MercinTreno, si chiude l’edizione 2020: cargo ferroviario in calo del 19% a causa del Covid

14 Ottobre 2020

Calo medio del 19% per cargo ferroviario e del 14% per l’intermodale ferroviario nel periodo marzo-giugno (fonte RAM). Questi i dati principali riguardanti gli effetti del Covid-19 sul settore intorno a cui si è discusso nella 12a edizione del Forum MercinTreno svoltosi ieri a Roma presso la sede del Cnel.

L’evento, per la prima volta in diretta on line, è stato la sede in cui i diversi attori impegnati nel settore del trasporto ferroviario di merci hanno potuto confrontarsi e avanzare proposte, trovandosi ad esempio tutti d’accordo sull’opportunità rappresentata dal Recovery Fund per lo sviluppo concreto del traffico ferroviario merci.

Da qui la proposta della creazione di un coordinamento nazionale per l’elaborazione di un piano condiviso da imprese e associazioni da sottoporre al Governo sulle misure che dovrebbero essere contenute nel Recovery plan.

Le imprese, nella consapevolezza che la crisi Covid-19 non si concluderà nel 2021 e che la ripresa economica, se ci sarà, sarà nel lungo periodo, hanno evidenziato la necessità di interventi immediati governativi per assicurare la liquidità alle gestioni e incentivi al settore nonché il consolidamento di quelli già riconosciuti.

In particolare, sul tema dell’ultimo miglio ferroviario, che rappresenta un punto fondamentale nel sistema, Raffaella Paita, presidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, ha annunciato l’avvio di un’indagine conoscitiva parlamentare.

Trasporti-Italia.com – 14/10/2020

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Verso le Olimpiadi: “Un commissario per le varianti di Cortina e Longarone”

13 Ottobre 2020

La richiesta del presidente della Provincia di Belluno, Padrin. Il ministro D’Incà: «Il governo crede nei due eventi e ci ha investito 700 milioni di euro». Benetton: «Flessibilità nell’organizzazione dei mondiali di febbraio»

di Ilario Tancon

Cortina 2021 e Milano Cortina 2026, moltiplicatori di opportunità da non lasciarsi sfuggire. Cosa occorre per vincere la sfida iridata e quella a cinque cerchi? Creare progetti condivisi, sfruttare i fondi europei, sconfiggere la burocrazia. I due grandi eventi sportivi che interesseranno a breve le Dolomiti Bellunesi sono stati al centro del dibattito “Olimpiadi 2026: le azioni programmate e da programmare per prepararci alla grande sfida. Infrastrutture, mobilità, turismo”, iniziativa proposta a Longarone Fiere nell’ambito della quarta edizione di Dolomiti Show, la fiera della montagna.

Protagonisti della tavola rotonda, coordinata da Paolo Cagnan, condirettore di Corriere delle Alpi, Tribuna di Treviso, Nuova Venezia e Mattino di Padova, ha visto gli interventi del ministro per i rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, dell’onorevole Roger De Menech, presidente del fondo comuni di confine, del presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, di Alessandro Benetton, presidente della Fondazione Cortina 2021, e di Marco Michielli, presidente di Federalberghi Veneto.

«Il governo crede nel turismo, come dimostra l’istituzione del bonus vacanze, e crede nei Mondiali e nelle Olimpiadi: per i due eventi ha messo nel piatto complessivamente quasi 700 milioni di euro», ha detto il ministro D’Incà che poi, a chi gli chiedeva se con le opere avviate ci sia il rischio di portarsi le mafie in casa, ha risposto che «le mafie devono temere questo governo: noi lavoriamo nella massima trasparenza».

«Da Mondiali e Olimpiadi ci aspettiamo un aumento e un miglioramento della ricettività», ha sottolineato ancora il ministro che ha aggiunto di «sperare in un’accelerazione dei cantieri Anas».

Proprio relativamente alle infrastrutture viarie si è detto preoccupato il presidente della Provincia, e sindaco di Longarone, Roberto Padrin. «La semplificazione burocratica è indispensabile e credo che per farci trovare pronti a dicembre 2025 con le varianti di Longarone e di Cortina occorra l’istituzione di un commissario governativo, fondamentale per velocizzare le pratiche e quindi la realizzazione delle opere», ha affermato il numero uno di Palazzo Piloni. «Occorre avere unità di intenti a tutti i livelli, a partire in primis da noi sindaci: il treno lo prendiamo ora o non lo faremo mai più».

Un invito forte a lavorare per migliorare le nostre infrastrutture è arrivato dal presidente di Federalberghi Veneto. «Dobbiamo rendere più facile l’accesso ai turisti, ai turisti del mondo», così Marco Michielli. «I Mondiali del 2021 sono un warm up in vista delle Olimpiadi ed entrambi gli eventi sono un’occasione straordinaria che non possiamo fallire. Ai miei colleghi albergatori dico di sfruttare al massimo le opportunità finanziarie che arrivano dall’Europa per ammodernare le strutture: dobbiamo proporre un turismo di qualità».

Michielli ha ricordato pure che alle Olimpiadi sono strettamente legate le Paralimpiadi. In questo senso, ha detto, «è doveroso, giusto e intelligente attrezzarci al meglio per rendere accessibili, o più accessibili, le nostre strutture».

