Treviso, riapertura più lontana per l’aeroporto Canova

30 Settembre 2020

Ad agosto a Venezia 65, 6% di voli in meno. Dati allarmanti da Tessera, a rischio la scadenza di marzo 2021. Lunedì assemblea sindacale, Conte in pressing su Marchi.

di Andrea Passerini

Sul futuro del Canova si addensano altre nubi fosche. E il sistema Treviso entra ancora in fibrillazione. Dicono che il sindaco Mario Conte stia cercano il presidente di Save, Enrico Marchi, che pure aveva dato recentissime rassicurazioni sulla futura riapertura dello scalo trevigiano. Lunedì i sindacati hanno in programma un’assemblea e non sono esclusi nemmeno sit in davanti allo scalo. AerTre, controllata di Save che gestisce il Canova, ha 200 dipendenti, 500 con gli stagionali. In cig fino a marzo 2021, prorogabile fino a marzo 2022.

Lo stesso mondo politico del capoluogo chiede lumi, e c’è pressing su Save, ma anche sulla controllata AerTre, fra tutela dei dipendenti e sostegno a un indotto andato in crisi, con almeno altri duemila posti di lavoro legati allo scalo lungo la Noalese.

Cos’ è accaduto? La ripartenza di Venezia si sta rivelando più sofferta e faticosa del previsto, anche per l’incertezza che regna in diversi paesi in cui è arrivata la seconda ondata con effetti più rilevanti che nel nostro (Inghilterra, Francia, Usa). E i tempi, ma sarebbe meglio dire la prospettiva, di una riapertura dello scalo trevigiano si allungano, mettendo in serio rischio anche la data sin qui prospettata di primavera 2021.

In attesa dei numeri di settembre, sono stati i dati di agosto pubblicati dal sito Assoaeroporti a far risuonare l’allarme, a San Giuseppe: il Marco Polo ha visto muoversi, dall’1 al 31 agosto, 445.625 mila passeggeri, metà di luglio ( -49,5 sul mese precedente). Ma il 65,6% in meno del corrispondente mese di agosto 2019, prima del Covid.

Come dire che Tessera “viaggia”a un terzo del regime storico. La stessa Save ha ammesso che c’è almeno un mese di ritardo, rispetto ai piani di progressiva ripartenza. E gli analisti fanno notare come almeno un quarto dei passeggeri veneziani di agosto fosse in realtà di voli RyanAir e Wizzair già a Treviso, che la Save ha portato al Marco Polo dopo il lockdown nel quadro di una razionalizzazione dei costi per i drammatici effetti della pandemia sul turismo. Non ripartono i voli a lungo raggio, l’estate è finita e i charter sono un ricordo.

Impensabile pensare che Venezia, con questi livelli di movimentazione, possa ipotizzare di spostare voli su Treviso. In questo quadro suona come una beffa il fatto che ad agosto il Canova sia ufficialmente ripartito per un volo uno, peraltro senza passeggeri, dopo che a luglio Treviso era stato l’unico scalo italiano a restare totalmente inoperoso (ad agosto è toccato invece all’aeroporto di Parma).

La Tribuna di Treviso – 30/09/2020
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Firmata l’intesa storica con il Porto di Amburgo: “Trieste sarà inserita nella rete del primo operatore logistico d’Europa”

Lo ha detto l’ad di Hhla, il colosso tedesco che diventerà l’azionista di riferimento della piattaforma logistica, “entro il 2021 sfrutteremo appieno la capacità dell’infrastruttura, che è di 300 mila Teu e di 700 mila tonnellate cargo”.  “D’agostino: “Con questo accordo possiamo non rinunciare alla Via della Seta. Amburgo è forse il primo porto ferroviario del mondo”.

Un passaggio cruciale per lo sviluppo di Trieste e del suo porto. Ma non è solo questo. L’arrivo della tedesca  Hhla, terminalista del Porto di Amburgo, come azionista di riferimento della piattaforma Logistica è anche una dichiarazione di indipendenza tutta europea dal progetto Belt&Road.

La sintesi è opera del presidente dell’autorità di sitema portuale Zeno D’Agostino, durante la cerimonia della firma dell’intesa con la tedesca Hhla di Amburgo. Si tratta «forse primo porto ferroviario del mondo», dice D’agostino, ed è una «ottima soluzione per non rinunciare alla Via della Seta. Sottolineo Via della Seta e non Belt and Road: il secondo è un progetto cinese, il primo è un corridoio trasportistico deciso dal mercato e non pianificato da nessuno che propone una soluzione europea. In questa, Amburgo e Trieste non sono soggetti passivi come accade quando si entra nella Belt and Road, ma sono soggetti propositivi che accettano la sfida».

