Da Rfi 730 milioni per l’intermodalità

19 Marzo 2017

«L’obiettivo strategico è allacciare i porti ai grandi corridoi europei»

di Marco Morino

«Vogliamo avvicinare il treno alla nave, realizzando all’interno dei porti e lungo le banchine delle vere e proprie stazioni ferroviarie, sul modello di quanto è stato fatto nel porto di Livorno, per abbattere i costi delle manovre e promuovere il trasporto merci su ferro». Così Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (Rfi), la società del gruppo Fs Italiane a cui fa capo la gestione dell’infrastruttura ferroviaria del nostro Paese, sintetizza il piano di Rfi per migliorare l’intermodalità del trasporto merci e sfilare quote di traffico alla strada. Entro il 2026, Rfi investirà 730 milioni di euro, di cui 403 hanno già ottenuto la copertura finanziaria, in progetti per potenziare i collegamenti ferroviari sia con i porti, sia con la rete degli interporti. In particolare, per gli scali marittimi sono previsti investimenti per circa 300 milioni­ di cui 175 già disponibili grazie all’aggiornamento 2016 del contratto di programma siglato da Rfi con il ministero delle Infrastrutture mentre la quota rimanente sarà finanziata a breve ­ che riguardano scali del calibro di Genova, Trieste, Ravenna e Taranto. «L’obiettivo strategico – spiega Gentile – è allacciare i porti alla rete dei grandi corridoi europei Ten­T che attraversano l’Italia: Scandinavia­Mediterraneo, Reno­Alpi, Mediterraneo, Baltico­Adriatico. Un obiettivo fissato dal piano nazionale della portualità e della logistica per rafforzare la competitività del sistema mare e potenziare il ruolo dell’Italia negli scambi internazionali». Una strategia che si sposa con la cura del ferro avviata dal ministro Graziano Delrio e in linea con gli obiettivi dell’Unione europea: trasferire il 30% del trasporto merci su ferro entro il 2030 e il 50% entro il 2050. A Taranto (investimenti finanziati per 26 milioni) il potenziamento della stazione di Cagioni, all’interno dello scalo, è previsto per febbraio 2019, mentre il collegamento con la piastra logistica è previsto per maggio 2019. Trieste (investimenti finanziati per 60 mi­lioni), primo porto italiano per movimentazione ferroviaria, gioca un ruolo decisivo su due distinte catene logistiche: i collegamenti marittimi intercontinentali a lungo raggio e le relazioni a corto­ medio raggio intra ­mediterranee. La profondità dei fondali (pari a ­18 metri) permette a Trieste l’attracco anche a navi portacontainer di ultima generazione. A Trieste, Rfi prevede entro il 2023 di ultimare il potenziamento della stazione Campo Marzio e l’adeguamento delle linee di collegamento tra lo scalo e la rete ferroviaria nazionale. Il piano è stato studiato per ridurre le manovre tra il porto e la stazione di arrivo/partenza dei treni. Anche Genova Campasso (investimenti finanziati per 26 milioni di euro) sarà interessata da lavori di potenziamento. Per quanto riguarda il terminal di Voltri Mare, gli interventi sono articolati in due fasi: la prima fase, già finanziata e attualmente in corso, prevede un assetto transitorio dell’impianto merci in attesa che si risolva l’interferenza con il viadotto autostradale di collegamento tra l’autostrada A10 e il porto di Voltri (progetto di competenza dell’Autorità Portuale). A Livorno, lo scorso dicembre, è stato inaugurato il nuovo terminal Livorno Darsena (investimento pari a 43 milioni), che consente il collegamento ferroviario diretto tra il porto e la linea Tirrenica,a Nord. L’opera agevola il passaggio delle merci dai container alla rete ferroviaria nazionale con l’eliminazione del passaggio dallo scalo merci di Livorno Calambrone. Inoltre, il nuovo impianto ferroviario è attrezzato con binari a modulo da 750 metri, così come prevede lo standard europeo. Interventi sono previsti anche nel porto di Ravenna (eliminazione interferenze con rete viaria, adeguamento sagoma, prolungamento dorsale merci: investimento finanziato per 20 milioni). Per quanto riguarda gli interporti,è di pochi giorni fa l’accordo tra Rfi e l’interporto Quadrante Europa di Verona. L’intesa prevede un nuovo terminal di carico e scarico con gru a portale, aree di stoccaggio e binarie di arrivi e partenze di 750 metri. Il Quadrante Europa potrà così sfruttare al meglio l’apertura della galleria di base del Brennero, prevista nel 2026, e la sua posizione strategica che permette di intercettare due corridoi europei Ten­T, Scandinavia Mediterraneo (Helsinki ­-La Valletta) e Mediterraneo (dalla penisola iberica all’Ucraina).

