Infiltrazione mafiosa a Trieste. Porto senza carburante per rifornire le navi

“Rubinetti” chiusi alla Depositi Costieri spa dopo l’interdittiva. A secco anche Monfalcone e Capodistria. Si cercano soluzioni

di Gianpaolo Sarti

Da oggi, martedì 2 gennaio, il rifornimento di carburante in porto è bloccato. Le navi che attraccano a Trieste rischiano di rimanere a secco. L’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura a carico della “Depositi Costieri spa”, la società che si occupa della movimentazione e dello stoccaggio dei prodotti petroliferi nel punto franco oli minerali e su cui incombe una richiesta di fallimento della Procura per un debito erariale milionario, ha contraccolpi pesanti. Logistici ed economici. E investe non solo il nostro scalo, ma pure quelli limitrofi: perché da Trieste dipende anche l’approvvigionamento di Monfalcone e Capodistria, attraverso un sistema di trasporto affidato alle cisterne della “Giuliana Bunkeraggi”. Con i rubinetti chiusi ai serbatoi della Depositi Costieri, la ditta non può portare più nulla a nessuno. L’allarme, confermato dal presidente dell’Authority Zeno D’Agostino, non è di poco conto se si pensa che la maggior parte delle imbarcazioni destinate a quest’area dell’Adriatico spesso qui fa il pieno.

Tutto è accaduto in questi giorni per effetto dell’interdittiva disposta dalla Prefettura: uno stop all’attività della ditta, con tanto di dichiarazioni del procuratore capo Carlo Mastelloni che ha parlato di «infiltrazioni mafiose»; oltre alle indagini della guardia di finanza che miravano a far luce sull’ammanco erariale (32 milioni più 9 di sanzioni) dovuto al mancato pagamento delle accise. Ma il timore, al di là del debito fiscale, è che la spa triestina possa avere legami con la criminalità organizzata. «Le conclusioni a cui è arrivata la nostra istruttoria – spiegava l’altro giorno il prefetto Annapaola Porzio motivando la decisione dell’interdittiva – non ci fanno ritenere sufficientemente affidabile la società sotto il profilo di una totale assenza di infiltrazioni mafiose».

Le autorità devono aver avuto elementi di rilievo, evidentemente, per far scattare ciò. Il provvedimento, come emerso, è scaturito in seguito ai controlli compiuti in occasione di un passaggio di proprietà societaria che risale ai mesi scorsi: a giugno la Depositi Costieri è stata acquisita dalla Life, un’impresa composta da imprenditori campani.

Le quote della spa fino a quel momento erano in mano alla Giuliana Bunkeraggi, amministrata dal triestino Franco Napp. È lui che si è occupato della transizione con l’azienda meridionale. «Gli amministratori della Life che si sono rivolti a me operavano già su Depositi Costieri – puntualizza il manager -, avevano presentato garanzie in Dogana, avevano onorato tutte le scadenze e i bilanci erano in ordine. Quindi davano prova di solidità. Nulla poteva farci dubitare. Il debito contestato, comunque – chiarisce ancora Napp -, non è attribuibile a Depositi Costieri. Dobbiamo infatti ricordare che la società è andata in crisi perché è stata oggetto di una truffa. Era la Maloa (cliente della spa, ndr), come noto, che non aveva pagato le accise. Aveva fatto dei finti versamenti. Ma la Life, quando ha comprato la società, era ben conscia dell’ammanco fiscale. L’ha acquisita per avviare una politica di risanamento. Io vivo adesso questa situazione con estremo disagio, mi auguro si arrivi presto a una soluzione perché siamo d i fronte a un problema serio per il porto».

Ne è consapevole D’Agostino, numero uno dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale. Anche perché l’informativa antimafia era stata chiesta proprio dall’Authority prima di autorizzare la modifica della compagine societaria della Depositi Costieri. L’ente, peraltro, ha appena avviato la procedura di decadenza della concessione demaniale nei confronti dell’impresa.

Ma il porto, adesso, non ha più chi eroga il rifornimento di carburante alle navi. «La società (che porta avanti anche l’attività di terminal per i petroli raffinati, ndr) in questo momento è interdetta e non può agire, ma si tratta di un servizio di interesse pubblico effettuato all’interno dello scalo – afferma D’Agostino – quindi dobbiamo prendere provvedimenti al più presto. Non escludo un commissariamento dell’azienda. Noi abbiamo comunicato alla Prefettura l’interesse di carattere primario di questa società, quindi aspettiamo una convocazione». Le decisioni su come procedere con gli approvvigionamenti saranno prese a breve probabilmente in sede di conferenza dei servizi, a cui partecipano, oltre che la stessa Prefettura, pure la Capitaneria e la guardia di finanza. «Siamo in attesa di poter capire come è possibile trovare una soluzione che dia continuità al servizio – rileva D’Agostino -, la maggior parte della imbarcazioni che arrivano qui hanno bisogno di carburante».

Il Piccolo – 02.01.2018

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