Autovie, il cda esamina la situazione dei cantieri in A4

24 Novembre 2017

La progressione dei lavori è in linea con le previsioni «e quindi – ha concluso il presidente Castagna – siamo fiduciosi di poter terminare i lavori in anticipo sui tempi stabiliti».

Il Consiglio di Amministrazione di Autovie Venete ha ascoltato oggi, a Trieste, le comunicazioni del Presidente, Maurizio Castagna, sullo stato di avanzamento dei lavori per la realizzazione della terza corsia dell’autostrada A4 Venezia-Trieste e ha analizzato lo stato di avanzamento del budget.

Castagna ha illustrato la situazione dei cantieri «i cui lavori – riferisce la società con una nota – stanno avanzando rapidamente». «Il terzo lotto, da Alvisopoli a Gonars – ha spiegato Castagna – è ormai tutto a cantiere; dei nove cavalcavia da demolire ne sono già stati abbattuti tre e in dicembre oltre a un’altra demolizione è previsto già anche un varo. Proseguono sia la costruzione del rilevato sia la deviazione dei canali, così come lo spostamento delle interferenze (gas, elettricità, cavi per il trasporto dati). Per quanto riguarda il nuovo ponte sul fiume Tagliamento (composto da due viadotti), sono già 200 i conci realizzati in loco ed è imminente il varo del primo. Pronto quasi completamente anche il cantiere del primo sub lotto del quarto lotto, da Gonars a Palmanova. La nuova viabilità del nodo di interconnessione è stata predisposta quasi completamente (ogni ramo del nodo è a una sola corsia e il limite di velocità è di 60 km/h per tutti i veicoli) e nella notte fra il 2 e il 3 dicembre sarà demolito il primo cavalcavia e saranno completati gli ultimi interventi del cantiere».

La progressione dei lavori è in linea con le previsioni «e quindi – ha concluso – siamo fiduciosi di poter terminare i lavori in anticipo sui tempi stabiliti».

La Tribuna di Treviso/Nordest Economia – 24.11.2017

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A Fiume 172 milioni per il porto

22 Novembre 2017

Ultimazione del nuovo terminal container e allacciamento autostradale sono le priorità dell’Authority

di Andrea Marsanich

Nei prossimi due anni e mezzo, sul porto di Fiume e lungo il corridoio trasporti fiumano saranno investiti 1,3 miliardi di kune, pari a circa 172 milioni di euro. Lo ha annunciato Denis Vukorepa, presidente dell’Autorità portuale fiumana, intervenendo alla Conferenza internazionale sul mare, trasporti e logistica, tenutasi ad Abbazia con la partecipazione di oltre 200 tra operatori economici e studiosi, e di rappresentanti di autorità portuali e aziende concessionarie. «Il nostro progetto centrale – ha continuato Vukorepa – è la conclusione a fine 2018 dei lavori di costruzione del nuovo terminal contenitori in Riva Zagabria a Fiume. Contemporaneamente bandiremo il concorso per il concessionario di questo scalo che sarà lungo 400 metri e avrà un pescaggio di 20 metri, risultando il più profondo tra quelli nordadriatici. L’anno prossimo partirà anche l’approntamento della strada statale D403, che collegherà il terminal container e la Tangenziale fiumana, a sua volta allacciata all’autostrada Fiume-Zagabria, che è in comunicazione con i Paesi mitteleuropei».

L’appuntamento di Abbazia, promosso dalla citata Autorità portuale e dalla facolta di Marineria di Fiume con l’alto patrocinio della presidente della Repubblica, Kolinda Grabar Kitarovic, ha registrato anche la firma dell’accordo di collaborazione tra l’emporio portuale fiumano e quello di Danzica, in Polonia: un’intesa che dovrebbe contribuire a rafforzare l’importanza del porto quarnerino quale porta d’ingresso del Corridoio baltico-adriatico.

Il documento è stato firmato da Vukorepa e dalla vicepresidente della Port Authority di Danzica, Bozena Jankovska, la quale ha rilevato l’importanza strategica di Fiume per la Polonia e i suoi porti. Ad Abbazia era presente anche il segretario di Stato al ministero croato del Mare, Maja Markovcic Kostelac, la quale ha ribadito che sarà di fondamentale importanza che l’Ue confermi l’inclusione del porto fiumano nel Corridoio baltico-adriatico.

Fra gli interventi anche quello del governatore della Regione del Quarnero e Gorski kotar, Zlatko Komadina, che ha invitato Zagabria a imprimere un’accelerazione al progetto di allargare il porto fiumano all’isola di Veglia: «Lo scalo di Riva Zagabria – non lo scopriamo certo oggi – permetterà a Fiume di aumentare considerevolmente la movimentazione container. Ma ciò non potrà bastare in quanto il capoluogo quarnerino non può ingrandirsi ulteriormente a causa degli spazi limitati: ha dunque bisogno di Veglia. Lo Stato croato non dovrebbe attendere a lungo per realizzare i progetti legati alla realizzazione del secondo ponte tra l’isola e la terraferma, della linea ferroviaria e di un adeguato scalo portuale. Sono progetti, si badi bene – ha concluso Komadina – che non possono venire finanziati esclusivamente dai fondi dell’Unione europea».

Tornando al secondo terminal contenitori a Fiume (il primo è quello in Brajdica), la costruzione sta procedendo senza intoppi, ad opera del consorzio italiano formato da Grandi Lavori Fincosit, Costruzioni Giuseppe Maltauro e Nuova Co.Ed.Mar.

