Italo treni alla conquista dei pendolari

10 Aprile 2018

di Claudio Laugeri

Tre euro e 30 centesimi per andare da Torino a Milano (e viceversa) in un’ora. E così, Italo cerca di strappare il mercato dei pendolari a Trenitalia. L’offerta è da saldi di fine stagione: un carnet di 30 corse per 99 euro, da utilizzare entro un mese solare dal primo viaggio. Due mesi fa, Ntv aveva sondato il terreno con un’offerta simile, ma limitata a 20 corse al mese. «L’iniziativa è su 100 blocchetti di biglietti e abbiamo ottenuto un ottimo riscontro», dice Fabrizio Bona, direttore commerciale di Italo-Ntv. Ma il numero è indicativo: «Finora abbiamo soddisfatto tutte le richieste di quel tipo, ma siamo pronti a rivedere il numero delle offerte», aggiunge Bona.

Le tariffe per i pendolari arrivano assieme all’investimento di 350 milioni di euro per l’acquisto di 17 nuovi «Italo Evo», che andranno anche a servire la linea Torino-Milano-Venezia, appena inaugurata. «Abbiamo rafforzato l’offerta su Torino, snodo che riteniamo molto importante per l’Alta Velocità». Tanto che Italo ha messo in tabellone 18 collegamenti al giorno sulla Torino-Milano. La guerra dei prezzi con Trenitalia farà felici i pendolari, che si erano già lamentati dei rincari e avevano ottenuto un mini-ribasso delle tariffe. Ma l’offerta più vicina a quella di Italo è l’abbonamento mensile (da lunedì a venerdì, senza limiti di orario) da 374 euro per due corse al giorno.

E poi, c’è la nuova linea. Italo è convinta delle potenzialità di quel territorio. Ha basato l’iniziativa sullo studio dell’economista Andrea Giuricin (Università Milano Bicocca): «Le tre regioni sviluppano quasi il 40 per cento del Pil nazionale e la domanda ferroviaria espressa in “passeggeri-chilometri” sulla direttrice Torino-Milano-Venezia è di circa due miliardi». Per conquistare i viaggiatori, Italo proporrà un biglietto unico a 9 euro e 90 centesimi per tutto il percorso. La linea sarà servita da 8 treni che copriranno l’intero percorso Torino-Venezia in 3 ore e 34 minuti e altri 14 che collegheranno il capoluogo piemontese con quello lombardo.

La Stampa – 10/04/2018

© Riproduzione riservata

L’Austria fa tardare il traforo della Koralm

Slitta la costruzione del tunnel ferroviario fra Carinzia e Stiria lungo il corridoio BalticoAdriatico

di Marco di Blas

La costruzione del tunnel ferroviario della Koralm, in Austria, subirà un ritardo di due anni: i treni potranno percorrerlo soltanto alla fine del 2026, anziché già nel 2024 come era stato previsto finora. La Koralm è l’area montagnosa che separa la Carinzia della Stiria. Da Klagenfurt a Graz la linea ferroviaria deve compiere un lungo aggiramento a nord. Il tunnel renderà invece possibile un collegamento diretto e più rapido.

L’opera è di grande importanza per il trasporto merci nel centro Europa e riguarda anche noi, perché è parte del progettato corridoio BalticoAdriatico. L’asse ferroviario nord-sud è già quasi pronto. Manca soltanto il tratto tra Vienna e il confine italiano di Tarvisio, dove devono essere superati due ostacoli cruciali. Uno è quello del Semmering, dove si sta costruendo anche lì un tunnel di base. L’altro è appunto quello della Koralm.

A Vienna il rinvio è stato giustificato dal ministro delle Infrastrutture, Norbert Hofer, con le difficoltà tecniche incontrate nello scavo del tunnel: si sarebbe incontrata roccia troppo dura, che avrebbe rallentato l’avanzamento. La direzione delle Ferrovie austriache ammette che in corso d’opera si sono dovuti affrontare complessi problemi geologici, ma osserva che non erano affatto imprevisti e che se n’era tenuto conto nel preventivare la durata dei lavori. Inoltre le difficoltà tecniche menzionate dal ministro appaiono pretestuose, perché gran parte dello scavo ormai è fatto.