Di mobilità integrata ha parlato molto Roger De Menech. «I nostri territori devono aver maggior capacità di progettazione nel lungo periodo», ha affermato il presidente del fondo comuni di confine. «Uno degli ambiti sui quali lavorare è il servizio di mobilità integrato: occorre pensare a un servizio che unisca la stazione di Mestre alle funivie e seggiovie delle nostre montagne».

Flessibilità è stata invece la parola chiave dell’intervento di Alessandro Benetton. «I Mondiali di sci alpino del prossimo febbraio saranno il primo grande evento post Covid», ha sottolineato il presidente della Fondazione Cortina 2021. «Siamo stati flessibili nel nostro operare e continuiamo a esserlo: stiamo infatti lavorando a diversi scenari possibili per questo grande evento. Uno potrebbe essere quello di avere una rassegna iridata con ingressi limitati ma uno potrebbe anche essere quello di dover vivere una evento a porte chiuse. In ogni caso, ci faremo trovare pronti a seconda di ogni evenienza».

Nordest Economia – 13/10/2020

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La metropolitana di superficie, la regina delle incompiute trent’anni per andare in archivio

12 Ottobre 2020

Il Sistema ferroviario metropolitano di superficie fu adottato nel 1988, presidente veneto era Bernini. Ripetute inaugurazioni-annuncio, poi nel 2018 l’accantonamento: «Economicamente irrealizzabile»

di Francesco Jori

Ci sono svariati modi per celebrare un anniversario; ma nessuno più originale di quello adottato nel 2018 dalla Regione Veneto per accompagnare la trentesima ricorrenza del varo di uno dei suoi progetti più innovativi, quello per l’avvio della metropolitana di superficie: cancellarlo.

Era il 1988 quando l’allora presidente Carlo Bernini firmava in pompa magna un protocollo d’intesa con le Ferrovie dello Stato e il ministero dei Trasporti per dare vita al Sfmr, sigla di Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale, ufficialmente inserito due anni più tardi nel Piano dei trasporti approvato dal Consiglio regionale.

Era il 2018 quando da palazzo Balbi, sede della Giunta, ne veniva annunciato il decesso per mancanza di pecunia: andando così ad aggiungere un ulteriore desolante capitolo al già denso catalogo delle grandi incompiute venete. Sepolto senza che mai fosse circolato neppure un convoglio, alla faccia delle tante pseudo inaugurazioni seriali in versione tarocco: tipo quella immortalata con una foto dell’allora presidente Giancarlo Galan travestito da capostazione, con tanto di paletta in mano.

Che si trattasse di un’idea innovativa, non c’è dubbio alcuno. Come spiegano i documenti ufficiali dell’epoca, si trattava di un progetto che prevedeva «l’attivazione di un servizio ferroviario regionale/suburbano ad elevata frequenza (ogni 15/30 minuti) con orario cadenzato lungo alcune linee ferroviarie nella Regione del Veneto»; il tutto sfruttando le ferrovie già esistenti integrate da nuove tratte e da nuove stazioni, in progetto o già realizzate.

Il piano era integrato da interventi di riqualificazione della rete stradale (ad esempio l’eliminazione dei passaggi a livello) e dalla riorganizzazione del trasporto automobilistico pubblico. Strada facendo, le ambizioni erano lievitate: nel secondo piano regionale trasporti, varato nel 2005, si delineava un mirabolante scenario in cui “il viaggiatore si sposterà da un punto all’altro del territorio potendo servirsi di più mezzi pubblici, utilizzando sempre e soltanto un solo titolo di viaggio, con stazioni dotate di aree per agevolare l’interscambio con gli autobus e le auto; con partenze dei treni ogni 15 minuti sincronizzati con il servizio pubblico locale».

Insomma, sarebbe stato il toccasana per guarire la “metropoli diffusa” veneta da quell’autentico cancro dell’overdose di traffico su strada i cui nefasti effetti tocchiamo con mano ogni giorno.Sarebbe: il condizionale è diventato presente, e soprattutto grigio futuro.

È diventato pure spreco, oltretutto: nel 2009, la Regione ha stanziato una vagonata di quattrini per acquistare da un’azienda svizzera venti treni dedicati. Nel 2011 è stato istituito un tavolo di lavoro per mettere a punto lo schema di orario cadenzato, ufficialmente presentato nel 2013.

Intanto, sono stati spesi altri pubblici denari: sono state costruite nuove stazioni ferroviarie, altre sono state ristrutturate, sono stati realizzati parcheggi di scambio, sono stati chiusi passaggi a livello (sostituiti da sottopassi o cavalcavia), è stato realizzato il quadruplicamento della linea Padova-Mestre, è stata elettrificata la linea Mira Buse-Venezia Mestre, è stata raddoppiata la tratta tra Camposampiero e Castelfranco Veneto, è stata in parte riattivata la Linea dei Bivi e si è in parte completata la riorganizzazione del nodo di Venezia Mestre.