Il Sole 24 Ore/Impresa & Territori – 19.03.2017

© Riproduzione riservata

Opere, risparmi per 800 milioni

17 Marzo 2017

Individuati 25 grandi lavori. Da trovare: 25,5 miliardi

di Andrea Mascolini

Fra le grandi infrastrutture strategiche ancora ritenute prioritarie dopo la project review condotta dal ministero delle infrastrutture, pari a 90 miliardi, il 28% (in valore) riguarda opere in fase di progettazione, il 4% riguarda lavori in gara, il 32% concerne lavori in fase di esecuzione; il 18% lotti di lavori approvati ma non ancora avviati e un altro 18% è relativo a lavori ultimati (per un importo di 15,8 miliardi). E’ questo il dato di sintesi che emerge dall’undicesimo rapporto della camera sullo stato di attuazione del programma delle infrastrutture strategiche (di cui all’ormai abrogata Legge obiettivo) predisposto in collaborazione con l’Anac e con il Cresme. Il costo del programma delle infrastrutture strategiche (Pis), aggiornato al 31 dicembre 2016, ammonta a 278,2 miliardi di euro, in riduzione di circa 800 milioni (-0,3%) rispetto ai dati del rapporto precedente. Il 32% del costo del Pis 2016, pari a 89,6 miliardi, è relativo alle venticinque opere prioritarie che, sulla base delle indicazioni dell’Allegato al Def 2016, dovrebbero confluire nel primo Documento pluriennale di pianificazione (Dpp) al quale sta lavorando il ministro Delrio con il capo della struttura tecnica di Missione Ennio Cascetta. Il restante 68%, pari a 188,6 miliardi, è invece riconducibile a opere non prioritarie inserite nell’11° Allegato infrastrutture. Per quel che riguarda il livello di attuazione delle opere (valutato nell’arco temporale intercorrente tra la prima fase progettuale dello studio di fattibilità e l’ultimazione dei lavori) che riguarda 981 lotti in totale del Pis, 104 lotti sono di lavori in corso di esecuzione insieme a 38 lotti con contratto approvato e in attesa di avviare i lavori (circa 64 miliardi di cui 45,5 miliardi riguardano interventi riferiti a opere prioritarie e 18,3 miliardi interventi riconducibili a opere non prioritarie). Per quel che concerne lo stato di avanzamento di 201 lotti di opere prioritarie, tra opere, interventi, sottointerventi e ulteriori dettagli, i lotti con lavori in corso di esecuzione e in attesa di iniziare i lavori hanno un valore di circa 45,5 miliardi, pari al 50% del costo complessivo delle venticinque opere prioritarie al 31 dicembre 2016 (di cui sei opere ferroviarie per circa 41 miliardi, pari al 46% del costo totale delle venticinque opere prioritarie). In particolare, i lavori in corso di esecuzione hanno un costo di circa 29 miliardi, pari al 32% del costo complessivo delle opere prioritarie. Un altro 18% del costo, pari a circa 16,5 miliardi, riguarda lotti con contratto approvato e lavori non avviati. I lotti in progettazione hanno un costo di circa 24,8 miliardi e rappresentano il 28% del costo delle opere prioritarie (circa 90 miliardi). Rientrano in questo gruppo, tra gli altri, alcuni lotti di importo rilevante dei collegamenti ferroviari TorinoLione, Napoli-Bari, Palermo-Catania-Messina e i lotti costruttivi 5 e 6 del valico del Brennero. I lotti in gara rappresentano il 4%, circa 3,2 miliardi. I lotti ultimati rappresentano il 18%, circa 15,8 miliardi. In tale ambito (opere prioritarie), l’importo dei lotti con lavori in corso di esecuzione ammonta complessivamente a circa 42 miliardi di euro, mentre 22 miliardi fanno riferimento a lotti con contratto approvato e in attesa di avviare i lavori. Rispetto al costo delle opere prioritarie, le disponibilità finanziarie ammontano complessivamente a circa 64 miliardi di euro, mentre il fabbisogno residuo ammonta a circa 25,5 miliardi. C’è quindi copertura finanziaria per il 71,5% del costo; per il 61,8%, 55,3 miliardi, sono rappresentate da finanziamenti pubblici e per il 9,7%, 8,7 miliardi, da finanziamenti privati.