Il Piccolo – 22.11.2017

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Banda larga: Trentino in rete europea supporto allo sviluppo

Riconoscimento da Commissione Ue per best practice

La Provincia autonoma di Trento è stata riconosciuta dalla Commissione europea nella primissima lista dei Broadband Competence Office (Bco). La Commissione Europea aveva avviato nel 2016 l’iniziativa dei Bco per individuare delle autorità nazionali e regionali responsabili della diffusione di informazioni e supporto per la pianificazione della banda larga, degli investimenti e dello sviluppo nei territori. Sono state individuate alcune best practice e tra queste sono state accreditate quelle del Trentino, per il tramite della sua società di sistema Trentino Network, del Land Federale della Bassa Sassonia in Germania e del governo nazionale dell’Estonia.
Il riconoscimento è avvenuto lunedì durante il ‘Broadband days 2017’, evento annuale che la Commissione organizza sui temi di sviluppo della banda larga. “È un riconoscimento davvero importante – ha commentato l’assessore alle infrastrutture e all’ambiente, Mauro Gilmozzi – che gratifica l’impegno del Trentino per lo sviluppo della banda larga”.

Ansa/Trentino A.A. – 22.11.2017

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Terna dice addio a 110 chilometri di vecchi tralicci

I primi 70 saranno eliminati a metà 2018, gli altri entro il 2021. Operazione che interessa 30 Comuni. Cantiere da 100 addetti.

di Maurizio Cesco

I tecnici che si “arrampicano” sui tralicci, fino a 30 metri d’altezza, e svitano uno a uno i bulloni affinchè la grande gru possa smontare la struttura, sezione dopo sezione, pezzo dopo pezzo. In un breve video, trasmesso durante la conferenza stampa di ieri a Udine, Terna ha illustrato concretamente la tanto attesa opera di demolizione di 110 chilometri di vecchia linea elettrica, sostituita dal nuovo “colosso”, il tanto contestato (ma adesso operativo) elettrodotto Redipuglia-Udine ovest. All’incontro era presente una nutrita delegazione di Terna, con in testa l’amministratore delegato, Luigi Ferraris (nella foto). «In questa regione negli ultimi 30 anni – ha detto Ferraris – il fabbisogno di energia è più che raddoppiato, passando da 4 a 10 miliardi di kilowatt/ora. Con il nuovo elettrodotto non ci saranno problemi di approvvigionamento, il fabbisogno è ampiamente garantito».

E’ stata l’amministrazione Serracchiani, visto che l’iter autorizzativo dell’elettrodotto aereo era già stato approvato dalla giunta regionale precedente, quella di centrodestra di Tondo, a volere fortemente che Terna si impegnasse nella dismissione delle vecchie linee. Ma al Comitato per la difesa del Friuli rurale questo non è bastato. Perchè il portavoce Aldevis Tibaldi, presa la parola, non ha mancato di sferrare un attacco proprio alla politica. «Non siamo contrari tanto all’elettrodotto in sè – ha specificato – ma alla modalità di realizzazione di queste opere, in quanto l’amministrazione non ha tutelato gli interessi e i valori dei suoi cittadini, non avendo optato per una soluzione interrata che in altre regioni, come il Piemonte, è stata scelta con notevoli vantaggi economici e ambientali per la collettività. Avevamo l’occasione di far correre l’elettrodotto interrato accanto alla terza corsia dell’autostrada, ma l’abbiamo perduta. Noi continueremo comunque a lottare, perchè non è tutto oro quello che luccica». La presidente Serracchiani ha voluto rispondere a Tibaldi, precisando che «tutto il percorso autorizzativo per l’elettrodotto Redipuglia-Udine ovest era stato fatto dalla precedente amministrazione. Noi in questa legislatura abbiamo autorizzato un elettrodotto interrato, quello tra Wurmlach, in Austria, e Somplago. La nuova rete poi è importantissima per alcune aziende locali, come l’Abs, che è una delle realtà produttive più “energivore” del nostro territorio, avendo un forno siderurgico elettrico. A chi dice che quest’opera non serve dico che, invece, rispondiamo a un’emergenza del Friuli Venezia Giulia, perché negli ultimi trent’anni per fortuna siamo cresciuti e consumiamo più energia».

Chiusa la parentesi polemica con il Comitato, Serracchiani e Ferraris hanno dunque snocciolato i numeri delle dismissioni. I lavori per abbattere 110 chilometri di vecchi tralicci sono già cominciati, tra Redipuglia e la Bassa friulana. I primi 70 chilometri saranno eliminati entro l’estate del 2018, per gli altri 40 bisognerà attendere un po’ di più, il 2021, perchè non ci sono ancora tutte le autorizzazioni. «Ma l’opera di dismissione è interamente coperta dal punto di vista finanziario», ha assicurato Ferraris. Sono al lavoro 5 imprese con 100 addetti tra operai e tecnici. I Comuni interessati alle dismissioni sono 30 e saranno “liberati” dalla servitù 367 ettari di terreno, una superficie pari a 524 campi di calcio. L’addio a 400 vecchi tralicci porterà benefici a 680 edifici costruiti in prossimità delle linee elettriche. Infine saranno recuperate e riciclate 1.800 tonnellate di acciaio.

Messaggero Veneto – 22.11.2017

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Porti: Trieste, nasce Consorzio sviluppo economico giuliano

Sostituisce Ezit per promozione attività imprenditoriali

Si è costituito oggi presso la sede dell’Autorità portuale dell’Adriatico Orientale, il “Consorzio di sviluppo economico locale dell’area giuliana”, che andrà a sostituire nelle competenze il vecchio Ente per la Zona Industriale di Trieste (Ezit).