Ma nessun servizio Sfmr è mai entrato in servizio. E nel 2018 la Regione ha decretato la morte al buio del progetto, «perché economicamente irrealizzabile». Certo, i numeri erano massicci: 1100 km di rete ferroviaria esistente verificata, 180 km di nuove linee ferroviarie, 407 passaggi a livello eliminati, 162 stazioni e fermate ferroviarie da ristrutturare, 37 nuove fermate e stazioni ferroviarie, 120 nuovi treni da adibire al servizio Sfmr.

Un costo importante per tradurre il tutto in pratica, non c’è che dire. Ma quanti soldi avrebbe consentito di risparmiare, considerando gli obiettivi che la stessa Regione Veneto aveva assegnato alla metropolitana di superficie, annunciandoli con ampio clangore di trombe? Rileggiamoli: «Decongestione delle varie reti stradali, riduzione dell’inquinamento atmosferico, aumento quota del trasporto pubblico e del trasporto su ferro». Inoltre, «l’Sfmr sarà un supporto sostenibile sul piano sociale, fisico-ambientale ed economico per rispondere all’aumento della domanda di mobilità nel Veneto, e sarà caratterizzato dall’efficacia del sistema e dall’attrattività». Tutto su un binario morto.

Nordest Economia – 12/10/2020

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Autostrada A22, l’Europa sbarra la strada alla proroga della concessione

Il senatore veronese del PD Vincenzo D’Arienzo riferisce di una lettera del commissario europeo per il mercato interno, il quale spiega che la proroga andrebbe contro alle regole europee

Con una lettera, il commissario europeo per il mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le piccole e medie imprese avrebbe chiuso la porta ad una proroga della concessione autostradale alla società che attualmente gestisce l’A22. La richiesta avanzata anche dal presidente della Provincia di Verona Manuel Scalzotto e dal sindaco di Verona Federico Sboarina sarebbe stata dunque bocciata dall’Europa e a darne notizia è stato il senatore veronese del Partito Democratico Vincenzo D’Arienzo. «La proroga darebbe luogo ad un affidamento senza gara incompatibile con la normativa europea in materia di appalti pubblici e concessioni e, inoltre, un siffatto affidamento senza gara sarebbe incompatibile con le norme in materia di aiuti di stato – ha spiegato D’Arienzo – La questione va chiusa definitivamente. Siano liquidati i privati e rinnovata la concessione “in house”, in modo da sbloccare i tanti milioni di euro di investimenti previsti per nuove opere sul nostro territorio».

E prima ancora di aver letto le carte, il sindaco Sboarina è intervenuto con un commento, in cui ha espresso i propri dubbi. «Forse la Commissione Europea non ha ben capito di cosa stiamo parlando – ha detto Sboarina – Per i territori attraversati dall’autostrada del Brennero quello che che conta è il traguardo che, per noi sindaci della tratta a sud, significa investimenti e l’avvio del piano di opere pubbliche di cui si parla da tempo. Non credo che questo sia immediatamente raggiungibile attraverso il percorso indicato dalla Commissione. A noi stanno a cuore i nostri territori, chi amministra lo sa, per questo ho fatto la battaglia per la proroga della concessione autostradale perché lo considero il percorso che possa garantire l’obiettivo. E non sono il solo a pensarla così. Infatti, al senatore PD D’Arienzo rispondo che ancora una volta dimostra di stare dalla parte dei burocrati e non da quella della gente, oltre al fatto che dentro al suo partito non tutti gli amministratori la pensano come lui. Si informi con gli enti locali attraversati a sud e governati dal PD, vedrà che la sua posizione centralista non è così condivisa».

Ma per D’Arienzo, Sboarina e Scalzotto sono responsabili «di aver ritardato di parecchio il rinnovo della concessione per l’Autobrennero e, di conseguenza, gli investimenti milionari previsti su Verona. La loro proposta è impossibile. L’unica soluzione possibile è il rinnovo “in house”, altrimenti ci sarà una gara e un russo o un cinese si potrebbe prendere una società che funziona e produce iniziative favorevoli al territorio. Se poi, la società non sarà in grado di rispettare il piano finanziario, allora ragioneremo in altri termini, considerato che il rinnovo “in house” consentirà la revoca della concessione in maniera molto più agevole».

VeronaSera – 12/10/2020

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Autostrada del Brennero, soldi e potere sulle opere

Modena e Verona divisi da Bolzano sulla società in house. Fugatti: proroga, parli Gentiloni