Italia Oggi – 17.03.2017

© Riproduzione riservata

A gennaio il porto di Venezia ha registrato un aumento delle merci varie e un calo delle rinfuse

16 Marzo 2017

Complessivamente sono state 2,2 milioni di tonnellate di merci

Il porto di Venezia ha iniziato il 2017 registrando nel primo mese dell’anno un calo del -4,6% del traffico delle merci movimentato che è stato determinato da una riduzione dei volumi di rinfuse. Complessivamente il traffico totale è stato pari a 2,2 milioni di tonnellate rispetto a 2,3 milioni di tonnellate movimentate nel gennaio 2016.
Nel segmento delle merci varie il traffico è cresciuto del +18,3% salendo a 782mila tonnellate, di cui 451mila tonnellate di merci in in container (+4,2%), 94mila tonnellate di rotabili (+37,2%) e 237mila tonnellate di altre merci varie (+48,3%). Nel settore delle rinfuse liquide sono state movimentate 656mila tonnellate di carichi, con una flessione del -18,9% causata dalla contrazione del -25,7% del traffico di prodotti petroliferi raffinati, che è stato pari a 521mila tonnellate, parzialmente compensata dall’aumento del +5,0% dei prodotti chimici che hanno totalizzato 106mila tonnellate. Il traffico complessivo delle rinfuse secche è diminuito del -8,9% a 744mila tonnellate a seguito del calo del -17,5% dei volumi di carbone e lignite scesi a 244mila tonnellate, del -30,6% dei prodotti metallurgici (173mila tonnellate), del -17,0% dei mangimi, foraggi e semi oleosi (136mila tonnellate) e del -46,6% dei minerali e materiali da costruzione (25mila tonnellate), mentre in crescita sono risultati i cereali (125mila tonnellate, +266,6%), i prodotti chimici (5mila tonnellate, +17,8%) e le altre rinfuse solide (35mila tonnellate, +59,0%).

InforMARE – 16.03.2017

© Riproduzione riservata

Porti: Trieste, accordo con Area Park per 6.000 posti lavoro

15 Marzo 2017

Protocollo per sviluppo industria manifatturiera tecnologica

L’Autorità portuale di sistema dell’Adriatico orientale e Area Science Park di Trieste hanno firmato oggi un protocollo di cooperazione che punta ad attirare nello scalo giuliano industria manifatturiera ad alto valore tecnologico.

“L’obiettivo primario è la creazione di posti di lavoro fino a 6mila unità in 5-10 anni”, ha dichiarato la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, presente per la firma del protocollo, che si è svolta nel palazzo della Regione; al suo fianco il presidente dell’Autorità portuale, Zeno D’Agostino, e il presidente dell’Area di ricerca, Sergio Paoletti.

I due enti vogliono collaborare per realizzare un modello di sviluppo industriale innovativo, basato sull’integrazione e la valorizzazione di asset già presenti sul territorio: dalla logistica portuale all’elevata concentrazione di enti di ricerca con personale altamente qualificato.

Ansa/Mare – 15.03.2017

© Riproduzione riservata

Verona: nuove infrastrutture per il trasporto merci su ferro

14 Marzo 2017

Nell’ambito di quanto previsto nel Protocollo d’intesa sottoscritto dal presidente del Consorzio ZAI Matteo Gasparato e dall’amministratore delegato e direttore generale di Rete Ferroviaria Italiana Maurizio Gentile, sono stati decisi gli interventi di sviluppo degli impianti ferroviari e intermodali dell’Interporto Quadrante Europa di Verona. Sarà realizzato infatti un nuovo terminal di carico e scarico con gru a portale, aree di stoccaggio e binari di arrivi e partenze di 750 metri, così come previsto dagli standard europei.