Il tunnel della Koralm è a due canne, lunghe ciascuna 32,9 chilometri, per un totale di 66. Restano da scavare soltanto 8 chilometri. Difficile credere che per un tratto così breve serva un allungamento dei tempi di due anni. Non lo credono i governatori della Stiria e della Carinzia. Nei due Länder si sospetta invece che non vi siano ragioni tecniche ma politiche. Il nuovo governo di centrodestra vuole far vedere che è in grado di ridurre il carico fiscale e al contempo il deficit di bilancio. A questo scopo ha tagliato la spesa in vari settori della pubblica amministrazione, senza risparmiare le infrastrutture, alle quali sono stati tolti 200 milioni. Hofer ha assicurato che quel taglio riguarderà solo progetti non ancora iniziati, perché non avrebbe senso farlo con un’opera come quella della Koralm, ormai a uno stadio avanzatissimo di esecuzione. Ma il sospetto permane e, con esso, la preoccupazione per le conseguenze. Il corridoio BalticoAdriatico è visto come un volano per l’economia locale, perché il traffico, soprattutto quello delle merci, metterà in moto una serie di investimenti nel settore servizi e logistica. C’è già chi si è mosso in questa prospettiva – sia a livello privato che pubblico – pianificando investimenti che ora però lo slittamento di due anni rischia di compromettere. Il discorso vale per i Länder Carinzia e Stiria, ma vale anche per il Friuli Venezia Giulia, il Veneto e oltre, perché il terminal del corridoio sarà Bologna.

Il Piccolo – 10/04/2018

© Riproduzione riservata

Porto Venezia: traffico ro-ro +47,2% nel 2017

Musolino: ‘Grazie al terminal delle Autostrade del mare’

“Grazie alla realizzazione del terminal delle Autostrade del Mare a Fusina, nel 2017 il traffico di ro-ro nel porto di Venezia è aumentato del 47,2% rispetto all’anno precedente. Incremento frutto anche della piena intermodalità del terminal, dotato di binari di standard europeo, che già oggi offre servizi ferroviari Venezia-Francoforte per le linee in arrivo da Patrasso. E a questi si aggiungeranno anche servizi ferroviari verso Duisburg e Verso Rostock”. Lo ha dichiarato Pino Musolino, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale in occasione di un convegno svoltosi a Civitavecchia, organizzato da The MediTelegraph e On Mos Way.

Lo scalo della Serenissima, ha proseguito Musolino, “è uno dei nodi fondamentali della rete trans-europea di trasporto e ciò ci pone al centro delle relazioni commerciali fra l’Europa e il mondo e fra gli Stati Membri dell’Unione Europea”. Il vertice dell’authority veneziana ha quindi sottolineato che le performance del terminal di Fusina “hanno dimostrato che i mercati europei credono nello sviluppo del settore ro-ro a Venezia, ma ora è necessario che l’Italia rimuova alcune storture competitive per permettere al nostro porto di esprimere a pieno il proprio potenziale”.

Ansa/Mare – 10/04/2018

© Riproduzione riservata

Connettere l’Italia: presentato il libro su presente e futuro di trasporti e logistica

9 Aprile 2018

E’ stato presentato oggi alla Camera di Commercio di Roma, il libro “Connettere l’Italia. Trasporti e logistica in un Paese che cambia”. Il libro racconta cosa si è scelto di fare negli ultimi tre anni al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la visione del futuro, i programmi, i progetti e le risorse investite guardando al traguardo del 2030. La pubblicazione inaugura una serie di volumi di studio e ricerche di RAM, Logistica, Infrastrutture e Trasporti Spa.
All’evento, hanno partecipato, tra gli altri, il ministro Graziano Delrio, l’amministratore di Ram Ennio Cascetta e il presidente di Fs Renato Mazzoncini.

La geografia è destino, spiega Graziano Delrio, e il destino dell’Italia deriva dalla sua collocazione fisica: vista dall’Europa, guardando da Nord verso Sud, l’Italia è semplicemente un lunghissimo e frastagliato molo naturale, un ponte che si slancia al centro del Mar Mediterraneo: “Non abbiamo voluto imitare le strategie di altri ma trovare la nostra peculiare strada verso la modernità, perché l’Italia ha un suo destino particolare”.