di Simone Casalini

La pronuncia della Commissione europea che — su carta intestata della Direzione generale del mercato interno — ha depennato l’opzione della proroga decennale non ha sciolto tutti i nodi dell’intricata matassa della concessione dell’Autostrada del Brennero, scaduta nel 2014 e da allora oggetto di proroghe. Il piatto della bilancia dovrebbe pendere senza esitazioni dalla parte della nuova società «in house» — ipotesi sostenuta dal ministero dei trasporti e dalla Provincia autonoma di Bolzano e già vidimata a Bruxelles — che sostituirà l’attuale compagine societaria, elidendo la presenza dei partner privati, e si intesterà una concessione di 30 anni. Ma chi ha cucito l’ordito della proroga decennale (Provincia autonoma di Trento e soci del sud, da Verona a Modena) esprime più di una riserva. Un’assemblea dei soci sarà convocata in tempi brevi, probabilmente già la prossima settimana, ma i termini dello scontro sono chiari. E riguardano i rapporti di forza con Roma e il rischio di marginalizzazione dei territori, l’abbondante piatto (7 miliardi) degli investimenti che potrebbe slittare e i nuovi assetti societari. «In un momento così delicato, come quello che stiamo attraversando a causa del Covid, credevo che la proroga decennale fosse la soluzione più equa. Vorrei capire come è stata contrattata. L’orizzonte della società in house, così come è stato tracciato, si profila come una statalizzazione. Non credo che nessuno dei soci pubblici possa avallarlo» afferma Manuel Scalzotto, presidente della Provincia di Verona e vicepresidente di A22. Delle criticità è conscio anche Arno Kompatscher, presidente della Provincia autonoma di Bolzano, ma non le cataloga tra gli elementi ostativi. «L’ipotesi in house è quella che sostengo con alcune necessarie modifiche sulla governance. Tutti cercano di trovare i problemi, io preferisco concentrarmi sulle soluzioni» argomenta. Il governatore trentino Maurizio Fugatti anticipa già la proposta che avanzerà agli altri soci: «Non mi accontento di una lettera firmata da Hubert Gambs (vicedirettore della Direzione generale del mercato interno della Commissione europea, ndr), credo che A22 meriti un’interlocuzione politica ad alto livello, come quella del commissario all’Economia Paolo Gentiloni».

Verso l’in-house?

È utile forse riavvolgere il nastro della storia per capire l’origine dell’attuale impasse. Nel 2014 la concessione dell’Autostrada del Brennero — che collega lungo 314 chilometri Campogalliano e il passo del Brennero, attraversando Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Trentino-Alto Adige — è scaduta e da allora si è proseguito con una serie di proroghe in attesa di capire, con Roma e Bruxelles, la composizione migliore del puzzle di interessi. Con un obiettivo comune: evitare la gara per non concedere un’arteria strategica nelle mani del privato con il rischio di disperdere quindi utili (70-80 milioni annui), ricavi (dai 400 ai 500 milioni) e la possibilità, soprattutto, di governare le scelte su un asse delicato. Il punto di caduta finale è stato la società «in house», cioè partecipata dagli attuali soci pubblici e senza quelli privati, a cui lo Stato potrà consegnare una concessione trentennale. Tutto in discesa? No. I soci privati — Serenissima, Società italiana per le condotte d’acqua, Banco popolare società cooperativa, Infrastrutture Cis: insieme controllano un esiguo 14,1575% — hanno chiesto, secondo indiscrezioni, 160 milioni per essere liquidati, la Corte dei Conti ha individuato in 70 il giusto compenso. Intanto, è avanzata anche la trama per la nuova architettura societaria (costruita sotto il ministero dem di Delrio e conclusa sotto quello pentastellato di Toninelli). La nuova cabina di regia diventerà il Comitato di indirizzo e coordinamento composto da sei membri. Il presidente (e un altro componente) viene scelto dal ministero dei trasporti, un altro componente da quello dell’Economia, uno dalla Regione Trentino-Alto Adige e gli altri due in accordo tra la Regione stessa e le altre amministrazioni territoriali. Il Comitato può votare a maggioranza con il voto favorevole e decisivo del presidente. Non solo, dal Comitato passano le strategie della nuova società e qualsiasi «assunzione di impegni di spesa superiori a euro 5 milioni». Praticamente anche le opere più minute dovranno essere avallate da Roma che orienterà le strategie future. La nuova concessione non prevede utili per i primi vent’anni e l’Autorità regolatrice dei trasporti ha fissato il coefficiente di incremento della produttività annua nel 3,91% per i primi cinque anni. Significa che la società futura, se sarà quella in house, dovrà tagliare costi per quasi il 4% (verosimilmente manutenzione e personale, attraverso il blocco del turnover).

La proroga fallita

Entro il 29 dicembre, ultima proroga fissata in parlamento, la partita potrebbe essere chiusa come dettato l’altro giorno dalla ministra dei trasporti De Micheli che ai soci pubblici ha inviato un messaggio chiaro: o l’in house o la gara. Una norma nella legge di bilancio prevederà la possibilità di liquidare i privati. I diretti interessati hanno già fatto trapelare che percorreranno la strada del contenzioso, invocando probabilmente la sospensiva sulla nuova società. Un conflitto che divide non solo i territori — Bolzano e Roma hanno una visione vicina, da Trento a Modena si perora(va) la proroga — ma anche i partiti (con il Pd dei territori in contrasto con quello romano). I sostenitori della proroga decennale puntavano a congelare il conflitto, tenendo in pancia anche una parte del fondo ferrovia (800 milioni) e gli extra-profitti (400 milioni) per i sei anni di proroghe contesi dal governo. Inoltre il piano economico-finanziario (4 miliardi iniziali) avrebbe potuto partire subito dando fiato all’economia locale. La dilazione temporale avrebbe anche consentito di approfondire una questione rimasta a latere: non è l’Unione europea ad escludere i privati dalle compagini in house — come si è spesso detto — ma il recepimento restrittivo dello Stato italiano con l’articolo 13 bis del decreto legge numero 148 del 2017. Modificarlo, si osserva, aprirebbe forse nuovi scenari.