«Amburgo e Trieste sono porte di accesso al mondo, apriamole insieme». È l’auspicio e l’invito di Angela Titzrath, Ceo di Hhla. Titzrath è intervenuta, parlando in italiano, alla cerimonia proprio sulla nuova Piattaforma sottolineando che l’iniziativa è «funzionale» all’azienda tedesca che intende collegare i suoi «clienti con i flussi marittimi e continentali» di quest’area, con una ambizione: «Siamo il gruppo logistico leader europeo, vogliamo essere in primo piano nella rete logistica europea».

Il capoluogo giuliano, «che incarna lo spirito europeo», verrà inserito in questa rete. Titzrath si è anche soffermata sui rapporti con l’Unione europea: «È molto positivo che l’Ue abbia disposto aiuti finanziari verso i Paesi colpi dalla pandemia ma occorre anche l’impegno delle aziende ora per conservare la pace sociale». Infine, «da 135 anni siamo una forza trainante, trasportavamo e continuiamo a trasportare merci. Oggi utilizziamo le tecniche più avanzate per le navi più grandi del mondo», ma per continuare a essere leader «occorre intuire i cambiamenti in anticipo».

Il colosso amburghese Hhla, che entro il 2020 diventerà azionista di maggioranza della Piattaforma Logistica di Trieste, conta di sfruttare «interamente entro il 2021 la capacità dell’infrastruttura stessa, che è di 300 mila Teu e di 700 mila tonnellate cargo» ha continuato la top manager.

L’ambizione, però, è quella «in futuro di aumentare» la capacità e i traffici. La Hhla è quotata in Borsa, occupa 6.300 dipendenti e movimenta 7,5 milioni teu di container sviluppando un fatturato di 1,350 milioni di euro; ha inoltre in corso investimenti in quattro terminal del porto di Amburgo, in un terminal a Odessa (Ucraina) e in uno a Tallinn (Estonia).

«Un’opportunità storica». L’ha definita anche il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. «La grande società di gestione del porto di Amburgo, che è certamente uno dei più grandi porti europei, decide di fare un investimento con un’azienda partecipata e controllata dalla municipalità amburghese a Trieste e sul porto di Trieste, credo che ciò porterà sviluppi che ci potranno consentire di intercettare traffici e soprattutto di ‘mecciarè le expertise che ci sono tra chi gestisce il porto di Trieste e quello di Amburgo», ha proseguito Patuanelli. Una intesa che per il ministro non riguarderà solo «il porto di Trieste e la logistica ma anche la possibilità di incidere fortemente su un ritorno di sviluppo economico e industriale di questa città».

Nordest Economia – 30/09/2020

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Iata: peggiorano ancora le stime per il 2020

Peggiorano le previsioni della Iata sul traffico aereo mondiale. La ripresa si è rivelata più debole del previsto, per questo l’associazione internazionale del trasporto aereo ritiene ora che il traffico calerà del 66% nel 2020, e non del 63% come era stato previsto in precedenza. La domanda passeggeri di agosto ha continuato a essere estremamente depressa rispetto ai livelli normali, con un calo, misurato il RPK, del 75,3% rispetto ad agosto 2019. Questo dato è solo leggermente migliorato rispetto alla contrazione annuale del 79,5% a luglio. I mercati interni – sottolinea la Iata – hanno continuato a superare i mercati internazionali in termini di ripresa, sebbene la maggior parte sia rimasta sostanzialmente in calo rispetto a un anno fa. La capacità di agosto (in available seat kilometers) è diminuita del 63,8% rispetto a un anno fa e il load factor è precipitato di 27,2 punti, raggiungendo il minimo storico di agosto del 58,5%.

“Il disastroso andamento del traffico di agosto pone un limite alla peggiore stagione estiva del settore. La ripresa della domanda internazionale è praticamente inesistente e i mercati interni di Australia e Giappone sono di fatto regrediti a fronte di nuove epidemie e restrizioni di viaggio. Qualche mese fa, pensavamo che un calo della domanda di un anno intero del -63% rispetto al 2019 fosse il peggiore che potesse capitare. Con il triste periodo di picco dei viaggi estivi alle spalle, abbiamo rivisto le nostre aspettative al ribasso fino a -66%”, ha dichiarato Alexandre de Juniac, direttore generale e ceo della Iata.

