All’uscita dalla «grande recessione» il baricentro dei mercati di sbocco per l’Italia si è spostato a est, in Europa e, oltre Suez, nel mondo. Un oltre Suez raggiungibile via mare lungo un sentiero di costo minimo di trasporto dal Nordest/Alto Adriatico che può facilmente diventare il corridoio privilegiato dei traffici europei per la Cina. L’Italia ha bisogno di liberarsi del freno della obsolescenza geografica delle sue reti di trasporto, quelle costruite quando il motore nazionale stava a Nordovest e l’America del Nord era il mercato che dominava il mondo. Deve farlo soprattutto a Nordest, dove in prospettiva occorreranno più porti che valichi. L’industria del Nordest verrebbe messa in condizione di migliorare ulteriormente le sue performance sui mercati del mondo. Con benefici che tracimerebbero facilmente nel resto dell’Italia.

Corriere del Veneto/Corriere Imprese Nordest – 14/05/2018

© Riproduzione riservata

A Ronchi 14 voli speciali con i passeggeri della “Mein Schiff 2”

13 Maggio 2018

I duemila passeggeri provengono da Dusselfdorf, Amburgo, Francoforte, Hannover, Berlino e Monaco di Baviera.

di Luca Perrino

Quattordici voli speciali, oggi (domenica 13 maggio) all’aeroporto di Ronchi dei Legionari, in concomitanza dell’attracco a Trieste di una nave da crociera della Tui Lines “Mein Schiff 2”.

Oltre duemila passeggeri imbarcati e sbarcati in tempo da record dal personale dello scalo ronchese che, in mattinata, ha dato assistenza anche ad un volo Pristina-Lubiana atterrato a Ronchi dei Legionari causa nebbia.

I charter di Lufthansa, Condors, Tui Fly e Sund Air provenivano da Dusselfdorf, Amburgo, Francoforte, Hannover, Berlino e Monaco di Baviera. Mobilitati una cinquantina di autocorriere di diverse aziende della regione e non.

Il Piccolo – 13/05/2018

© Riproduzione riservata

Tui Cruises porta a Trieste cento tour operator

12 Maggio 2018

Provengono dai paesi in cui si parla tedesco: Germania, Austria e Svizzera Organizzata nell’occasione una “due giorni” mirata sui percorsi culturali

di Isabella Franco

L’obiettivo su cui tutti concordano è portare sempre più turisti a Trieste. E ognuno degli addetti ai lavori, da PromoTurismoFVG a Promotrieste, dal Comune a Trieste Terminal passeggeri è pronto a fare la propria parte in questa direzione.

Un’importante puntata di questa “concordia istituzionale” andrà in scena oggi quando, da Germania, Austria e Svizzera, saranno circa un centinaio gli operatori turistici in arrivo a Trieste, per un evento che Tui Cruises ha finalizzato alla promozione delle crociere in partenza dal capoluogo regionale.

Un’allettante opportunità se consideriamo che circa il 50% degli 860 mila turisti annuali che giungono a Trieste sono di lingua tedesca. Tui Cruises, nata da una jont venture tra il gruppo Royal Caribbean e Tui, è uno tra i più grandi tour operator internazionali. Ha scelto proprio Trieste come scalo di riferimento per la nave “Mein Schiff 2”, lunga 262 metri, 77.302 tonnellate di stazza lorda, in grado di accogliere di 1.886 passeggeri.

Poiché Tui è famosa per porre sempre molta cura nell’organizzazione delle escursioni, da Promotrieste e PromoTurismoFvg è stato organizzato oggi e domani un programma focalizzato essenzialmente sugli aspetti culturali della città. «Con questo progetto che nasce circa tre anni fa, il nostro scopo – spiega Umberto Malusà, presidente di Promotrieste – è fare in modo che il turista colga l’occasione della crociera per fermarsi in città qualche giorno prima o dopo la partenza. Per questo assieme a PromoTurismoFvg abbiamo organizzato un programma centrato su percorsi letterari, religiosi e architettonici».

Gli operatori arriveranno oggi intorno alle 12 e saranno accompagnati nella Trieste teresiana per un tour a piedi. In piazza Unità ci sarà poi una degustazione di caffè e trasferimento a Miramare. Il giorno dopo potranno visitare la “Mein Schiff 2” che nottetempo sarà approdata al porto di Trieste. Prove generali dell’evento business to business, l’ormai tradizionale Buy Fvg, che PromoTurismoFvg organizza dal 6 al 10 giugno e che vedrà la partecipazione di 130 tour operator e 25 giornalisti internazionali.

Tui Cruises ha scelto Trieste per la vicinanza alle destinazioni di provenienza degli ospiti, che potranno raggiungere il punto di partenza del loro viaggio con i propri mezzi, con pullman in partenza dall’Austria oppure usufruendo del rinnovato Trieste Airport, che beneficerà di questo traffico passeggeri poiché la maggior parte degli ospiti raggiungeranno l’Italia con charter messi a disposizione dalla compagnia.

«Abbiamo il dovere di ricevere questi operatori turistici in arrivo d’Oltralpe mostrando il meglio che la città ha da offrire – dichiara l’assessore comunale Maurizio Bucci, che non ha mai fatto mistero di considerare il mercato croceristico come un vero e proprio asset del turismo – Si tratta di un’operazione che si inserisce perfettamente nella strategia proposta dal piano comunale del turismo che si pone come obiettivo il raggiungimento del milione di visitatori annui».

Proprio sulla collaborazione istituzionale punta Bucci che, se da un lato non nasconde le consuete perplessità sul consorzio Promotrieste («una realtà privata da reinventare»), dall’altro la ritiene fondamentale «anche per evitare dannose congestioni tra crocieristi e visitatori in occasione di grandi eventi come la Barcolana» e per la gestione delle prossime risorse derivanti dalla tassa di soggiorno, «gestione che verrà concordata con le associazioni di categoria».

Lo sbarco della “Mein Schiff 2” porterà in dote a Trieste, secondo le stime di Ttp, un traffico di circa 40 mila passeggeri in 12 toccate. Dopo l’approdo del 13 maggio, la nave toccherà infatti Trieste due volte al mese fino al 7 ottobre.

Il Piccolo – 12/05/2018

© Riproduzione riservata