Asimmetrie

Kompatscher è comunque certo che la prospettiva dei 30 anni con una nuova concessione sia comunque una traiettoria più redditizia. «Dobbiamo evitare la gara perché verrebbero meno i benefici per i territori, la tariffa ambientale e il controllo delle scelte — sottolinea il Landeshauptmann —. Con l’Europa abbiamo compiuto un tentativo estremo ma l’esito era già scritto, non avevo fiducia. Ora concentriamoci sugli aspetti da modificare: sul Comitato di coordinamento abbiamo già presentato una proposta correttiva che potrebbe essere recepita in legge. I soci privati? Ho raccolto i pareri di giuristi ed esperti, non credo che una loro azione legale possa bloccare la nascita della nuova società. È un’ipotesi remota. Con i soci pubblici ci riuniremo a breve e studieremo una posizione comune». L’altra Autonomia speciale, per voce di Fugatti, rallenta l’iter: «Non mi basta un parere tecnico, A22 è forse la società autostradale meglio amministrata in Europa e credo meriti un’interlocuzione politica di alto livello, come Gentiloni. È la proposta che rivolgerò ai soci. Possiamo discutere la durata della proroga che ha un suo fondamento. Se il commissario dirà no allora proseguiremo con l’opzione in house, lavorando per migliorarla».Nel mezzo del cammin dell’AutoBrennero però i toni sono anche più amari. «Sono pessimista e anche deluso per la pronuncia di Bruxelles — rivela Manuel Scalzotto, presidente della Provincia di Verona — La questione dei soci privati, che in A22 non orientano alcunché, è strumentale. Ho la sensazione che gli interessi dei territori siano stati un po’ sacrificati. Ora si profilano due espropri: quello a danno dei privati e quello a danno dei soci pubblici perché il comando delle operazioni passa a Roma». Anche Federico Sboarina, sindaco di Verona, è critico: «La Commissione europea non ha capito di cosa stiamo parlando. Per i territori attraversati dall’A22 quello che conta è il traguardo, sbloccare gli investimenti e l’avvio del piano di opere pubbliche». Al capo opposto del Brennero, il presidente dem della Provincia di Modena scandisce un concetto simile ma differente: «La proroga era la strada più veloce per avviare opere cruciali che per noi sono Cispadana, Campogalliano-Sassuolo, terza corsia da Modena a Verona e le opere di viabilità ordinaria — elenca Giandomenico Tomei —. Oggi si tratta di capire con la nuova impostazione se ci sono le risorse. L’assetto attuale della società in house si configura come una statalizzazione, inutile negarlo. Ma se ci sono queste opere a me va bene».

Corriere del Veneto/Economia – 12/10/2020

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15 milioni di euro da Anas per rimettere a nuovo la Transpolesana

Anas, società del Gruppo FS Italiane, ha consegnato oggi all’associazione temporanea di imprese Beozzo Costruzioni Srl (mandataria) – Ecovie Srl – Deon SpA – Brussi Costruzioni Srl e Salima Srl i lavori di riqualificazione e potenziamento della pavimentazione lungo la statale 434 “Transpolesana”, tra Verona e Rovigo.

Il valore dell’appalto, sviluppato tramite accordo quadro suddiviso in tre stralci, ammonta a circa 15 milioni di euro e si somma agli interventi già avviati a giugno – per un valore di 4,4 milioni di euro – tra Isola Rizza, San Pietro di Morubio e Arquà Polesine e a fine settembre sui ponti tra Legnago e Vangadizza.

La nuova e cospicua iniezione di risorse consentirà di avanzare nel risanamento profondo della pavimentazione in tratti saltuari lungo tutto l’asse della statale e le rampe di svincolo con lo scopo di elevare lo standard di servizio della statale.

L’avvio dei lavori, che sono inseriti nel Contratto di Programma Anas 2016-2020 alla voce “Potenziamento e riqualificazione Itinerari Statali”, è previsto entro la settimana.

RovigoOggi.it – 12/10/2020

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Porti: approvato bilancio Adsp Adriatico Settentrionale e via libera agli escavi

11 Ottobre 2020

Sarà ora possibile attingere a risorse necessarie per lo sviluppo della portualità veneta

Il Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Settentrionale Pino Musolino ha approvato oggi il Rendiconto Generale per l’esercizio 2019 dell’Ente. L’approvazione è avvenuta a seguito dell’emanazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del Decreto n.434 del 2/10/2020.

Con l’approvazione del Bilancio, bloccata dai Rappresentanti della Città Metropolitana di Venezia, Fabrizio Giri, e della Regione del Veneto, Maria Rosaria Campitelli, da cui era scaturito, ex-lege, il Commissariamento dell’Ente, sarà ora possibile attingere a risorse necessarie per lo sviluppo della portualità veneta. È anche in virtù di tale approvazione che il Commissario Straordinario ha potuto siglare oggi l’approvazione definitiva per l’escavo del Canale Malamocco-Marghera a quota Perp nel tratto compreso fra il Bacino di evoluzione 3 e San Leonardo. Un intervento che, unito al recente accordo raggiunto con il Piopp per il conferimento di oltre 500.000 mc di fanghi presso l’Isola delle Tresse, consentirà di risolvere i problemi di accessibilità nautica ai Porti di Venezia e Chioggia. Infine, il Commissario Straordinario ha informato le Imprese portuali non concessionarie autorizzate all’esercizio di operazioni portuali – nella fattispecie Ve.Port, Gm Service e Geodem-Ambiente – della possibilità di avvalersi di una proroga di un anno per l’esercizio delle attività previste posticipando peraltro il versamento del canone annuale al 31 dicemre 2021.