Trasporti-Italia.com – 30/09/2020

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Lo scorso mese il traffico delle merci nel porto di Ravenna è diminuito del -23,2%

Nei primi otto mesi del 2020 il calo è stato del -17,4%

Dopo il lieve rialzo del +1,5% registrato lo scorso luglio, il mese successivo il volume di traffico delle merci nel porto di Ravenna ha segnato nuovamente un forte calo del -23,2% essendo stato pari a 1,55 milioni di tonnellate rispetto a 2,02 milioni di tonnellate nell’agosto 2019. Le sole merci allo sbarco sono ammontate a 1,23 milioni di tonnellate (-27,4%) e quelle all’imbarco a 322mila tonnellate (-1,1%).

Ad agosto 2020 i soli volumi traffico in crescita sono stati quelli dei rotabili e delle rinfuse petrolifere che hanno totalizzato rispettivamente 116mila tonnellate (+3,9%) e 217mila tonnellate (+6,6%). In calo, invece, le rinfuse solide con 677mila tonnellate (-31,1%), le altre rinfuse liquide con 124mila tonnellate (-22,7%), le merci convenzionali con 264mila tonnellate (-31,1%) e le merci in container con 158mila tonnellate (-13,9%).

Nei primi otto mesi del 2020 il traffico totale movimentato dallo scalo portuale ravennate è stato di 14,46 milioni di tonnellate di merci, con una flessione del -17,4% sullo stesso periodo dello scorso anno, di cui 1,50 milioni di tonnellate di rinfuse petrolifere (-13,5%) e 1,22 milioni di tonnellate di altre rinfuse liquide (-7,8%), 6,00 milioni di tonnellate di rinfuse secche (-17,7%), 3,34 milioni di tonnellate di merci convenzionali (-24,9%), 1,46 milioni di tonnellate di merci containerizzate (-11,3%) realizzate con una movimentazione di contenitori pari a 131mila teu (-11,1%) e 943mila tonnellate di carichi rotabili (-11,8%).

Nei primi otto mesi di quest’anno il volume totale di merci allo sbarco è stato di 12,05 milioni di tonnellate (-19,8%) e quello di merci all’imbarco a 2,40 milioni di tonnellate (-3,3%).

InforMare – 30/09/2020

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Porti: De Micheli, sostegno su strutture green e collegamenti

Ministro ad Assoporti: strategie per concorrenza a scali nord Ue

“Lo scenario a breve termine per i porti su cui abbiamo lavorato è dare risposte per l’emergenza sulla riduzione delle merci e la maggiore difficoltà sulle tratte internazionali che caratterizzano Paesi molto colpiti dal covid. Sul lungo periodo serve un adeguamento sostenibile dando il giusto sostegno economico agli operatori portuali, un lavoro sulle infrastrutture e sull’ultimo miglio ferroviario e stradale per il porto”. Lo ha detto il ministro dei trasporti e infrastrutture Paola De Micheli intervenendo in videoconferenza all’assemblea di Assoporti in corso a Napoli. Sull’emergenza covid, ha spiegato De Micheli, “abbiamo attuato un confronto serrato – ha detto – provando a dare risposte anche sulla riduzione dei passeggeri su cui Italia aveva grande ruolo per attrattività turistica. Per questo abbiamo accompagnato i player per la ripartenza di una parte delle crociere”. Il ministro ha sottolineato che “le strategie di medio e lungo devono portarci a fare concorrenza ai porti del Nord Europa. Dobbiamo sostenere le infrastrutture sostenibili nei porti, con l’efficientamento di strutture che già esistono e consentendo anche il potenziamento delle mission specifiche che ogni porto ha. Il secondo tema è sulla mobilità verso e da i porti, che deve avere una struttura stradale e su ferro sostanzialmente omogenea in tutti i porti, mentre ora ci sono profonde differenze. Questi due obiettivi sono nell’allegato sulle infrastrutture al piano nazionale di riforme e potranno essere finanziati anche con gli strumenti finanziari che ci vengono dall’Europa come il Green New Deal e il piano Ue Next Generation”. De Micheli ha precisato che sulle novità infrastrutturali “daremo il giusto sostegno economico agli operatori portuali perché non possiamo pensare che gli adeguamenti sostenibili nel progetto Green Port sia solo sostenuto dai porti stessi. Quindi serve il sostegno pubblico. Abbiamo dato già un segnale forte mettendo nel fondo infrastrutture oltre 800 milioni di euro per i porti e su quelle linee di indirizzo contiamo di mettere altre risorse con Fondi Europei sul fronte ad esempio della manutenzione del patrimonio e sulla digitalizzazione della logistica”.

