L’economista spiega l’utilizzo del Recovery Fund europeo: «Il Veneto dev’essere capace di indicare i progetti giusti al governo»
di Roberta Paolini
«Per la sanità si può usare il Recovery Fund, non c’è una proibizione, anche se ci farebbero delle domande». Carlo Cottarelli, economista, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e visiting professor all’Università Luigi Bocconi, con l’attitudine del tecnico pone una questione pratica (per la sanità c’è il Mes da usare ndr) e apre ad un dilemma tutto politico.
Luca Zaia, confermato presidente del Veneto, con il suo scrigno di consensi ha messo in agenda alcuni temi cardine. Escludendo l’autonomia, stella polare del suo mandato precedente e rinnovato dalle urne, ha parlato di salute e lavoro. Ed è sicuramente lungo queste direttrici che potrà trovare un supporto alla mole di miliardi che grazie al piano Next Generation Eu arriveranno in Italia a partire dal 2021: 203 miliardi di euro. Circa un 10% del totale, tra finanziamenti e contributi a fondo perduto, secondo i calcoli, potrebbero essere destinati al Veneto. E quindi nessun programma di governo e sviluppo della regione potrà prescindere da come queste risorse (che per altro sono scomputate dal debito pubblico italiano) verranno utilizzate.
Quante risorse arriveranno al Veneto?
«I conteggi io non li ho fatti, ma il Veneto è una grande regione, fa circa 5 milioni di abitanti, siamo più o meno 60 milioni in Italia quindi un 10 per cento, una bella fetta arriverà. Dipenderà dai programmi, dalle proposte che farà il governo».
Il Governatore dice che i capisaldi sono salute e lavoro. Tenendo conto che in Veneto c’è un problema di emigrazione dei giovani che vanno a studiare in regioni vicine come Emilia Romagna e Lombardia. Quali potrebbero esseri gli interventi strutturali che la regione si potrebbe immaginare stando all’interno dei paletti previsti dal programma europeo?
«La salute è importante di per sé, non soltanto perché crea lavoro. Il tema lavoro è generico, quello è un obiettivo. La questione vera è come spendere i soldi per creare posti di lavoro. È come dire il nostro obiettivo è il reddito, quindi bisogna capire come investire per creare il reddito. I paletti del recovery fund sono chiari: questi sono soldi per spese non temporanee, classico esempio sono gli investimenti per infrastrutture per investimenti fisici e per investimenti digitali, dove sappiamo che l’Italia ha un grosso problema di digital divide. Poi ci sono gli investimenti in capitale umano e quindi istruzione e io metterei anche gli asili nido, non so come sia messo il Veneto ma l’Italia è messa male come asili e asili nido. E poi c’è la parte che riguarda l’amministrazione della giustizia. L’accento è comunque posto sulle cose che possono aiutare a far crescere il paese e creare posti di lavoro».
Torniamo sul tema delle infrastrutture, lei sa che in Veneto sono decenni che ci si esercita sull’alta velocità, spaccando letteralmente a metà con la non conclusione di quest’opera il nord industriale.
«Bè io una certa conoscenza, per questione familiari, della viabilità veneta ce l’ho. Questo per dire che l’Alta Velocità va bene, ma preoccupiamoci delle reti locali, di quelle che prendono tutti i giorni i pendolari, perché l’alta velocità la prende gente come me, la rete locale la prendono tutti e tutti i giorni. Si tende a livello politico a pensare in grande, ma c’è una serie di cose piccole che riguardano la vita nella sua totalità».
Per quanto riguarda il sostegno al mondo delle imprese, invece?
«Le infrastrutture chiaramente aiutano le imprese, così come la digitalizzazione. Va messo accanto a queste anche lo snellimento della burocrazia, che oggi blocca tante imprese medie e piccole. Come pure i processi di aggregazione che aiutano a crescere. Ora il tema è capire come tutte queste esigenze locali vengano convogliate nel piano che deve elaborare e presentare il Governo. Le bozze possono essere presentate a partire dal 15 di ottobre. La Francia per esempio ha già un piano, noi ancora non lo abbiamo, ma questo non significa che siamo in ritardo. Il piano definitivo inoltre va presentato al primo gennaio 2021».
Quindi lei dice sostanzialmente il Governo deve fare da connettore delle esigenze dei territori in modo da creare una sintesi che sia in grado di definire una strategia di sviluppo per il paese. Chi pagherà il rimborso del fondo?
«L’Europa si indebita e questo debito dovrà essere ripagato, in 30 anni, e va ripagato con risorse che derivano dai paesi europei: possono essere trasferimenti, tasse dell’Unione Europea a livello aggregato. Queste risorse dunque arrivano dai paesi ma non costituiscono debito immediatamente. Noi in ogni caso riceveremo più di quanto dovremo restituire».
Nordest Economia – 24/09/2020