In particolare, per l’ingresso Ovest di Verona, saranno realizzati tre binari di arrivo e partenze per l’inoltro diretto dei convogli dalle direttrici Ovest-Est alle aree intermodali del Quadrante Europa. I tre binari potranno essere ampliati fino a costruire un nuovo fascio arrivi e partenze di 10 binari con modulo 750 metri, accogliendo e rilanciando i flussi di traffico da e per i principali porti sui versanti tirrenico e adriatico. Inoltre, verrà progettato un sistema di viabilità stradale per migliorare le operazioni di booking, stoccaggio e filtraggio delle merci che arrivano su gomma.

Gli interventi si inseriscono nel nuovo modello organizzativo e gestionale del comprensorio ferroviario di Verona, in coerenza con il progetto di collegare i principali terminal alla rete ferroviaria, realizzando così un autentico trasporto intermodale gomma/ferro e migliorando la sostenibilità economica e ambientale del traffico merci.

“Gli importanti interventi al Quadrante Europa – ha sottolineato Maurizio Gentile, ad e dg RFI – fanno parte del più vasto piano di Rete Ferroviaria Italiana per supportare e incrementare il traffico merci su ferro. Assumono un’importanza ancora maggiore se si considera la posizione strategica dell’Interporto, che intercetta i traffici Ovest-Est, sul Corridoio Mediterraneo, e Nord-Sud, grazie al corridoio ferroviario che va dal Meridione ai bacini industriali europei più importanti e che sarà potenziato con l’apertura della nuova Galleria del Brennero”.

Il presidente del Consorzio Zai Matteo Gasparato ha commentato: “Questo piano di sviluppo ci permette di continuare ad essere i protagonisti del mercato intermodale a livello europeo. Si intensificano sempre più le sinergie tra Consorzio Zai e RFI che permettono di realizzare nuovi traguardi e attività per mantenere ai vertici il modello Quadrante Europa. Abbiamo intrapreso un percorso di realizzazione del terminal da 750 metri unico in Italia per la sua valenza in ambito logistico.”

I contenuti del Protocollo rientrano nella cosiddetta “cura del ferro” avviata dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, in linea con gli obiettivi fissati dal Libro Bianco dei Trasporti dell’Unione Europea: trasferire il 30% del trasporto merci su ferro entro il 2030 e il 50% entro il 2050. Il Quadrante Europa potrà così sfruttare al meglio l’apertura della Galleria di base del Brennero, prevista nel 2026, e la sua posizione strategica che permette di intercettare due Core Corridor europei TEN-T, Scandinavia-Mediterraneo (Helsinki – La Valletta) e Mediterraneo (dalla penisola iberica all’Ucraina). Inoltre, il potenziamento infrastrutturale del terminal si inserisce nel più ampio quadro di investimenti che saranno realizzati sull’asse Torino – Trieste, con il completamento del sistema Alta Velocità/Alta Capacità fra Brescia e Padova.