Ansa/Mare – 30/09/2020

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Piattaforma logistica, svolta tedesca allo scalo di Trieste: entra il Porto di Amburgo

29 Settembre 2020

Da oggi, martedì 29 settembre, il 50,1 della società passa al colosso germanico. Al via anche il piano per il Molo VIII.

La verità emerge a poche ore da una firma che cambierà la storia del porto di Trieste. Niente più Cina: la maggioranza di Piattaforma logistica Trieste verrà acquisita oggi da uno più grandi protagonisti della portualità europea. Il Porto di Amburgo rileverà il 50,1% dagli imprenditori Francesco Parisi e Vittorio Petrucco, che rimarranno della partita dopo aver costruito un’infrastruttura di cui si è parlato per vent’anni. Il percorso per realizzare il Molo VIII e riconvertire la Ferriera di Servola può davvero cominciare e lo farà sotto insegne tedesche.

Il colosso asiatico ha cercato di rientrare in pista a inizio anno e pare intenzionato a tentare in futuro nuove collaborazioni, sebbene lo sviluppo occidentale della Via della seta stia incontrando difficoltà per la contrarietà americana. Ma la Germania ha dimostrato di saper fare affari con la Cina, pur senza inscenare le parate romane che tanto hanno irritato Washington al tempo della sottoscrizione del memorandum d’intesa.

Pochissimo era trapelato finora. Prima si è cominciato a parlare di interesse di operatori europei su Plt, poi la lente si è spostata sulla Germania. Ora Il Piccolo è in grado di anticipare che a mettere piede a Trieste sarà Hhla (Hamburger Hafen– und Logistik Aktiengesellschaft), società quotata in borsa ma controllata dalla municipalità di Amburgo, che dello scalo tedesco gestisce tre terminal container su quattro. Hhla e Plt limeranno i dettagli entro stamattina: Amburgo raddoppierà il capitale societario all’inizio del 2021, con un’iniezione da 12,5 milioni che garantirà la maggioranza del cda e la casella dell’amministratore delegato.

Comincerà così la storia dello sviluppo del Molo VIII e della riconversione della Ferriera. Il nuovo partner industriale ha risorse in abbondanza e molte ne serviranno. Il terminal di Servola costerà infatti 150 milioni tra smantellamento dell’area a caldo, messa in sicurezza e creazione dei piazzali, più altri cento per edifici direzionali, ferrovia e raccordo autostradale. Per il primo lotto del molo container serviranno poi, a seconda delle dimensioni, da cento a trecento milioni, che diventano un miliardo per raggiungere la massima estensione prevista dal piano regolatore del porto.

La trattativa era stata definita a febbraio, ma Amburgo ha voluto attendere la chiusura dell’Accordo di programma della Ferriera. Molto ha pesato allora il coraggio del friulano Petrucco, pronto a sottoscrivere con la sua Icop un impegno da venti milioni con il gruppo Arvedi, senza avere ancora la certezza di un socio internazionale alle spalle. Da una parte, la Icop è il braccio operativo capace di realizzare il nuovo molo e bonificare i terreni di Servola. Dall’altra, lo spedizioniere Parisi rappresenta il simbolo di un’imprenditoria triestina storicamente legata alla Mitteleuropa e capace di riportare il mondo tedesco a Trieste, sempre più via di transito meridionale al cuore del continente, come dimostra l’interesse di altri tedeschi (Duisport) nell’acquisizione di quote dell’Interporto, per non dire dell’oleodotto Siot che da solo soddisfa il 40% del fabbisogno di greggio della Germania.

Fondata nel 1885, Hhla gestisce buona parte dei traffici di Amburgo, primo porto container tedesco e secondo in Europa dopo Rotterdam. Ne 2019 la società ha fatturato 1, 35 miliardi, movimentato merci per 7,6 milioni di Teu (dieci volte il traffico di Trieste) e gestito un patrimonio umano di oltre seimila dipendenti ad alta specializzazione. Quella in Adriatico è la terza operazione fuori dai confini nazionali, dopo l’acquisizione di terminal nei porti di Odessa e Tallin. Amburgo è un colosso rispetto a Trieste, con cui condivide però la natura di scalo ferroviario (da 200 treni al giorno) e il controllo di una propria società ferroviaria (la Metrans), presente in molti paesi dell’Europa centro-orientale. Oltre alle conoscenze nell’ambito dei trasporti intermodali, Hhla ha grande esperienza nel campo dell’automazione dei terminal, della digitalizzazione, dell’impiego di mezzi elettrici e della riduzione dell’impatto ambientale. A capo di Hhla c’è una donna: Angela Titzrath.