Il Consorzio ha la natura di ente pubblico economico e vede la partecipazione, oltre all’Authority, dei comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle-Dolina. Dal punto di vista patrimoniale, il “nuovo Ezit” avrà un fondo di dotazione iniziale pari a 100 mila euro. La presidenza spetterà a Zeno D’Agostino, e l’Autorità di Sistema avrà la maggioranza delle quote del Consorzio (52%), mentre ai tre Comuni spetterà il restante 48%, suddiviso in tre parti uguali.

“Oggi è un grande momento – commenta D’Agostino – perché si completa uno dei tasselli importanti dello sviluppo complessivo del territorio che fa riferimento al porto. È parte di un processo importantissimo di integrazione di tutte le dinamiche che riguardano lo sviluppo dello scalo, dei punti franchi e delle zone industriali. Finalmente il Consorzio torna ad essere un punto di forza, motore di sviluppo e dinamismo economico del territorio. Da qui parte veramente il futuro dello scalo come lo intendiamo noi”.

Obiettivo primario del nuovo organismo consortile sarà quello di promuovere e favorire la nascita e lo sviluppo di attività e iniziative produttive e imprenditoriali, di fornire servizi connessi alle attività degli agglomerati industriali e delle aree economiche sul territorio giuliano, nonché la gestione degli incentivi e la consulenza alle imprese per la redazione di progetti per accedere ai fondi europei. Ci sarà un focus orientato all’innovazione e al supporto tecnologico a favore degli insediati, e si promuoverà, anche al di fuori dell’agglomerato industriale, la prestazione di servizi riguardanti la ricerca tecnologica, la progettazione, la sperimentazione, l’acquisizione di conoscenze di assistenza tecnica, organizzativa e di mercato connessa al progresso e al rinnovamento tecnologico. Non mancherà infine l’attenzione per i giovani imprenditori attraverso la promozione e creazione di fabbriche-laboratorio per l’avvio di nuove attività produttive.

Tra i compiti del nuovo ente vi sarà anche l’amministrazione del Punto Franco Industriale. Nella concezione di D’Agostino, “il rapporto con il nuovo Ezit è importantissimo per l’attività portuale legata allo sviluppo industriale e manifatturiero, in un’ottica strategica che vede il punto franco come elemento di forza e di nuova attrattività per il territorio regionale”.

Ansa/Mare – 22.11.2017

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La cura del ferro ha sortito i primi effetti sul grande malato nazionale

20 Novembre 2017

Al Forum di Pietrarsa, un anno dopo, il nuovo check up del ‘medico’ dei trasporti Graziano Delrio diagnostica un sistema-Italia che comincia a stare bene ma che ha bisogno di crescere più robusto

