La metropolitana di superficie, la regina delle incompiute trent’anni per andare in archivio

Il Sistema ferroviario metropolitano di superficie fu adottato nel 1988, presidente veneto era Bernini. Ripetute inaugurazioni-annuncio, poi nel 2018 l’accantonamento: «Economicamente irrealizzabile»

di Francesco Jori

Ci sono svariati modi per celebrare un anniversario; ma nessuno più originale di quello adottato nel 2018 dalla Regione Veneto per accompagnare la trentesima ricorrenza del varo di uno dei suoi progetti più innovativi, quello per l’avvio della metropolitana di superficie: cancellarlo.

Era il 1988 quando l’allora presidente Carlo Bernini firmava in pompa magna un protocollo d’intesa con le Ferrovie dello Stato e il ministero dei Trasporti per dare vita al Sfmr, sigla di Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale, ufficialmente inserito due anni più tardi nel Piano dei trasporti approvato dal Consiglio regionale.

Era il 2018 quando da palazzo Balbi, sede della Giunta, ne veniva annunciato il decesso per mancanza di pecunia: andando così ad aggiungere un ulteriore desolante capitolo al già denso catalogo delle grandi incompiute venete. Sepolto senza che mai fosse circolato neppure un convoglio, alla faccia delle tante pseudo inaugurazioni seriali in versione tarocco: tipo quella immortalata con una foto dell’allora presidente Giancarlo Galan travestito da capostazione, con tanto di paletta in mano.

Che si trattasse di un’idea innovativa, non c’è dubbio alcuno. Come spiegano i documenti ufficiali dell’epoca, si trattava di un progetto che prevedeva «l’attivazione di un servizio ferroviario regionale/suburbano ad elevata frequenza (ogni 15/30 minuti) con orario cadenzato lungo alcune linee ferroviarie nella Regione del Veneto»; il tutto sfruttando le ferrovie già esistenti integrate da nuove tratte e da nuove stazioni, in progetto o già realizzate.

Il piano era integrato da interventi di riqualificazione della rete stradale (ad esempio l’eliminazione dei passaggi a livello) e dalla riorganizzazione del trasporto automobilistico pubblico. Strada facendo, le ambizioni erano lievitate: nel secondo piano regionale trasporti, varato nel 2005, si delineava un mirabolante scenario in cui “il viaggiatore si sposterà da un punto all’altro del territorio potendo servirsi di più mezzi pubblici, utilizzando sempre e soltanto un solo titolo di viaggio, con stazioni dotate di aree per agevolare l’interscambio con gli autobus e le auto; con partenze dei treni ogni 15 minuti sincronizzati con il servizio pubblico locale».

Insomma, sarebbe stato il toccasana per guarire la “metropoli diffusa” veneta da quell’autentico cancro dell’overdose di traffico su strada i cui nefasti effetti tocchiamo con mano ogni giorno.Sarebbe: il condizionale è diventato presente, e soprattutto grigio futuro.

È diventato pure spreco, oltretutto: nel 2009, la Regione ha stanziato una vagonata di quattrini per acquistare da un’azienda svizzera venti treni dedicati. Nel 2011 è stato istituito un tavolo di lavoro per mettere a punto lo schema di orario cadenzato, ufficialmente presentato nel 2013.

Intanto, sono stati spesi altri pubblici denari: sono state costruite nuove stazioni ferroviarie, altre sono state ristrutturate, sono stati realizzati parcheggi di scambio, sono stati chiusi passaggi a livello (sostituiti da sottopassi o cavalcavia), è stato realizzato il quadruplicamento della linea Padova-Mestre, è stata elettrificata la linea Mira Buse-Venezia Mestre, è stata raddoppiata la tratta tra Camposampiero e Castelfranco Veneto, è stata in parte riattivata la Linea dei Bivi e si è in parte completata la riorganizzazione del nodo di Venezia Mestre.

Ma nessun servizio Sfmr è mai entrato in servizio. E nel 2018 la Regione ha decretato la morte al buio del progetto, «perché economicamente irrealizzabile». Certo, i numeri erano massicci: 1100 km di rete ferroviaria esistente verificata, 180 km di nuove linee ferroviarie, 407 passaggi a livello eliminati, 162 stazioni e fermate ferroviarie da ristrutturare, 37 nuove fermate e stazioni ferroviarie, 120 nuovi treni da adibire al servizio Sfmr.

Un costo importante per tradurre il tutto in pratica, non c’è che dire. Ma quanti soldi avrebbe consentito di risparmiare, considerando gli obiettivi che la stessa Regione Veneto aveva assegnato alla metropolitana di superficie, annunciandoli con ampio clangore di trombe? Rileggiamoli: «Decongestione delle varie reti stradali, riduzione dell’inquinamento atmosferico, aumento quota del trasporto pubblico e del trasporto su ferro». Inoltre, «l’Sfmr sarà un supporto sostenibile sul piano sociale, fisico-ambientale ed economico per rispondere all’aumento della domanda di mobilità nel Veneto, e sarà caratterizzato dall’efficacia del sistema e dall’attrattività». Tutto su un binario morto.

Nordest Economia – 12/10/2020

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