La compagnia aveva un interesse specifico su Trieste, tanto da aver bussato anche alla porta del Molo VII, dovendo però constatare l’indisponibilità di Trieste marine Terminal (Msc e To Delta) alla cessione di quote. Per Amburgo, aprire una via da Sud all’Europa centrale è strategico: si tratta di un’opzione più breve rispetto alla rotta del Nord e inoltre il riscaldamento globale sta riducendo la portata dei canali che hanno fatto la fortuna dei porti tedeschi, costretti ora a continui dragaggi per far passare navi sempre più grandi. Trieste piace allora per fondali, collocazione e collegamenti ferroviari in fase di potenziamento.

Ci sarà effettiva volontà di far decollare il porto o è solo un modo di porre sotto controllo un potenziale concorrente? Spetterà all’Autorità portuale vigilare sul piano industriale, ma dalla Torre del Lloyd trapela che Hhla ha costruito piani di sviluppo più credibili rispetto a China Merchants. Ne sapremo di più quando nei prossimi mesi Authority e Plt ridiscuteranno tempi e modi della concessione, sulla base degli impegni assunti dalla società a guida tedesca, che dovrebbe gestire anche la Grande stazione di Servola. Ma ora il primo passo sarà il via libera del governo, che sulle infrastrutture strategiche può far scattare il golden power. Dovrebbe essere una formalità, mentre non poche incognite si sarebbero sollevate con la Cina al posto della Germania.

Nordest Economia – 29/09/2020

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Sostenibilità, il 62 per cento delle imprese del Nordest è già in pista

Una ricerca condotta del Cuoa Business School e Fondazione Nord Est ha rilevato che negli ultimi 3 anni 6 aziende su 10 hanno intrapreso almeno 5 politiche volontarie: risparmio energetico e riduzione dei consumi (65%); investimenti in tecnologie e attrezzature rispettose dell’ambiente (63%); riduzione degli imballaggi (54%); riduzione dei rifiuti (57%).

Sostenibilità e acquisti ‘verdì non sono solo temi ‘main stream’ nel dibattito incrociato alla ripartenza dopo il lockdown, ma campi d’azione sui quali le imprese del Nordest, ed anche la Regione Veneto, sono già impegnate.

Una ricerca condotta del Cuoa Business School e Fondazione Nord Est (anno 2019) ha rilevato che negli ultimi 3 anni il 62% delle imprese ha intrapreso almeno 5 politiche volontarie legate alla sostenibilità ambientale e quelle intraprese con più frequenza sono riconducibili a: risparmio energetico e riduzione dei consumi (65%); investimenti in tecnologie e attrezzature rispettose dell’ambiente (63%); riduzione degli imballaggi (54%); riduzione dei rifiuti (57%).

I dati sono emersi durante la prima giornata del «Compraverde BuyGreen», forum regionale giunto alla quarta edizione, aperto oggi nel Palazzo della Regione (Grandi Stazioni) a Venezia. Un appuntamento nato per diffondere e valorizzare le migliori esperienze di processo e di prodotto in un’ottica di sviluppo sostenibile, rispetto ambientale e responsabilità sociale.

Gianluigi Masullo, direttore dell’Area Risorse Strumentali della Regione, ha sottolineato come questi temi sfidanti debbano diventare i «driver» della ripartenza post ed durante l’emergenza sanitaria, «per diffondere una mentalità sostenibile capace di affrontare le nuove sfide di programmazione e sviluppo economico inclini ai principi dettati dall’Agenda 2030».

La strategia sostenibile per un’economia post-emergenza Covid è stato poi il tema di una tavola rotonda che ha visto la partecipazione di Mario Pozza, presidente di Unioncamere, Carlo Stilli, direttore generale di Confindustria Veneto, Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Imprese Veneto, e Matteo Ribon, segretario di Cna Veneto. «La sostenibilità – ha osservato Stilli – non è un elemento ideologico, culturale, è un elemento di politica industriale che porta vantaggio, non nel senso di contributi ma per il valore aggiunto che porta nel mercato. È un vantaggio competitivo».