di Angelo Scorza

Non è ancora tempo di mandare in giro da sola la nuova creatura – per usare le stesse parole di Graziano Delrio, che non scorda mai la sua prima professione di medico: “siamo stati bravi ostetrici, il bambino è nato, sebbene ovviamente sia ancora fragile, dunque da seguire con le dovute premure” – ma un più che cauto ottimismo è il fattore comune che si evince dagli interventi di tutti i relatori chiamati a vivacizzare il Forum di Pietrarsa. L’evento ”Pietrarsa un anno dopo, la cura del ferro oggi e domani”, dodici mesi dopo l’edizione d’esordio a metà novembre 2016 , pare già essere rapidamente diventato un vero e proprio summit dei trasporti nazionali, capace di radunare ecumenicamente non solo gli attori del comparto su rotaia (che ‘giocavano in casa’ nella splendida cornice del museo ferroviario partenopeo della Fondazione FS, presso Portici, quartiere d’approdo della storica prima corsa ferroviaria d’Italia da Napoli nel XIX secolo), ma anche gli altri stakeholders della (finora) frastagliata catena dei trasporti. I dati recenti sono incoraggianti: nel triennio 2014/2016 il trasporto ferroviario delle merci è cresciuto del 9%, e nel Mezzogiorno il balzo è stato anche più sostenuto (+12,6%). L’obiettivo è spostare il 30% del trasporto delle merci dalla gomma al ferro. Altri numeri danno conferme, come gli 80 miliardi di euro di fatturato sui corridoi logistici. Ma, al di là di cifre e dati rilasciati, comunque positivi, che testimoniano un rapido recupero di competitività anche nel nostro Paese di una modalità a lungo negletta, la comunanza di buoni propositi è la nota lieta sottolineata un po’ da tutti i relatori, ministro dei trasporti in primis. Dalle ferrovie all’autotrasporto, dai porti agli interporti, gli operatori di tutte le principali modalità hanno finalmente cominciato a dialogare, a conoscersi e ad incontrarsi con fini costruttivi e allo scopo di operare sinergicamente per ridare al sistema-Paese quella competitività perduta che passa prima di tutto dalla filiera logistica, capace di condizionare nel bene e nel male il successo dell’industria manifatturiera. “È facile trovare un interesse personale se prima si persegue quello collettivo. Il Paese deve imparare a parlarsi e ognuno ad assumersi le proprie responsabilità. Il Governo ha fatto una scelta indirizzata verso certe modalità perché le risorse sono limitate. Abbiamo dato un metodo di lavoro cooperativo. La migliore garanzia della continuità da tutti richiesta è avere una solida pianificazione; avevamo bisogno di dare delle certezze alle imprese in fase di interconnessione e stabilità nelle regole. Le nostre non erano smanie di riforma ma reali necessità di far muovere il Paese. Adesso la condizione cui sotto stare è che continuiamo a fare la fatica di dialogare e di lavorare insieme. Stiamo andando verso una transizione ecologica delle merci con la determinazione che questa debba diventare il mercato in un orizzonte di 10-15 anni” ha spiegato il titolare del dicastero della mobilità, che contempla anche modalità inusuali, come le piste ciclabili, oggetto di un freschissimo provvedimento. “Oggi si celebra un fatto culturale; il Governo ha già messo in campo 424 milioni per le piste ciclabili” ha detto il ministro che ama spostarsi sulle due rote a pedali. “Esattamente come il sistema autostradale o il sistema ferroviario, con questa legge la ciclabilità fa parte di una strategia di mobilità che diventa prioritaria nei centri urbani e per lo sviluppo del turismo nel nostro Paese. Si tratta della prima volta che queste ultime vengono inserite, ma ciò è emblematico della coerenza delle nostre scelte, in sintonia con la cura del ferro, e con il beneplacito di tutte le categoria, chiamate a fare fronte comune. Sotto questo profilo siamo grati alla potente lobby dell’autotrasporto che per una volta ha fatto un passo indietro, accettando un certo ridimensionamento alle proprie pretese”. Il commento di indirizzo di Delrio hanno messo la chiosa su un evento, con vastissima partecipazione, che aveva visto alternarsi diversi interventi di rilievo, anche fra antagonisti. “Il rilancio delle merci sulla rotaia passa, solo in apparenza paradossalmente, anche dai porti; occorre una ‘cura dell’acqua’ prima di arrivare a quella fase terrestre che la ferrovia può svolgere adeguatamente, e infine da qui all’ultimo miglio” sentenzia Ennio Cascetta, che parla ancora quasi più da capo della struttura di missione del MIT che non da presidente di RAM, dove è recentemente approdato. “Dobbiamo esaminare i costi di resilienza, sostantivo ora tanto di moda ma che ha avuto una prova concreta la scorsa estate col disastro di Rastatt , che ha azzerato il transito sul Brennero; occorre mettere a punto preventivamente soluzioni alternative per evitare che si ripetano tali fatti”. Secondo il luminare dei trasporti partenopeo, l’obiettivo raggiunto di aumento del 50% del traffico merci su rotaia a partire dal 2015 è un buon viatico, dunque ora è la volta di puntare a quel valore medio di partecipazione della ferrovia ai traffici merci del 18% che è lo standard europeo. “A tale fine stiamo rinnovando e adeguando tutti i nostri tunnel ferroviari, per poterci interconnettere ai flussi continentali” ha aggiunto Cascetta prima di ricordare gli oltre 100 miliardi di euro che il DEF 2017 mette a disposizione per circa 100 progetti, definite opere prioritarie; una cura ‘cento per cento’ che suona a mo’ di slogan. “Va ricordata inoltre la scelta del Governo di farsi coadiuvare dalla Regioni nel sostenere le risorse a disposizione a livello nazionale. Il risultato è che il traffico merci su rotaia cresce ad un ritmo 4 volte superiore a quello del PIL, e nel mentre il Mezzogiorno a sua volta recupera il passo più velocemente del Nord” ha concluso Cascetta. Secondo Guido Gazzola, seppure ancora lontani dai livelli pre-crisi del 2008, i valori di traffico registrati negli ultimi anni sono confortanti, ma ci sono indubbi margini di efficientamento. “In particolare il traffico diffuso, che abbiamo abbandonato, può avere una sua rivincita. E intanto la pratica dei Fast Corridors vola al ritmo del +61%” ha annotato il presidente di ASSOFERR. “Questa inversione di tendenza è avvenuta grazie alla connessione con i porti, agli incentivi, alla formazione. Ma in Europa siamo ancora il fanalino di coda con una quota modale del ferro sul trasporto terrestre del 13%, anche se le imprese private del settore stanno conquistando notevoli quote. Per il futuro dobbiamo aumentare tale quota in modo sensibile attraverso molte azioni da sviluppare quali l’efficientamento del materiale rotabile, oltre a sostenere le industrie che investono sul trasporto su ferro. Inoltre va sviluppata la centralità dei porti e bisogna garantire che le merci pericolose possano avere tracce ferroviarie dedicate”. Nell’ambito della susseguente tavola, l’in contro dei ‘pianeti una volta distanti’ è stato rimarcato per primo, in stretto ordine cronologico di apparizione, dal presidente di Assoporti, Zeno D’Agostino, il quale nella sua carriera professionale ha giocato da entrambe le