Ansa/Mare – 11/10/2020

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I porti italiani possono attrarre gli investitori globali

10 Ottobre 2020

L’analisi dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

I porti italiani potrebbero ancora attrarre investitori internazionali nonostante il calo del commercio marittimo a causa della pandemia di COVID-19. E’ quanto afferma un nuovo rapporto pubblicato ieri dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), un think tank italiano con sede a Milano.

“Il primo semestre dell’anno, quello caratterizzato dall’impatto del lockdown, ha visto il numero di merci in transito nei porti italiani contrarsi del 12% in termini di tonnellaggio”, afferma il rapporto dell’ISPI.

“Questi dati sono in linea con la contrazione del traffico del settore marittimo a livello globale, derivante non solo dalla COVID-19 ma anche dalle crescenti tensioni commerciali internazionali, in particolare quelle tra Cina e Stati Uniti”, aggiunge il rapporto.

Tuttavia, il rapporto ISPI prosegue affermando che operatori cinesi, olandesi, tedeschi e turchi stanno emergendo come possibili investitori nei porti italiani perché la posizione dell’Italia al centro del Mediterraneo la rende un hub per il traffico marittimo regionale e globale.

Gli analisti dell’ISPI spiegano che i porti italiani, per diventare più competitivi e attrarre investitori internazionali, devono aumentare la loro “intermodalità”, un termine del settore che si riferisce alla connessione di un porto con le infrastrutture ferroviarie. Infatti a marzo 2019 l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, che comprende il porto chiave di Trieste nell’Italia nord-orientale, ha annunciato di aver firmato un memorandum d’intesa con la China Communications Construction Company. Allora l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale in un comunicato affermava che il memorandum “ha formalizzato un accordo chiave sull’infrastruttura ferroviaria nella regione portuale del Mar Adriatico Orientale” e che l’intesa era “parte di un piano integrato per rafforzare il sistema di infrastruttura ferroviaria nell’area”.

Ansa/Mare – 10/10/2020

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Auto alimentazione alternativa: in Ue cresce il mercato sia in volumi che in peso percentuale

9 Ottobre 2020

Nel primo semestre del 2020 a fronte di un mercato complessivo in forte calo, le auto ad alimentazione alternativa crescono sia in volumi che in peso percentuale. È quanto emerge da una indagine ACEA sul mercato delle autovetture per tipo di motorizzazione sull’area UE a 24 Paesi (esclusi Bulgaria, Croazia, Malta) allargata all’EFTA e al Regno Unito.

Trend del mercato

Nel dettaglio, sono state immatricolate 988.550 nuove auto ad alimentazione alternativa, raggiungendo una quota del 19,5% sul totale mercato (era del 9,8% a gennaio-giugno 2019). Al buon andamento del mercato nel 1° trimestre del 2020 (+48%) segue una flessione del 4,3% nel 2° trimestre, con una quota che sale al 20,1% del mercato (era il 10,1% ad aprile-giugno 2019).

Secondo la tipologia di alimentazione, il mercato ad alimentazione alternativa si compone di: 399.421 auto elettriche (ECV), di cui 221.171 a batteria (BEV+fuel cell) e 178.750 ibride plug-in (PHEV+Extended Range); 514.519 ibride (HEV mild-full) e 74.610 auto a gas (gas naturale, GPL, E85).

La crescita del mercato “green” è determinata dalla vendita di auto elettrificate (ECV+HEV). Le auto ricaricabili (ECV) realizzano ottimi risultati in tutti i mercati (con le sole eccezioni di Cipro e Norvegia), grazie ad un arretrato di ordini, nuovi modelli e politiche di supporto. Il mercato è aumentato nel semestre del 61,5% e quello delle auto ibride mild-full del 15,7%, mentre le vendite di auto a gas calano del 41% rispetto a gennaio-giugno 2019.

Il segmento delle auto elettriche (ECV) vale il 40,4% del mercato ad alimentazione alternativa (era il 30,2% un anno fa) e si compone del 22,4% di auto BEV/FC e del 18% di auto PHEV/ER. Il segmento delle auto ibride mild- full (HEV) vale invece oltre la metà del mercato a trazione alternativa (52%). Infine le altre alimentazioni alternative (Metano, gpl, etanolo) rappresentano il 7,5 del mercato (era il 15,5% un anno fa).