Uno studio presentato dal segretario della Cgia di Mestre ha evidenziato come sia state 43.000 le imprese venete che tra il 2015 ed il 2019 hanno effettuato eco-investimenti; cifra che colloca il Veneto al secondo posto in Italia. Sempre il Veneto, è stato ricordato, è inoltre la regione con la più alta percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, numero cresciuto negli anni attestandosi nel 2018 al 74%.

La prima giornata del Forum è stata anche l’occasione per la consegna dei Premi CompraVerde Veneto, riconoscimento che valorizzare le «migliori pratiche» adottate sia dalle stazioni appaltanti pubbliche, sia dalle imprese in tema di sostenibilità: per le micro imprese il premio è stato assegnato a Bedin Galvanica Srl (Vicenza) e a La Prima Plastica Srl (Isola Vicentina); per le medie imprese il riconoscimento è andato alla Novatek Srl (Verona) e alla Gaber Srl (Treviso), mentre nella sezione Grandi imprese sono state insignite la Favini Srl (Rossano Veneto, VI), la Nice Spa (Oderzo, TV) e Lattebusche Sca (BL). Nella categoria Stazioni Appaltanti sono stati premiati il Comune di Verona, il Comune di Padova e l’Università Cà Foscari di Venezia.

Nordest Economia – 29/09/2020

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Il terminal operator tedesco HHLA diventerà primo azionista della Piattaforma Logistica di Trieste

D’Agostino: «la più compiuta attuazione della Via della Seta non si esaurisce nella Belt And Road Initiative di impronta cinese»

La società terminalista tedesca Hamburger Hafen und Logistik AG (HHLA), che è controllata dall’amministrazione cittadina di Amburgo che ne possiede il 68,4% del capitale, ha siglato un accordo con le italiane I.CO.P. e Francesco Parisi Casa di Spedizioni per entrare nel capitale di Piattaforma Logistica di Trieste Srl (PLT), la società il cui obiettivo è la progettazione, costruzione e gestione della piattaforma logistica del porto di Trieste collocata tra lo Scalo Legnami e l’ex Italsider. Attualmente PLT è partecipata da I.CO.P. (43,02%), Francesco Parisi Casa di Spedizioni (46,19%), Interporto Bologna (6,67%) e Cosmo Ambiente (4,12%). L’accordo prevede che entro la fine di quest’anno HHLA sottoscriva un aumento di capitale esclusivo diventando il primo azionista di PLT.

La firma coincide con la fine dei lavori di costruzione della piattaforma logistica, che rappresenta una delle più grandi opere marittime costruite in Italia negli ultimi dieci anni. Per l’occasione è stata organizzata una cerimonia che si svolgerà domani alla presenza di Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo Economico, e di Angela Titzrath, CEO di HHLA.

Precisando che l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale non è parte attiva dell’accordo, ma che l’ente che avrà comunque il compito di verificare tutti gli step autorizzativi e attuativi che ne seguiranno, il presidente dell’AdSP, Zeno D’Agostino, ha sottolineato che «questo è il traguardo atteso da decenni in cui Nord e Sud Europa fanno sintesi dal punto di vista portuale e strategico, in un’alleanza che unisce Italia e Germania. Evidentemente Trieste, primo porto d’Italia per volumi totali e traffico ferroviario – ha rilevato D’Agostino – ha nel destino le sue radici storiche, con questo investimento sulla piattaforma logistica, ritrova appieno il bacino naturale di sbocco Centro-Nord europeo che già in passato ha fatto grande il porto franco».

Evidenziando che con l’accordo si delinea la creazione di un gruppo leader in Europa in grado di sviluppare a Trieste un terminal a servizio del sistema mare-ferro dei paesi dell’Europa centro-orientale, con l’obiettivo strategico di integrare le reti logistiche e portuali del nord e sud Europa, e che l’accordo sottoscritto con HHLA potrà garantire alla nuova area portuale la presenza di un investitore capace di garantire l’apporto finanziario necessario allo sviluppo dell’infrastruttura ed in grado di convogliare a Trieste le grandi opportunità di scambio esistenti tra Europa e Far East, D’Agostino ha osservato che «la più compiuta attuazione della Via della Seta non si esaurisce nella Belt And Road Initiative di impronta cinese. Mancava finora – ha spiegato – una visione forte da parte europea, capace di integrare e bilanciare punto di vista e interessi provenienti dall’Asia. Tale è il contributo strategico che viene oggi da Trieste, porto dall’animo internazionale come dimostrano i numerosi capitali stranieri già presenti, tra cui Turchia, Svizzera, Danimarca, Ungheria, solo per citarne i principali».