parti della barricata. “Porti e interporti sono finalmente tutti qui presenti, quale miglior segnale di coesione? Mettiamo insieme i due mondi: i porti danno la merce, gli interporti offrono il loro network” ha chiosato il leader di quello che forse rimane il porto più virtuoso d’Italia, in tema ferroviario, Trieste, “un modello da prendere a livello nazionale” ha soggiunto D’Agostino. L’amministratore delegato di RFI, Maurizio Gentile, ha puntualizzato il dato fresco che sarà raggiunto a fine 2017, confermando il trend crescente, prima di passare ad altre considerazioni sulle infrastrutture. “Dal minimo di 43 milioni di treni chilometro siamo già risaliti nel 2016 ai 47. Ora siamo quasi a fine novembre e il 2017 si va attestando intorno a 49,23 milioni di treni chilometro. Un totale di 31 dei 66 miliardi di euro stanziati sono sui Corridoi TEN-T; altri 27 miliardi provengono dalla rete convenzionale, che peraltro contribuisce anche al traffico cargo, perché in Italia non abbiamo linee dedicate, ma sono tutte promiscue. Abbiamo attivato un piano decennale che forse non troppo casualmente traguarda al 2026, anno in cui molte grandi opere di valenza internazionale saranno completate, dal nuovo traforo del Brennero alla Torino-Lione, passando ovviamente dal Terzo Valico genovese. Il nostro impegno è quello di concretizzare l’obiettivo di avere il 75% dei 5.500 km a sagoma PC80 e di far viaggiare il 28% dei treni a lunghezza di 750 metri entro dieci anni. Vi sono altrettanti impegni in atto sui terminal intermodali e per l’adeguamento di ulteriori infrastrutture” ha terminato Gentile. Uno dei grandi utenti dei binari, quanto meno nelle intenzioni programmatiche, è il pastificio Barilla, il cui logistics director Riccardo Stabellini ricorda, quasi con commozione, il primo treno dedicato carico di grano che varcò i cancelli dello stabilimento di Pedrignano (Parma). “Abbiamo un target di 500 mila tonnellate di grano che vengono sbarcate al porto di Ravenna; purtroppo le altre partite che acquistiamo in giro per l’Italia, dalle Marche al Veneto, non possono fruire di analoghe adeguate piattaforme di istrada mento ferroviario per questi treni speciali che si caricano con tramogge, tantomeno al Sud, dunque non possiamo andare oltre una quota parte del 30% su rotaia per il nostro approvvigionamento. E per il pro dotto finito la situazione è ancora peggio. Peraltro, in uno dei nostri due pastifici negli Stati Uniti stiamo replicando questo modello logistico incentrato sui binari” spiega il manager parmigiano. È definita un cura del ferro ‘da cavallo’ quella in corso presso l’operatore incum bent da Marco Gosso, amministratore delegato di Mercitalia, il polo strategico creato nel gennaio 2017 . “Ora stiamo lavorando per amalgamare in un soggetto uniforme società che insieme generano un fatturato da 1,1 miliardi di euro e che devono presentarsi al mercato come un solo interlocutore. Siamo 8 volte più grandi del secondo operatore del mercato italiano ma invece nel confronto internazionale quasi ‘spariamo’: l’austriaca RCA è il doppio di noi, le tedesche DB addirittura 20 volte tanto. Ma non per questo non vogliamo dare battaglia all’estero; dal prossimo cambio d’orario invernale l’11 dicembre la controllata TX Logistik Switzerland farà in proprio la trazione sul territorio elvetico attraverso i trafori del Lotschberg e del Gottardo, il che permette un certo risparmio di costi, che saranno internalizzati. Vorrei sottolineare che ben 500 milioni di euro sul miliardo e mezzo stanziato per investimenti nel prossimo decennio avrà luogo nella fase iniziale, a testimoniare le nostre agguerrite ambizioni. Con lo stesso scopo lo scorso luglio abbiamo rilevato interamente Serfer, ma non ci fermiamo qui; stiamo attuando pro getti di sviluppo dei terminal di Brescia, Milano Smistamento e Piacenza ( insieme al socio Hupac, ndr ). Intanto le perdite immani del passato (155 milioni) si stanno limando; quest’anno per la prima volta da tempo immemorabile produrremo cassa per 35 milioni di euro, e per il 2018 mi sento di poter promettere l’agognato break even operativo” ha ricordato il manager. Il rappresentante dei competitor diretti, Giancarlo Laguzzi – a capo della federazione che annovera tutti gli operatori ferroviari, italiani ed esteri, privati e pubblici, all’infuori del blocco Trenitalia – non ha potuto fare a meno di evidenziare il grande contributo dei soci di Fercargo a questa ripresa della via ferrata. “Siamo cresciuti del 10% nel 2015 e del 20% nel 2016, per cui buona parte è merito nostro. Ma il nostro successo si chiama anche l’ottimismo del mercato, abbiamo in prevalenza clienti che appartengono alle imprese di media dimensione e che prima non usavano la ferrovia”. Per il presidente di Fercargo vi sono tre aree di intervento su cui attivarsi. “Completare il processo di omogeneizzazione con l’Europa, così come prescrive il Quarto Pacchetto UE, a livello di macchinista unico ed altre misure fondamentali. Poi, non ci piace che lo shipping abbia bandiere estere e che gli autotrasportatori si delocalizzino. Infine, l’elemento ancora debole sono i terminal e l’ultimo miglio”. “Pietrarsa è diventato un punto costituente dell’idea di Europa che abbiamo; la grande sfida è quella di avere un sistema resiliente ed efficace” ha dichiarato Stefan Pan, vice presidente di Confindustria Non si è fatto pregare, nel raccogliere l’assist di Pan, per insaccare in maniera imparabile il suo consueto affondo, Nereo Marcucci. Il Presidente di Confetra ha chiarito che nessuna Industria 4.0 ha valore senza una parallela Logistica 4.0; Confetra e Confindustria devono essere player nazionali in un mercato europeo ed in tal senso le proposte al Governo sono esplicite. “Il paradigma di questa attuale fase storica è ‘basta con la monomodalità’. In due anni si è fatto quello che non si era riusciti a fare in venti. Quanto fatto nel biennio minimizza il rischio di costruire nuove cattedrali nel deserto, mentre si lavora per rivitalizzare quello che già esiste. Ai prossimi vincitori delle elezioni politiche chiediamo non solo continuità ma anche completamento delle normative già in discussione. In passato abbiamo chiesto discontinuità rispetto al quinquennio precedente, adesso invece chiediamo di proseguire nel solco della continuità col presente. Il patto tra logistica trasporti e industria funziona e consentirà di sfruttare le opportunità di crescita che la ripresa in atto nuovamente offre” Il numero uno della Confederazione dei Trasporti ha poi stigmatizzato le ultime uscite di ANCI, l’associazione dei Comuni italiani, che ora vorrebbe mettere il becco nelle questioni portuali anche di dettaglio tecnico, quali la destinazione d’uso di una banchina. “Ma allora perchè non dovremmo avere i sindaci impegnati a gestire le aziende di trasporto o dei rifiuti? I porti hanno necessità di conservare la loro autonomia, l’esigenza piuttosto è di coordinare tutte le iniziative con la politica e l’interesse nazionale. I sindaci restino al loro posto, per favore”. Un parere che collima perfettamente con quello espresso anche da Delrio al riguardo.