Da gennaio a giugno 2020, quasi 1 consumatore su 5 ha optato per l’acquisto di modelli a trazione alternativa(19,5% di quota), con una scelta preponderante per i modelli elettrificati (40,4% ricaricabili, 52% ibride tradizionali, 7,5% gas).

primi 5 mercati a trazione alternativa dell’UE/EFTA/UK, che rappresentano il 68% del mercato europeo sono: Germania (21,1% del mercato europeo con 208.110 nuove immatricolazioni di auto +46%), UK (14,4%, 141.937 unità), Francia (13,1, 129.851 unità), Italia (13%, 128.818 unità) e Spagna (6,1%). La Polonia è il nono mercato ad alimentazione alternativa per dimensione, con una quota del 2,7% sul totale mercato ecofriendly europeo.

Il 72% delle auto ad alimentazione alternativa sono state immatricolate nell’UE14, pari a 712mila unità e una crescita tendenziale del 20%, mentre l’area dei nuovi Paesi membri vale solo il 6% del mercato con 63mila unità (+36%). Infine l’area EFTA, con 71mila nuove registrazioni, rappresenta il 7% del mercato e registra un calo dello 0,8% e UK vale il 14,4% del mercato europeo (+32%). Complessivamente l’Europa Occidentale (UE14/EFTA/UK) copre il 94% del mercato delle auto a trazione alternativa, con oltre 925mila nuove registrazioni (+20%). La quota delle auto “ecofriendly” nell’UE/EFTA/UK è pari al 19,5% del mercato complessivo.

Principali mercati ad alimentazione alternativa. In UE/EFTA/UK, nel 1°S 2020, 1 auto su 12,7 immatricolate è ricaricabile (era 1 su 28 nella media d’anno 2019). Nell’area EFTA il rapporto è di 1 auto ECV (BEV+PHEV) ogni 3 immatricolate. Il rapporto è di 1 auto ECV ogni 13 vendute in UE14 e 1 ogni 55 immatricolate nell’area dei nuovi Paesi membri, mentre in UK è 1 ogni 13.

Secondo questo rapporto, il paese leader per quanto riguarda le vendite di auto ricaricabili è la Norvegia (1 auto ogni 1,5 immatricolate), seguita da Islanda (1 ogni 2,3), Svezia (1:3,9), Finlandia (1:6,5), Paesi Bassi (1:7,9). A fondo classifica si trovano Cipro (1:400), Lituania (1:104), Grecia (1:100), Estonia (1:85) e Romania (1:84). Sebbene la quota media di mercato dell’UE dei veicoli a propulsione alternativa stia aumentando, esistono enormi discrepanze tra i Paesi europei.

Il mercato di auto ibride (HEV, ossia mild-full hybrid) a gennaio-giugno 2020 rappresenta oltre la metà delle auto ad alimentazione alternativa (514.519), in aumento del 15,7%. Il mercato delle auto a gas si ferma a 74.610 autovetture e diminuisce del 41%.

In generale, Norvegia, Islanda, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Ungheria, Italia, UK e Svizzera sono, tra i paesi europei, quelli che hanno il mercato ad alimentazione alternativa che pesa di più rispetto al proprio mercato totale: in Norvegia la quota delle autovetture ad alimentazione alternativa rappresenta quasi i 4/5 del mercato (78% di quota), in Islanda la quota è del 57%, in Svezia e Finlandia del 35%, nei Paesi Bassi del 25%, in Ungheria, Svizzera, UK e Italia attorno al 22%. I major markets europei Francia, Spagna e Germania hanno quote di auto ad alimentazione alternativa sul proprio mercato rispettivamente del 18,1%, 17,9% e 17,2%.

Nel 1° semestre 2020, in alcuni Paesi il mix tra le tipologie di alimentazione alternativa è molto differenziato: per la Norvegia si tratta soprattutto di auto puro elettrico che sono il 61,5% del mercato ad alimentazione alternativa norvegese, quota che sale all’87% con le ibride plug-in (insieme sono il 68,5% del mercato totale auto), per la Finlandia di auto ibride tradizionali (49% del mercato green finlandese) e ibride plug-in (35%), per l’Italia si assiste ormai al sorpasso delle auto ibride tradizionali (48%) su quelle a gas (39%), per la Svezia si assiste al sorpasso delle auto ibride plug-in (52%) su quelle ibride tradizionali (23%), per i Paesi Bassi di ibride tradizionali (47%) e di auto puro elettrico (37%), per la Spagna di ibride tradizionali (76%) e per il Regno Unito di auto ibride tradizionali (64%) e di puro elettrico (21,8%), come riportato nella tabella.

I Paesi che hanno quote di auto BEV rispetto al proprio mercato totale (tutte le alimentazioni) inferiori al 2% sono soprattutto nell’Europa centro-orientale, ma si evidenzia anche una marcata distinzione tra nord-sud Europa. Due dei cinque major markets hanno quote di auto BEV inferiori al 2%: Italia e Spagna. Esiste una forte correlazione tra l’acquisto di auto BEV e il tenore di vita di un Paese. Servono regimi di incentivazione più significativi e sostenibili per stimolare le vendite anche in quei Paesi dove la mobilità elettrica è ancora molto limitata.

Focus Mercato Auto Elettriche (ECV, include BEV, EREV, FCEV, PHEV)

Nel 1°S 2020 sono state immatricolate 399.421 nuove auto elettriche o a bassissime emissioni, +61,5% rispetto ad un anno fa, così ripartite: 221.171 auto puro elettrico (+34,8%) e 178.250 ibride plug-in (+114,3%).