Trasporti-Italia.com

© Riproduzione riservata

Basta con i mega appalti

12 Marzo 2017

Colloquio Con Graziano Delrio

di Paolo Biondani e Giovanni Tizi

Grandi opere? «Meglio tanti piccoli progetti e poche grandi opere, solo quelle veramente utili». La legge obiettivo? «Un sistema pericoloso che abbiamo abolito». Le proteste contro i mega-cantieri? «Vanno realizzate le opere di cui la popolazione è convinta, il dibattito pubblico dev’essere la precondizione per farle». Graziano Delrio, 56 anni, nove figli, democratico di scuola dossettiana, già primo sindaco non comunista di Reggio Emilia, dall’aprile 2015 è il ministro delle infrastrutture, nominato da Renzi e confermato da Gentiloni. Su quella poltrona che scotta si è insediato dopo i clamorosi arresti per corruzione a Firenze, che portarono alle dimissioni dell’ex ministro Maurizio Lupi. Ora Delrio risponde alle domande dell’Espresso sui problemi sollevati dalle nuove indagini di Roma e Genova sul malaffare nei maxi-appalti. Molti sostengono che l’Italia avrebbe bisogno, più che di mega progetti miliardari, di tante piccole opere: scuole e case antisismiche, ferrovie locali… «Ho sempre detto che un piccolo pezzo di ferrovia dentro un porto può valere di più e creare più lavoro di molti chilometri di alta velocità inutile. Il punto è proprio questo: siano piccole o grandi, deve trattarsi di opere veramente utili. Questo principio fa parte del nostro programma di governo e lo stiamo attuando». Chi stabilisce quali opere sono utili? Da Tangentopoli a oggi le carte giudiziarie continuano a mostrare che le scelte dei progetti da finanziare sono spesso inquinate da interessi privati. «Questo è il problema centrale. In Italia non c’è mai stato un criterio oggettivo di scelta: le opere venivano finanziate in base a decisioni discrezionali o del tutto arbitrarie. Dentro la legge obiettivo abbiamo trovato più di 400 progetti. Tra le infrastrutture strategiche erano stati inseriti anche lavori locali da un paio di milioni. In questi mesi abbiamo rivisto tutto, abbiamo tagliato centinaia di opere inutili e confermato solo pochi progetti per i quali è evidente l’interesse pubblico: se un certo pezzo di ferrovia serve a completare un grande corridoio europeo, allora è giusto farla. Al ministero c’è una nuova struttura tecnica che non ha poteri discrezionali: applica criteri oggettivi, trasparenti, secondo linee-guida prestabilite, discusse e valutate in Parlamento». Ci fa un esempio concreto? «La TorinoLione. È un corridoio europeo, un’opera sicuramente utile, ma abbiamo fatto una revisione progettuale. Erano previsti circa 57 chilometri di gallerie per le tratte di adduzione, che abbiamo ridotto a 14 riutilizzando la linea storica. E i costi sono scesi da oltre quattro miliardi a un miliardo in tutto». Le ordinanze d’arresto dell’inchiesta “Amalgama” definiscono «criminogena» la norma della legge obiettivo che ha permesso alle imprese private di scegliersi il direttore dei lavori. «Era un sistema veramente pericoloso: il controllato che diventa controllore. Quella norma l’abbiamo abolita con il nuovo codice degli appalti». E i giudici gliene danno atto. Quella norma però faceva parte di un sistema che sembra viziato alla radice: il general contractor. Cioè il privato che sostituisce lo Stato. «È un sistema che abbiamo già ridotto ai minimi termini, nei limiti nelle possibilità legali, e che va superato definitivamente. La mia posizione è chiara: basta general contractor. Lo Stato che finanzia un’opera pubblica deve conservare il controllo sia sulla progettazione che sull’esecuzione. Non si possono affidare i progetti alle stesse imprese che li eseguono. Bisogna evitare quello che tecnicamente si chiama over-design: progetti sovradimensionati, con opere che vengono a costare il doppio. Le regole servono, lo Stato non deve rinunciare ai poteri di controllo: bisogna sempre verificare se e fino a che punto una spesa è nell’interesse pubblico». Quando lei è arrivato al ministero, era appena stato arrestato un dirigente potentissimo. Come ha affrontato il problema? Si è limitato a sostituire l’arrestato? «Abbiamo cambiato tutto il sistema di gestione delle infrastrutture. Abbiamo creato, appunto, una struttura tecnica, diversa dalla precedente, che non gestisce più l’esecuzione dei lavori. Fa la revisione critica dei progetti, la valutazione costi-benefici, ci dice cosa è utile finanziare e quanto. E lo fa applicando criteri oggettivi. È questa nuova struttura che ha gestito anche la revisione della Tav TorinoLione». Quella tratta dell’alta velocità è il simbolo delle proteste popolari contro i mega-cantieri, che ora si ripetono per la Brescia-Verona e per molti progetti di nuove autostrade. Al ministero ne tenete conto? «Io e i miei tecnici sicuramente. La gente ha il diritto di capire con che criteri viene giudicata utile o no una certa opera. Dal passante di Bologna alla gronda di Genova, abbiamo introdotto il tema del dibattito pubblico. La popolazione deve essere convinta dell’utilità di un’opera, quindi ha diritto di partecipare attivamente a una discussione aperta e trasparente, come succede in Svizzera o in Germania. Il dibattito pubblico dev’essere la pre-condizione per realizzare un’opera pubblica». Le grandi opere hanno aggravato anche il divario territoriale: al Nord l’alta velocità è quasi completata, la spesa ha superato i 18 miliardi e il preventivo finale supera i 26; al Sud ne sono previsti 14, la metà, e i progetti sono ancora sulla carta. «È vero. Per le strade al Sud qualcosa si è fatto, anche se non sempre bene. Lo squilibrio più grande riguarda le ferrovie. Ma negli ultimi due anni abbiamo fatto partire l’alta velocità anche al sud: dopo la Napoli-Bari, sta finalmente per iniziare anche la Palermo-Catania. A spiegare le differenze di costi, però, sono anche i tunnel ferroviari: le Alpi sono al Nord». Al ministero i politici passano, gli alti funzionari restano. Non teme che ogni riforma venga paralizzata da superburocrati inossidabili? «Quando ero sottosegretario della Presidenza del Consiglio, ho imposto una rotazione completa degli incarichi direttivi. Nei paesi anglosassoni è la prassi. Ho cercato di applicarla anche al ministero, ma qui è più difficile, perché ci sono ostacoli legali e la legge va rispettata. Quel che si poteva fare, l’abbiamo fatto. Per il resto, dobbiamo aspettare la piena attuazione della legge Madia di riforma della pubblica amministrazione»