L’ente portuale giuliano ha ricordato che il progetto della Piattaforma Logistica di Trieste è nato per rispondere al trend di crescita del traffico merci del porto grazie ad un investimento di oltre 150 milioni di euro reso possibile dall’apporto finanziario dell’AdSP del Mare Adriatico Orientale per 99 milioni di euro. Sviluppato dalla società PLT, il progetto si sviluppa su 12 ettari in un’area collocata a sud del porto e recupera all’utilizzo portuale e logistico un’ampia superficie, parte della quale ricavata da aree precedentemente occupate dal mare. L’acquisto successivo dell’adiacente terminal dello Scalo Legnami ha permesso di raddoppiare la superficie originaria del progetto iniziato nel febbraio 2016, realizzando un terminal che ha così raggiunto un’estensione di 24 ettari, dotato di un doppio attracco e raccordo ferroviario e una concessione di durata trentennale.

L’integrazione della Piattaforma Logistica con le aree circostanti è stata ulteriormente rafforzata con la recente firma dell’accordo di programma del Ministero dello Sviluppo economico per l’attuazione del progetto di riconversione industriale e sviluppo produttivo nell’area della ferriera di Servola. L’accordo mira a rilanciare il comprensorio industriale dove sorgeva l’altoforno, spento nei mesi scorsi dopo 123 anni di attività. L’obiettivo è far nascere al posto della ferriera un polo logistico sostenibile a servizio del porto e dell’economia del territorio. In base all’accordo, gli anni previsti per la riconversione sono cinque, con una suddivisione in tre fasi distinte, e un valore di 98 milioni dui euro.

L’authority portuale ha ricordato inoltre che, in un’ottica di sviluppo portuale, sull’ex area a caldo si svilupperà il raccordo ferroviario della stazione di Servola che potrà accogliere treni completi da 750 metri, nonché uno snodo autostradale diretto sulla Grande viabilità. Vale a dire che saranno poste le basi per il successivo avvio dei lavori del Molo VIII, previsto dal Piano Regolatore Portuale approvato nel 2016. Si tratta di un ulteriore investimento di oltre 400 milioni di euro che rappresenterà uno degli sbocchi di lavoro più importanti per il territorio della Regione Friuli Venezia Giulia, dando lavoro a circa 500 addetti.

InforMare – 29/09/2020

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Ibrido ed elettrico prendono sempre più piede in Italia ma mancano ancora diversi tasselli

28 Settembre 2020

Oltre a incentivare l’acquisto dell’auto elettrica occorre creare un’infrastrutturazione nazionale coerente e soprattutto investire nella riconversione dell’industria produttrice nazionale

L’auto elettrica prende sempre più piede anche nel mercato italiano, ma cosa, ancora oggi, la frena dall’essere la prima scelta per l’acquirente e in che direzione si deve spingere perché diventi consuetudine? La risposta, al Festival dell’Economia di Trento, la si cerca in un dialogo tra professionalità diverse: «Siamo ancora, in termini di costo, in una fase pionieristica – afferma Anna Scuttari, ricercatrice dell’Eurac – ma grosse barriere sono rappresentate anche dalla percezione psicologica, compresa ad esempio l’assenza del classico rumore del motore, e dalla carenza di infrastrutture».

Un punto, questo, approfondito da Alberto Viano, amministratore delegato di LeasePlan: «Ciò che serve oggi è, più che incentivare l’acquisto dell’auto elettrica, creare un’infrastrutturazione nazionale coerente. Nessuno compra qualcosa che non può utilizzare». Non meno rilevante, infine, per Innocenzo Cipolletta, presidente di Assinome e Aifi, la necessità di investire nella riconversione dell’industria produttrice nazionale.

«Negli ultimi anni, ma ancora più a seguito della crisi dovuta al Coronavirus e alla necessità di mobilità individuale che sia sostenibile, si è assistito a uno spostamento del mercato verso l’auto elettrica, sia essa ibrido, ibrido plug-in o elettrico puro. La mia impresa, per esempio, che si occupa di noleggio, ha assistito a un 25% in più di immatricolato elettrico e a un raddoppio dell’elettrico puro».

Questo il quadro che Alberto Viano, amministratore delegato di LeasePlan, illustra nel suo intervento alla 15esima edizione del Festival dell’Economia. «Siamo però ancora molto lontani da realtà come il mercato cinese, che si aggira sui 2 milioni di auto elettriche, quindi l’equivalente del nostro mercato automobilistico complessivo. E questo perché, anche se grazie agli incentivi è venuto meno l’originale timore legato ai costi, manca in Italia un’infrastruttura elettrica che permetta di pianificare un viaggio su lunga tratta. Serve un disegno nazionale coerente, che non incentivi solo l’oggetto, ma tutta la rete».