Ship2Shore – 20.11.2017

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Treni, bus, aerei? I clienti devono comandare

Parla il presidente dell’Authority. Le priorità? Imporre livelli minimi di qualità nei «regionali». E grande attenzione all’uso dei dati per evitare la concentrazione del business

di Antonella Baccaro

Vietato abbassare la guardia. Sono passati quattro anni dei sette assegnati a Andrea Camanzi per espletare le proprie funzioni di presidente dell’Autorità di regolazione dei Trasporti, operativa per la prima volta nella storia di questo Paese dal 2013, e l’obiettivo principale oggi è evitare il crearsi di nuovi monopoli. «Guardandoci indietro – dice Camanzi -. Possiamo dire di essere oltre il 65% del lavoro programmato, più avanti di quello che immaginavamo. E con riscontri positivi: l’effetto annuncio è parte della regolazione. Tenendo conto che un ciclo industriale non è inferiore ai cinque anni, anticipare è importante».

Liberalizzazioni 

Ad esempio sul tema della liberalizzazione del servizio di trasporto regionale che, secondo il Regolamento europeo 2338/2016 partirà dal 2019, l’Autorità ha appena emanato un «atto di segnalazione» per prevenire alcune prevedibili storture. «Il regolamento specifica che le modalità di affidamento del servizio sono varie: dalla gara fino all’affidamento diretto. La responsabilità della scelta è in capo all’ente affidante: se riscontra che ci sono le condizioni per derogare alla gara, deve motivare tale scelta e dimostrare l’adeguatezza della soluzione individuata sotto i profili dell’efficacia e dell’efficienza. Inoltre la procedura dell’affidamento diretto deve tutelare chi presenti un’offerta alternativa, e a questo fine l’ente affidante deve rendere pubblici dati e informazioni relativi alla configurazione del servizio e al suo svolgimento. Deve essere comunque consentito un confronto tra le offerte dei soggetti interessati».

Già due anni fa l’Autorità aveva adottato misure sulla redazione di bandi e convenzioni che consentissero ai nuovi entranti l’accesso al materiale rotabile oggi in uso, altro punto prevedibilmente critico dell’imminente liberalizzazione. «Ove tale materiale sia acquistato con un contributo pubblico – dice Camanzi – il suo utilizzo deve essere non discriminatorio. Sul punto l’Autorità vigila con attenzione».

É in arrivata in porto invece la rilevazione partita due anni fa sui livelli di qualità del trasporto ferroviario regionale, quella che tutti i giorni oltre due milioni di pendolari vivono sulla loro pelle. In Italia 1,6 miliardi di fondi statali vengono destinati a finanziare i contratti di servizio su ferro stipulati dagli enti locali con società di trasporto, prevalentemente Trenitalia. «Risulta – riferisce Camanzi – che solo il 44% dei contratti di servizio in essere si preoccupa di assicurare che i treni non siano sovraffollati. Solo il 6% prevede che il servizio sia puntuale, una puntualità che viene peraltro misurata solo alla destinazione finale, non anche nelle fermate intermedie. E non basta: solo un contratto di trasporto ferroviario regionale chiede alle imprese di rendere disponibili biglietterie telematiche; ciò a fronte di un 75% di utenti che usa uno smartphone. Rispetto ai passeggeri dell’Alta Velocità che ormai comprano i biglietti online, i pendolari in questo modo sono penalizzati».

Per rimediare, entro fine anno, saranno resi obbligatori i nuovi livelli minimi di qualità, cioè le prestazioni minime che l’ente affidante deve esigere e che il gestore dal 2018 deve assicurare in tutti i nuovi contratti di servizio di trasporto gravati da obblighi di servizio pubblico. Facciamo un esempio: nelle fasce orarie dei pendolari (dalle 6 alle 9 e dalle 17 alle 20) i livelli di puntualità e regolarità non dovranno scendere sotto una soglia rispettivamente del 98% e del 100%. «Ovviamente forniremo anche la metodologia per misurare i livelli di efficienza e il sistema delle penali che andranno fino alla risoluzione del contratto. Ci sarà anche un’incentivazione economica al crescere della performance ». Le imprese di trasporto che si sono confrontate in questi due anni con l’Autorità non hanno mancato di far pervenire obiezioni. «Ho molta stima delle imprese di trasporto – ribatte Camanzi -, capisco le loro osservazioni ma sono propenso a credere che la qualità sia la misura dell’efficienza di un’impresa e non un costo».

