La maggioranza a Roma boccia il completamento dell’idrovia: «Così abbandoniamo il territorio»

Bocciato l’ordine del giorno di Caon (Fi): l’opera anti-dissesto resta al palo.

di Marco Bonet

Che non fosse esattamente in cima ai pensieri del governo (di questo come di quelli che l’hanno preceduto), lo si era capito da un pezzo. Ma nell’ambito dell’approvazione della manovra, domenica, dal parlamento è arrivata una nuova conferma del fatto che l’idrovia resterà buona per i convegni della logistica, i dossier contro il dissesto idrogeologico, qualche dibattito tra irriducibili appassionati del tema e poco altro. Nonostante in parlamento siedano infatti molti parlamentari veneti, e alcuni di loro – anche nella Lega e nel Movimento Cinque Stelle – provengano da Padova, Vicenza e Venezia, le province interessate dall’opera, l’ordine del giorno presentato da Roberto Caon di Forza Italia che impegnava l’esecutivo a completare l’opera è finito mestamente bocciato dall’aula.

La delusione del firmatario

Lo racconta lui stesso, con una certa delusione: «L’idrovia, a fronte di una somma non certo inaffrontabile per le casse dello Stato, metterebbe al sicuro dal rischio di alluvioni i territori di oltre 30 Comuni interessati dal bacino Bacchiglione-Brenta – ricorda il deputato azzurro -. Progettata nei lontani anni ‘60, è una delle grandi incompiute del Nordest. Tra i più accesi sostenitori del suo completamento il professor Luigi D’Alpaos, autore dopo il disastro del 2010 del piano per la sicurezza idraulica della Regione, rimasto in gran parte sulla carta». Ebbene, «la difesa di tre province venete dal pericolo di una nuova catastrofe sembra non sia tra le priorità del governo, né dei deputati veneti di Lega e Cinque Stelle che hanno votato contro il finanziamento di quest’opera, o che come il sottosegretario Massimo Bitonci hanno abbandonato l’aula al momento del voto per non trovarsi a dover dare spiegazioni imbarazzanti ai propri elettori. Quando dei deputati antepongono le logiche di partito alla sicurezza dei territori che li hanno mandati in parlamento, non è mai un bello spettacolo».

Va detto che un emendamento analogo, in quel caso presentato da Piero Ruzzante di Leu, era stato bocciato anche dal consiglio regionale, durante la discussione della legge di Bilancio di Palazzo Balbi: «L’emendamento chiedeva semplicemente di stanziare 5 milioni per il progetto funzionale al completamento dell’opera – disse all’epoca Ruzzante -. Ne deduco che manca da parte della Lega la volontà di arrivare entro i prossimi 3 anni non dico ad aprire i cantieri, ma nemmeno ad affidare la redazione del progetto. Eppure il completamento dell’idrovia è nel loro programma e nel Defr». Questo, d’altronde, pare essere il destino dell’idrovia: tutti la vogliono, per tutti è utilissima, ma nessuno è disposto a sborsare un euro per costruirla (non si tratta di pochi soldi: 450-500 milioni, una quindicina solo per chiudere la progettazione). Tempo fa anche l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin chiamò in causa il governo «amico», spiegando che tutto quel che la Regione poteva fare, l’ha fatto: «Ho scritto ai ministri competenti e continuerò ad evidenziare le nostre necessità a Roma nella speranza sia meno sorda rispetto agli ultimi anni. È chiaro che non si tratta di progettare una vasca da bagno, è un’opera complessa che necessità di ingentissime risorse finanziarie. Spetta al governo nazionale trovarle».

Rimpalli di responsabilità

Nell’attesa che la Corte dei conti chiarisca se vi siano o meno responsabilità per danno erariale (è stata aperto un fascicolo, finora senza esito), le opere complementari che sono state realizzate negli anni passati sono cadute in malora, divenute in larga parte inservibili e sono oggetto di continui rimpalli di responsabilità tra la Regione e i Comuni su chi debba occuparsi della loro manutenzione (dopo Genova a Mira il sindaco era pronto a emettere un’ordinanza contro la Regione; Palazzo Balbi ha infine stanziato allo scopo, proprio nell’ultima manovra, 1,4 milioni). Con un paradosso, evidenziato da Carlo Crotti, presidente dell’associazione che si batte per il completamento dell’opera: «Da un lato non si può lanciare un bando per il progetto definitivo-esecutivo perché in cassa non ci sono i 500 milioni necessari per realizzare l’opera. Dall’altro non si possono chiedere i soldi a Bruxelles o ai privati perché non si ha in mano un progetto che fissi le cifre. Intanto il ministro Toninelli invita le Regioni a presentare progetti per opere che contrastino il dissesto idrogeologico e il sottosegretario all’Ambiente Gava annuncia che a questo proposito sono già disponibili 159 milioni per il solo Veneto…»

Corriere del Veneto – 02/01/2019

© Riproduzione riservata