L’Espresso – 12.03.2017

© Riproduzione riservata

Infrastrutture strategiche, altri 6 miliardi

9 Marzo 2017

Il X Rapporto della Camera: finanziato il 71% delle 25 grandi opere di «serie A», ultimato il 18%

di Giorgio Santilli

In attesa della nuova programmazione degli investimenti pubblici in infrastrutture, che si dovrebbe concretizzare con il prossimo Def, lo Stato continua a puntare sulle opere strategiche prioritarie, una “scrematura” di qualità delle vecchie grandi opere della legge obiettivo.

Il X Rapporto sulle infrastrutture strategiche realizzato dal Servizio studi della Camera, in collaborazione con l’Anac e il Cresme, per la Commissione Ambiente, evidenzia infatti che sono stati assegnati da aprile a dicembre del 2016 altri sei miliardi alle infrastrutture strategiche ferroviarie tra cui spiccano cinque opere: tunnel del Brennero, Terzo valico Milano-Genova, Napoli-Bari, Palermo-Catania-Messina e Pescara-Bari. Sul versante stradale, invece, viene sottolineata soprattutto «la prosecuzione dell’attività di revisione dei progetti esistenti», la cosiddetta «project review» che in particolare ha riguardato Salerno-Reggio calabria, SS 106 Jonica, Orte-Mestre, Maglie-Santa Maria di Leuca. A questo aggiornamento progettuale, che significa soprattutto forte riduzione dei costi e contingentamento dei tempi, in realtà, non si sono sottratti neanche alcuni importanti interventi ferroviari come la Tav Torino-Lione e il sottoattraversamento di Firenze.
Il terzo fenomeno che il Rapporto evidenzia è «l’avvio della programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) per il periodo 2014-2020, nell’ambito del quale sono stati sottoscritti alcuni Patti con le Regioni e le Città metropolitane e sono state assegnate le risorse».
Le 25 opere strategiche prioritarie hanno un costo di 90 miliardi rispetto a un programma complessivo ereditato dalla legge obiettivo di 278 miliardi. È quel piano da 90 miliardi quello che conta e che concretamente marcia.
Crescono le opere ultimate che ammontano a 15,8 miliardi mentre le opere con «obbligazioni giuridicamente vincolanti» (in estrema sintesi che sono già in corso di lavori o sono state comunque già appaltate) ammontano a 45,5 miliardi mentre quelle senza contratto ammontano a 28,2.
In percentuali, il 18% circa è stato ultimato mentre un altro 50,7% è in corso o già appaltato o comunque contrattualizzato. Resta un 31,3% che è ancora in fase di progettazione o comunque precedente all’appalto.
Questo quadro ha una sua rilevanza anche per i prossimi mesi perché queste opere strategiche prioritarie, individuate prima dal Def 2015 e poi confermate nel 2016 dall’attuale ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, entreranno a far parte del Documento programmatico pluriennale (Dpp) cui stanno lavorando lo stesso Delrio e il capo della struttura di missione del ministero, Ennio Cascetta.