Nei cieli 

Proprio per questo nel primo trimestre del 2018 l’obiettivo è individuare, dopo una consultazione, il massimo di efficienza raggiungibile da un’impresa ferroviaria, in modo che le Regioni possano porre adeguati obiettivi nei prossimi contratti di servizio. «É possibile che questo nuovo sistema ponga il tema dell’accorpamento delle imprese» sottolinea Camanzi.

Ma se nel settore del trasporto ferroviario molto si è fatto, in quello aereo c’è chi, come il commissario di Alitalia, Stefano Paleari, denuncia l’assenza di un assetto regolatorio adeguato che consenta una reale concorrenza tra le diverse modalità di trasporto. Il problema, in particolare, sono i costi di Fiumicino. «Si tratta di scelte che non ci competono. A noi sta individuare elementi di misurabilità delle politiche pubbliche in modo che il decisore possa fare le proprie scelte. Nel caso degli aeroporti abbiamo potuto introdurre criteri nuovi in tutti gli aeroporti tranne negli scali di Milano, Roma e Venezia. Ci sono dunque, se si vorrà, potenziali margini di armonizzazione». Quanto alla crisi di Ryanair che ha coinvolto milioni di utenti, Camanzi ritiene sia arrivato il momento di «individuare condizioni minime di garanzia dell’utente in caso di cancellazioni massive».

L’Autorità sta intanto tenendo d’occhio l’impatto che la riduzione dei voli di Ryanair ha sull’equilibrio economico-finanziario dei gestori. Al momento si è appreso di contraccolpi significativi nella stagione invernale, in termini di passeggeri e movimenti, in tre scali: – 60% a Trapani, -32% a Genova e -5% a Pisa. «Se le condizioni perdureranno nella prossima stagione estiva bisognerà affrontare il problema». Potrebbe essere necessario un ritocco delle tariffe». Oppure contributi pubblici? «Questi sono esclusi dalla nostra considerazione, soprattutto in relazione ad un mercato liberalizzato».

Nei prossimi tre anni di mandato l’Autorità si eserciterà sul tema dell’integrazione delle modalità di trasporto e della gestione dei big data : «Il rischio da evitare è che l’integrazione diventi esclusiva per operatori integrati verticalmente e che dirottino sui propri sistemi i clienti delle altre modalità». Il mercato dei dati in Europa vale 60 miliardi, l’80% di questi è gestito direttamente da chi li produce: «Il punto è proprio questo – avverte Camanzi – le piattaforme non devono diventare il braccio digitale dei vecchi monopoli».

Corriere della Sera – 20.11.2017

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Veneti al volante: sempre più km percorsi al giorno, è segnale della ripresa

Nel 2016 è cresciuto notevolmente l’utilizzo dell’auto in Veneto: i veneti l’hanno usata 5 giorni in più rispetto all’anno precedente. In aumento anche i km annui percorsi in regione: circa 100 in più rispetto al 2015.

Nel 2016 è cresciuto notevolmente l’utilizzo dell’auto in Veneto: i veneti l’hanno usata 5 giorni in più rispetto all’anno precedente. In aumento anche i km annui percorsi in regione: circa 100 in più rispetto al 2015.

L’incremento, in controtendenza rispetto al trend degli ultimi tre anni, rappresenta un ulteriore indizio della ripresa economica del Paese.

I veneti trascorrono in auto 1 ora e 23 minuti al giorno a una velocità media di 33,6 km/h, superiore di circa 5 km/h rispetto alla media nazionale.

I veneti percorrono in media 47 km al giorno, il venerdì la giornata in cui percorrono più km.

Rovigo vanta tre primati nazionali: è la provincia italiana in cui si percorrono più km al giorno (59 km), quella in cui si registrano più km annui (17.151 km) e la città con la velocità media più elevata 40 km/h.

I vicentini e i trevigiani sono quelli che utilizzano di più l’auto (294 gg l’anno).

 

La Tribuna di Treviso – 20.11.2017

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A4, la quarta corsia costa 2 miliardi: nel 2018 lo studio dei traffici al Mit

17 Novembre 2017

La Brescia-Padova dichiara l’emergenza e appalta a una società l’analisi preliminare per il ministero. Il dg Chiari: «La Tav non risolverà i problemi». Valdastico “prioritaria”, a breve il tavolo con Trento

di Eleonora Vallin

Entro febbraio 2018 potrebbe arrivare sul tavolo del ministero dei Trasporti il primo studio preliminare per la realizzazione della quarta corsia della Brescia-Padova. L’allarme è stato lanciato un mese fa: «L’A4 è satura».

L’interlocuzione con Roma è stata avviata; adesso, a Verona, si sta lavorando sulle prime simulazioni di traffico a quattro corsie solo in alcuni punti: per la tratta Brescia-Verona, l’attraversamento dei centri di Vicenza e Padova. I tre punti critici dell’arteria, quelli dove si potrebbe valutare di allargare l’autostrada.

A giorni una società esterna inizierà lo studio preliminare con l’analisi dei traffici prospettici e i riflessi sull’utenza, con le diverse soluzioni da adottare. La quarta corsia nasce da un bisogno quasi emergenziale: il traffico dal 2016 a oggi ha superato i valori pre-crisi dell’anno record, il 2007. In questi undici mesi la crescita segna 3,5%, solo +1,5% per i veicoli leggeri e quasi +5% i tir. Il traffico pesante copre il 30% dell’intero flusso, il 40% dei camion sono stranieri e viaggiano giorno e notte. Non esiste più una fascia oraria a bollino rosso, la saturazione copre dalle 7 alle 18. Una società autostradale a tre corsie si considera “piena” quando viaggiano all’ora e per corsia 1.100 veicoli equivalenti (ovvero che percorrono l’intera tratta): l’A4 supera i 1.700. Nelle ore di punta non si viaggia oltre i 100 km/h.