A ciò si aggiungono, come dimostra una ricerca condotta da Anna Scuttari dell’Eurac di Bolzano, «barriere di tipo psicologico, come la nostalgia per il rombo del motore di alcuni automobilisti, o la percezione distorta di alcuni elementi di altri: per esempio, servirebbero in questo senso, momenti di prova e di avvicinamento concreto all’elettrico, nonché maggiore comunicazione su temi come i costi risparmiati».

Costi che, riconferma ancora Viano, «sono alti all’acquisto, ma si riducono nella manutenzione. Non meno rilevanti poi fattori positivi come la possibilità di utilizzo della carica residuale dell’elettrico, che si raddoppia al solo ridurre della velocità di percorrenza (mentre con un’auto a combustione, a benzina esaurita, non ci sono possibilità di spostamento), o la maggiore compatibilità dell’auto elettrica alle fonti rinnovabili, anche in fase di produzione. Un cambio di prospettiva, insomma, si avrà, quando aumenterà la fiducia nel prodotto».

O, per Innocenzo Cipolletta, presidente di Assonime e Aifi, «quando si avvieranno politiche che favoriscano i processi di riconversione dell’industria automobilistica italiana. Oggi – sostiene infatti – la nostra produzione verte quasi esclusivamente sulla componentistica. Con i giusti investimenti, potremmo certamente essere competitivi anche nel mercato dell’elettrico e accantonare i molti timori ad esso correlati».

Nordest Economia – 28/09/2020

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Nel porto di Ravenna si sperimentano le procedure di sdoganamento in mare delle merci alla rinfusa

Rappresentano oltre l’80% del traffico movimentato dallo scalo

Nel porto di Ravenna prende il via, in fase sperimentale, il progetto per l’effettuazione delle procedure di sdoganamento in mare delle merci alla rinfusa, modalità che consente di eseguire i controlli della documentazione delle merci in anticipo rispetto all’arrivo della nave, cioè quando le merci sono ancora in viaggio per mare. Presentando ieri il progetto, il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centro-Settentrionale, Daniele Rossi, ha ricordato che «il traffico di rinfuse rappresenta oltre l’80% delle merci complessivamente movimentate nel nostro porto e questa nuova procedura doganale – ha sottolineato – darà significativi e concreti vantaggi agli operatori e quindi, in ultima istanza, contribuirà a rendere ancora più competitivo lo scalo».

«L’avvio del progetto sperimentale di sdoganamento in mare esteso alle rinfuse – ha proseguito Rossi – costituisce oggi un importantissimo passo in avanti per il porto di Ravenna, primo a livello nazionale per tale tipologia di traffico. La procedura consentirà di semplificare e rendere più veloci le operazioni doganali sul porto di Ravenna, agevolando la logistica connesse alla movimentazione delle merci alla rinfusa».

Intervenendo alla presentazione del progetto assieme al direttore interregionale per l’Emilia Romagna e le Marche dell’Agenzia delle Dogane, Franco Letrari, al direttore dell’Ufficio delle Dogane di Ravenna, Giovanni Ferente, e al comandante del Comando Provinciale della Guardia di Finanzam Andrea Mercatili, la presidente della Sezione di Ravenna dell’Associazione Doganalisti dell’Emilia Romagna e vicepresidente dell’Associazione Spedizionieri Internazionali di Ravenna, Alessandra Riparbellli, ha evidenziato che «il porto di Ravenna vanta un certo lustro per quanto riguarda le sperimentazioni in ambito doganale, considerato – ha ricordato – che nel passato è stata pilota per la sperimentazione dello sportello unico doganale ed anche per lo sdoganamento in mare per navi con merci in container. Ora il sistema verrà quindi implementato con la sperimentazione della procedura di sdoganamento in mare anche per le navi “rinfusa” e questa è una grande opportunità per il nostro porto essendo Ravenna leader nel comparto delle “rinfuse solide”, in particolare per le materie prime per l’industria della ceramica, dei fertilizzanti e di alcuni cereali, sfarinati e materiali ferrosi. Questo – ha concluso Riparbelli – grazie alla sinergia tra l’Agenzia delle Dogane, Autorità di Sistema Portuale e tutte le altre istituzioni quali Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto».

InforMare – 28/09/2020

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