L’obiettivo di questo documento – che Delrio potrebbe allegare al Def o presentare subito dopo – è chiudere la lunga fase di incertezza programmatoria legata alla conclusione della stagione della legge obiettivo senza che un nuovo quadro programmatico fosse definito. Al tempo stesso il Dpp porterà a compimento il processo di scrematura dell’elefantiaco programma della legge obiettivo che di fatto ne aveva rallentato l’esecuzione, accrescendo il rapporto fra opere programmate e risorse disponibili. Oggi il rapporto fra opere strategiche prioritarie programmate e risorse disponibili è ben più sostenibile visto che sono finanziate per il 71,5% (64.018 milioni su 89.570) mentre la quota scoperta e in cerca di risorse è il 28,5%.
Nel Dpp Delrio potrebbe inserire nuove priorità, in parte finanziate con il Fsc già deliberato (soprattutto nel Mezzogiorno). Un esempio è quello del «piano metropolitane» che ripropone uno strumento di finanziamento per le città che si era perso da almeno 15 anni dopo lo svuotamento della legge 211. Nel Documento entreranno certamente anche opere infrastrutturali meno grandi e meno pesanti come le piste ciclabili.

Il Sole 24 Ore – 09.03.2017

© Riproduzione riservata

D’Agostino: «Giusto puntare su Genova e Trieste»

8 Marzo 2017

Il governo italiano promuove i due porti durante la visita in Cina «Scelta errata scommettere sul Pireo, lo ha capito anche Pechino» Sulla stazione di Campo Marzio è pronto un investimento pubblico di 50 milioni più altri 20 stanziati da parte di Rfi

di Alberto Ghiara

Dopo la Brexit, anche in Francia l’adesione all’Unione europea è messa in discussione. Un indebolimento dell’Europa e dei suoi progetti di integrazione infrastrutturale metterebbe a rischio la vocazione internazionale del porto di Trieste? «Mercati chiusi – risponde Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico orientale ­ come quelli che si determinano per gli embarghi, creano impatti forti e pesanti. Noi quest’anno non andremo più in fiera a Mosca a causa dell’embargo. A parte queste azioni politiche e commerciali di tipo molto forte e pesante, venendo al punto della domanda: le infrastrutture ferroviarie al servizio di Trieste ci sono, non abbiamo timori. La recente inaugurazione del treno per Kiel dimostra che non c’è un problema di capacità ferroviaria sul corridoio Adriatico­-Baltico. Iniziative progettuali europee sui nostri corridoi di riferimento ci toccano meno rispetto ad altri porti. Da un altro punto di vista, con l’attuale situazione internazionale, se da una parte si chiudono certe possibilità, se ne aprono altre. Ad esempio i punti franchi del porto di Trieste sono un elemento importante con la Turchia, finché rimane fuori dall’Unione europea». Qual è la situazione del porto franco? «Nell’ultimo anno abbiamo creato nuovi punti franchi fuori dell’ambito portuale, a Fernetti, Prosecco e nella zona delle Noghere. Abbiamo trattative con diversi soggetti interessati a operare in questi punti, l’obiettivo del 2017 è consolidare operazioni di questo tipo e non solamente gli investimenti da parte dei terminal portuali, come nel 2016». E il decreto promesso in autunno? «Delrio ha licenziato un testo di decreto attuativo sul punto franco a fine novembre. Quel decreto ha bisogno ancora della condivisione del mini­stero Economia e finanza. Siamo in attesa di un decreto attuativo dal 1994». Il ministro Graziano Delrio, durante il suo recente viaggio in Cina, ha indicato i porti di Genova e Trieste come vie di ingresso nell’Unione europea. Che importanza ha avuto questa dichiarazione? «L’Adriatico ha acquisito un’importanza fondamentale per il fatto del Pireo, che in ottica cinese doveva essere l’hub d’ingresso terrestre all’Europa della via della seta. E’ stato un errore di valutazione perché non si può pensare che si costruiscano infrastrutture in Europa come si costruiscono in Cina. Il Pireo può essere una grande piattaforma di transhipment, ma non il gateway vero con cui la Cina pensa di entrare in Europa. Penso che di questo i cinesi abbiano preso coscienza. Genova da una parte e Trieste dall’altra hanno una logica rispetto a quello che la Cina ha fatto fino ad adesso». Il fatto che sia stato Delrio a parlare è utile? «L’interlocuzione governativa per i cinesi è fondamentale. Delrio ci ha preso in pieno. Ha dimostrato che il governo rappresenta la portualità italiana. Finora i porti si muovevano in ordine sparso, una modalità che non è gradita dalla Cina e da altri paesi. Arrivare lì con una riforma dei porti che centralizza le decisioni e vede nel governo un punto di riferimento, per dare ai cinesi un interlocutore con cui chiarire le loro intenzioni in Italia e in Europa, è un ottimo messaggio e una buona mossa strategica». Il porto di Trieste ha già investito molto sulla ferrovia, cosa vi resta da fare? «In due anni il traffico via treno è quasi raddoppiato, +27 per cento nel 2016 rispetto al 2015 e addirittura +68 sul 2014. Siamo i primi in Italia e la cosa non si ferma qui. I dati di gennaio 2017 ribadiscono questo trend. I due terminalisti turchi che hanno espresso più del 50 per cento del traffico ferroviario del 2016 stanno facendo importanti investimenti sul molo V e sul molo VI per infrastrutture e gru per carico e scarico dei treni. C’è un investimento pubblico di 50 più 20 milioni di Rfi e Autorità di sistema su Campo Marzio, la stazione attuale del porto, ma stiamo andando a recuperare con 27 milioni di euro già stanziati, 17 del Cipe e 10 di Rfi, anche le stazioni di Servola e Aquilinia».