Il segmento ECV ha registrato una crescita dell’81% delle vendite e nel 2° trimestre, nonostante l’impatto negativo notevole della crisi sanitaria sul mercato automobilistico, le vendite di auto elettriche ricaricabili sono aumentate del 41%. In particolare è cresciuto il segmento delle auto ibride plug-in: +126% nel 1° trimestre e +101% nel 2° trimestre.

Le vendite di auto BEV sono aumentate del 58% nel 1° trimestre e dell’11% nel 2°trimestre. Nel 2° trimestre le auto PHEV rappresentano il 47% del mercato ECV e le auto BEV il 53% (era il 57% nel 1° trimestre), mentre nel 1° semestre le auto PHEV rappresentano il 45%.

La Germania si conferma il mercato leader europeo delle auto ricaricabili, con 93.981 nuove registrazioni, pari al 7,8% del mercato tedesco di oltre 1,2 milioni di auto, davanti alla Francia con 65.215 su 716mila complessive (share 9,1%). Quasi 1 auto su 4 del mercato ECV europeo, è venduta in Germania (23,5%).

La Francia è il 2° mercato europeo di auto ricaricabili, che aumentano del 125% nei primi 6 mesi dell’anno e valgono la metà del mercato auto ad alimentazione alternativa francese (50,2%) e il 16,3% del mercato europeo ECV.

Il Regno Unito si piazza al 3° posto con 50.465 auto ricaricabili che valgono quasi il 13% del mercato europeo ECV e il 36% del mercato ad alimentazione alternativa inglese e il 7,7% sul mercato auto inglese. L’incremento delle vendite ECV nel 2° trimestre è stato del 48%.

L’Italia detiene il 7° posto con il 3,9% (+109% l’incremento dei volumi). Per l’Italia l’entrata in vigore dell’ecobonus a partire dal 1° marzo 2019, che incentiva le vendite di auto tra 0-60 gCO2km, ha influenzato positivamente il mercato ECV.

Focus Mercato Auto Ibride mild/full (HEVs3, escluso ibride plug-in)

Sono state immatricolate 514.509 nuove auto ibride tradizionali nel 1°S 2020, con una crescita del 15,7% rispetto ad un anno fa. Dopo un incremento delle vendite di auto HEV del 49% nel 1° trimestre, si assiste ad un calo del 13,7% nel 2° trimestre.

La Germania detiene la leadership della domanda europea di auto ibride tradizionali con 109.670 (+27%) vendite, superando il mercato HEV inglese. Il mercato tedesco delle auto ibride full+mild vale il 21% del mercato HEV europeo.

Il Regno Unito, al 2° posto, con 91.472 nuove immatricolazioni, registra una crescita del 13,9% e una quota del 17,8%.

A distanza, l’Italia rappresenta il 3° mercato europeo dell’auto ibrida tradizionale con 62.319 nuove immatricolazioni, una quota dell’12,1% e una crescita tendenziale del 12,1%.

Focus Mercato Auto a Gas, E85

Dopo l’aumento nel 4° trimestre 2019 del 28,5%, il mercato delle auto a gas/etanolo cala del 30% a gennaio-marzo 2020 e del 51% ad aprile-giugno.

L’Italia mantiene la leadership di mercato con il 68% (era il 74% a gennaio-marzo 2020) delle vendite europee di auto a gas. Sono state immatricolate 50.759 auto, un volume in calo tendenziale del 43%.

Al 2° posto, si piazza la Germania davanti alla Spagna, con 4.459 nuove immatricolazioni e una quota del 6% sul mercato europeo. Rispetto a un anno fa i volumi di auto a gas diminuiscono del 45%. La Francia è il 3° mercato con 4.459 auto vendute (+128%).

Obiettivo Green Deal

Affinché la mobilità a emissioni zero diventi un’opzione accessibile e conveniente per tutti gli europei – nota di ACEA e le Associazioni di settore dei vari Paesi – occorre un quadro di supporto che includa una fitta rete di punti di ricarica e stazioni di rifornimento a livello dell’UE adatto sia per autovetture che per veicoli commerciali, abbinato a schemi di incentivazione anche economicamente sostenibili.

Oggi sono disponibili sul mercato circa 200 modelli e versioni di auto elettriche a batteria e ibride plug-in. Le vendite in UE di auto a ricarica elettrica sono passate da 384mila nel 2018 a 564mila nel 2019. Gli ambiziosi obiettivi fissati nella nuova proposta sul clima della Commissione richiederanno ingenti investimenti aggiuntivi in infrastrutture, che si aggiungeranno agli almeno 2,8 milioni di punti di ricarica necessari per gli attuali obiettivi di CO2 per auto e furgoni.

L’automobilista europeo medio prova ancora ansia da “autonomia”, orientando le sue scelte verso veicoli a combustione. Per incoraggiare un più rapido rinnovo della flotta in tutti i segmenti di veicoli, dovrebbero essere istituiti sistemi di incentivi coerenti sia per gli utenti delle autovetture che per gli operatori dei veicoli commerciali.

Trasporti-Italia.com – 09/10/2020

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