L’impatto è sulla società (anche un cantiere snello in serata provoca code) e sugli utenti. Nei primi 10 mesi dell’anno gli incidenti sono aumentati del 18%: sono quasi tutti tamponamenti e contatti laterali lievi, ma sono indice che la distanza di sicurezza lungo l’A4 è diminuita. Colpa dei volumi e anche della poca educazione stradale: scarsa occupazione della corsia libera di destra e uso del cellulare alla guida per cui, a breve, l’A4 avvierà una nuova campagna di sensibilizzazione sull’intera tratta.

Intanto è stato lanciato al ministero un campanello di allarme. Il dialogo è aperto: ora serve portare a Roma numeri e simulazioni, perché l’A4 potrebbe non essere più in grado di assicurare un livello minimo di sicurezza.
Misure alternative? Ci sarebbe il vecchio piano delle tangenziali venete, un progetto di riqualificazione e collegamento di queste strade tra Brescia a Padova. Ma il grande tema, molto politico, resta quello di far pagare con dei ticket un asfalto che oggi si percorre gratuitamente.

La quarta corsia è l’altra via. Le analisi sul tavolo della Brescia-Padova stimano una spesa attorno ai 2 miliardi. Un investimento che andrebbe a impattare la concessione. Oggi la società è interamente focalizzata, anche finanziariamente, sull’A31 Nord. Difficile, data la fine della concessione al 2026, affrontare anche la quarta corsia dell’A4. Investimento che per “passare” dovrà essere motivato da ragioni di primaria sicurezza. Modifiche alle concessioni, sulla base di investimenti strategici, d’altronde, sono appena stati approvati dall’Ue per il Gruppo Gavio e l’Aspi dei Benetton. Qualora dovesse andare in porto la quarta corsia, va da sé, che essa comporterebbe una modifica della concessione.

«Il ministero ci ha detto che si può valutare e che di fronte a motivazioni di carattere straordinario si può aprire una discussione» spiega Bruno Chiari, direttore della Brescia Padova. «Non credo che l’alta velocità risolverà il grande flusso di traffici di persone e merci, quello a Nordest è un problema di tessuto industriale frammentato che non vede la ferrovia come alternativa competitiva al trasporto su gomma». Ma Chiari specifica: «Noi ora abbiamo una priorità: è la Valdastico Nord su cui ci stiamo concentrando sia dal punto di vista tecnico sia finanziario, la quarta corsia non è un’alternativa all’A31 Nord per salvare la concessione». E a proposito di Valdastico, è nell’aria la convocazione a Roma del tavolo tecnico con Trento.

Il Mattino di Padova/NordEst Economia – 17/11/2017

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Friuli Venezia Giulia, logistica: in arrivo 3 mln per l’intermodalità

16 Novembre 2017

“La Regione Friuli Venezia Giulia metterà a disposizione, fino alla fine del 2018 circa 3 milioni di euro per avviare un servizio di trasporto ferroviario e marittimo delle bramme (barre in acciaio)”. Ad annunciarlo l’assessore regionale al Territorio, Mariagrazia Santoro, nel durante un incontro con le imprese logistiche locali svoltasi a San Giorgio di Nogaro in cui sono stati illustrati i due avvisi pubblicati per affidare, entro la fine di novembre, il servizio di trasporto integrato delle bramme. L’obiettivo – fanno sapere – è la riduzione del traffico pesante su gomma ora utilizzato per la movimentazione da Monfalcone verso l’Aussa Corno.

Per la modalità marittima, la Regione stanzierà entro la fine dell’anno 228.000 euro, mentre nel 2018 le poste a bilancio sono già state stabilite in altri 800.00 euro. Modalità che è resa possibile anche dal dragaggio del canale Corno che permetterà l’utilizzo di vettori più adeguati al trasporto del materiale. Gli interessati dovranno presentare un piano di attività che assicuri l’immediata operatività e il maggior sviluppo temporale possibile dell’iniziativa, commisurata alle risorse disponibili. Il servizio di trasporto dovrà essere effettuato con regolarità e cadenza minima di una nave al mese.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo della ferrovia, il bando mette a disposizione entro la fine dell’anno 400.000 euro, mentre per il 2018 i fondi saranno pari 1,6 milioni di euro. La legge regionale ha previsto l’attribuzione di risorse, a compensazione della differenza dei costi rispetto al trasporto stradale, alle imprese ferroviarie che intendono organizzare un trasporto ferroviario di bramme dai porti del Friuli Venezia Giulia fino alle aziende utilizzatrici dislocate nelle zone industriali di interesse regionale. L’avvio dell’attività è vincolata alla piena utilizzabilità del raccordo ferroviario per il trasporto, la cui verifica, in corso da parte di Rete ferroviaria italiana (Rfi), si concluderà entro i primi giorni di dicembre.

“Oggi, – ha detto Santoro al termine dell’incontro – con la pubblicazione dei due avvisi per la movimentazione sia via mare sia con l’utilizzo del treno, puntiamo ad una ripartizione degli approvvigionamenti a favore delle imprese, con un impatto decisamente minore sul territorio. Non solo abbiamo mantenuto una promessa ma abbiamo dimostrato che l’intermodalità e la logistica nella nostra regione sono una realtà e non degli slogan”.

Trasporti-Italia.com – 16/11/2017

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