L’Avvisatore Marittimo – 08.03.2017

© Riproduzione riservata

Crociere: Vtp Venezia, immutate le tariffe dei servizi per il 2017

Obiettivo incrementare traffico crocieristico

Il Consiglio di Amministrazione di Venezia Terminal Passeggeri – Vtp ha deliberato di non procedere con alcun adeguamento tariffario per i servizi di supporto alle navi da crociera per la stagione 2017.

“La trasformazione della Marittima da vecchio porto commerciale e industriale in moderno Porto Passeggeri ha comportato un’azione sinergica tra Autorità Portuale di Venezia e VTP con investimenti complessivi effettuati negli ultimi venti anni che ammontano a oltre 160 milioni di euro, ai quali Vtp ha contribuito per 70 milioni -,ha dichiarato il Presidente di Vtp Sandro Trevisanato -. Questa continua propensione all’innovazione ha portato il nostro Terminal a essere uno dei migliori a livello mondiale per qualità dei servizi offerti, sicurezza e comfort dei passeggeri, ma anche per funzionalità delle strutture messe a disposizione, spesso realizzate con progetti innovativi sviluppati internamente. Il livello di efficienza raggiunto ci permette oggi il mantenimento delle tariffe dell’anno scorso, mantenendo inalterata la qualità dei servizi offerti”.

“La scelta di Vtp è sicuramente in controtendenza rispetto all’andamento del mercato di riferimento – ha commentato il Direttore Generale Galliano di Marco -. Tuttavia, si motiva con la volontà della nostra società di favorire e se possibile incrementare il traffico crocieristico nella Marittima di Venezia, che negli ultimi anni ha registrato un sensibile calo di passeggeri, prevalentemente a causa delle limitazioni di stazza lorda delle navi, in attesa dell’individuazione di una nuova soluzione di accesso al Terminal”. Continuerà, inoltre, con la partecipazione al SeaTrade Cruise Global 2017 di Fort Lauderdale il percorso di presentazione della “nuova Vtp”, teso a rafforzare ulteriormente le opportunità di informazione e di dialogo tra la società e i suoi stakeholder locali e internazionali.

Ansa/Mare – 08.03.2017

© Riproduzione riservata

Porti: Delrio nomina Musolino presidente Venezia-Chioggia

Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio ha nominato Pino Musolino presidente dell’Autorità del nuovo Sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale.

Musolino, 39 anni, veneziano, è giurista marittimista, con una pluriennale esperienza nei mercati asiatici. Ha ricevuto l’incarico al vertice del neo-costituito ente portuale veneziano, comprendente anche il porto di Chioggia. Il provvedimento di nomina firmato dal ministro è stato notificato oggi da parte del Comandante della Capitaneria di porto di Venezia, Goffredo Bon. Musolino assumerà da subito la guida dell’AdSP, nodo di primaria importanza per il rilancio della portualità nazionale.

Ansa/Mare – 08.03.2017

© Riproduzione riservata