Tav per Verona, ok del Tar Lazio Bocciato il ricorso ambientalista

Per i giudici romani non sussisterebbero i rischi ecologici denunciati Critiche ai ricorrenti Associazioni «poco» rappresentative ed il domicilio dei 5 Stelle a Calcinato è «formale»

di Pietro Gorlani

Risulta una Caporetto giuridica il tentativo – di una sessantina tra privati cittadini e associazioni ambientaliste – di fermare il Tav BresciaVerona a suon di carte bollate. Nella sentenza con la quale il Tar del Lazio ha affossato il ricorso (discusso il 9 gennaio) viene addirittura messa in dubbio la «legittimazione» di alcuni ricorrenti. Alcune associazioni vengono definite «di costituzione troppo recente da non possedere un adeguato grado di rappresentatività nell’area interessata». E vengono bacchettati anche i cinque parlamentari bresciani del Movimento Cinque Stelle che – solidali con il movimento No Tav – avevano preso domicilio parlamentare in quel di Calcinato. Un domicilio solo «formale» per i giudici romani.

Tranchant le risposte dei giudici alle numerose censure avanzate dall’avvocato veronese Fausto Scappini. «Inammissibile» la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea per violazione delle norme sull’affidamento dei lavori pubblici: «i ricorrenti risultano carenti di legittimazione attiva in quanto soggetti neppure astrattamente interessati a partecipare alla potenziale gara per l’aggiudicazione dell’opera». E la procedura di reiterare i vincoli d’esproprio, le richieste cautele in materia di cave e discariche, le integrazioni progettuali per tutelare il laghetto del Frassino (patrimonio Unesco) e l’omonimo santuario? Doglianze bollate come «infondate». Perché «vengono genericamente dedotte carenze dello studio di impatto ambientale senza alcuna concreta indicazione delle circostanze dalle quali desumere l’effettiva sussistenza dei vizi e delle insufficienze denunciate». I giudici ricordano che «gli effetti della cantierizzazione sono stati oggetto di uno specifico studio di impatto ambientale, effettuando anche la stima delle polveri, le misure di mitigazione da attuare e le cautele da adottare per evitare la produzione e la dispersione di inquinanti, riservando alla progettazione esecutiva la quantificazione esatta dei rifiuti prodotti in sede di cantiere». Viene ricordato l’azzeramento delle nuove cave di prestito (ne era prevista una decina tra Brescia e Verona): ora gli inerti saranno acquistati sul posto. E le implicazioni sulla componente «idrogeologica ed idrica della zona risultano immuni dalle macroscopiche criticità segnalate dai ricorrenti». Il laghetto del Frassino, la bonifica della galleria di Lonato «sono oggetto di specifici approfondimenti (in continuo aggiornamento) e di apposite misure di mitigazione, finalizzate ad evitare interferenze delle opere da realizzare con le acque sotterranee, con terreni eventualmente contaminati e con le riserve naturali». E ricordano che non è scaduta la Valutazione d’impatto ambientale (Via) del 2003, perché l’obbligo di realizzare le opere entro 5 anni è contenuto nel decreto legislativo 4 del 2008. Per gli iter precedenti si applicano le vecchie norme.

Ora pare più vicino l’avvio dei cantieri, slittato (per ammissione del ministro Delrio) a settembre. I soldi (2 miliardi) per i 43 chilometri del primo lotto Calcinatello-Verona, ci sono. Ma manca ancora il progetto esecutivo (si deve stralciare lo shunt) che il Cipe avrebbe dovuto licenziare a marzo. Sull’intero iter si addensa anche l’ombra di un ricorso al Consiglio di Stato.

Corriere della Sera – 09.05.2017

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