“Grazie a connettere l’Italia gli investimenti totali sono ripartiti: siamo passa da 271 mld del 2014 a 300 mld del 2017 – ha spiegato Delrio. Abbiamo investito sui valichi alpini per far assumere all’Italia un ruolo da protagonista nel traffico merci. Connettere l’Italia è una visione geopolitica complessiva, perché la sfida è globale: le connessioni ci portano sempre più nel mondo globale, dobbiamo farlo mantenendo e valorizzando la nostra identità di Paese. Abbiamo stanziato più fondi negli ultimi 3 anni che nei precedenti 30, ma purtroppo le città non sono ancora pronte a darci progetti di qualità per una nuova mobilità urbana”

“Quello di Connettere l’italia è stato un percorso che si è distinto per una straordinaria chiarezza di obiettivi” ha spiegato Ennio Cascetta -. Con connettere l’italia la #curadelferro in questi anni ha visto importanti passi avanti. L’alta velocità è diventata la metropolitana d’Italia, con un aumento di traffico del 220% in 9 anni. Con il nuovo decreto del ministro Delrio sulle smart roads parte la sperimentazione di veicoli a guida assistita su autostrade sempre più connesse. Investire in mobilità urbana è un fattore determinante per il recupero della competitività del nostro Paese rispetto al resto d’Europa. Per realizzare pienamente il programma connettere l’italia sono necessari 181 mld di euro, dei quali 137 già disponibili, che potrebbero generare 220 mila nuovi occupati/anno”.

Trasporti-Italia.com – 09/04/2018

© Riproduzione riservata

 

Grandi navi a Venezia: da luglio -15 per cento dei transiti

La Capitaneria di Porto di Venezia ha emesso oggi l’ordinanza che ridurrà progressivamente, dal prossimo luglio, il numero delle navi da crociera che potranno transitare in laguna

La Capitaneria di Porto di Venezia ha emesso oggi l’ordinanza che ridurrà progressivamente, dal prossimo luglio, il numero delle navi da crociera che potranno transitare in laguna.

Dopo la sorta di autoregolamentazione che sino ad oggi ha consentito di bloccare le due-tre imbarcazioni più grandi che non rientravano nei parametri prescritti, da luglio si prevede di abbassare del 10-15%, anno dopo anno, il numero di imbarcazioni da crociera che potranno raggiungere il capoluogo lagunare.

L’algoritmo che verrà applicato supera il semplice concetto di tonnellaggio per tener conto di una serie di parametri che vanno dal tipo di propulsore (favorendole navi più ‘green’), il tenore più basso di zolfo nel carburante e il tipo di carena, in grado di sollevare meno onde possibili.

La Nuova di Venezia/Nordest Economia – 09/04/2018

© Riproduzione riservata

Tav, il dilemma della stazione sul Garda

7 Aprile 2018

Sei mesi per decidere sulla fermata dei futuri treni veloci a Desenzano. Pro: non tagliare fuori il turismo. Contro: lo stop ogni 30 chilometri

di Valentino Rodolfi

Sembrava un pio desiderio, un tentativo senza speranza, o una «boiata pazzesca», come l’aveva definita Legambiente. Ma eccola qua: la stazione della Tav sul Garda, a metà della futura tratta Brescia-Verona, è un’ipotesi concreta e ancora viva, ufficiale e nelle carte, precisamente a pagina 29 della delibera 42 del Cipe pubblicata in Gazzetta Ufficiale, progetto definitivo dell’alta velocità fra Brescia est e snodo di Verona.

PRECISIAMO: la «stazioncina» non è fisicamente nel progetto. Ma il governo ha disposto uno studio di fattibilità che andrà concluso entro 1° di settembre, sulla proposta avanzata dalla Regione Lombardia, per realizzare una fermata intermedia dei treni veloci, da costruire (se mai si costruirà) tra Desenzano e Pozzolengo (vicino al casello A4 di Sirmione, a San Martino) allo scopo di non tagliare fuori il Garda dal nuovo corridoio ferroviario.

Bando allo ciance, ecco cosa è scritto in Gazzetta Ufficiale: «Il ministero delle Infrastrutture ha ritenuto di accogliere la richiesta concernente lo studio di un’ipotesi di inserimento di una fermata localizzata in corrispondenza della zona turistica del lago di Garda, prescrivendo la effettuazione di un apposito studio di fattibilità comprensivo dell’analisi costi benefici cui subordinare la scelta di inserimento della fermata tramite variante progettuale».

Si farà? Non si farà? Vedremo. In entrambi i casi, la scelta finale avrà luci e ombre.

SE NON SI FARÀ sarà tolto almeno in parte lo scopo di spendere 2 miliardi e 499 milioni, impegnare con i cantieri il territorio per 7 anni e 3 mesi (questi i tempi preventivati) espropriare immobili a circa mille soggetti tra famiglie e imprese, spazzare via 75 ettari di colture pregiate sull’area morenica (fra cui oltre 30 ettari di viti del Lugana Doc) per realizzare una nuova ferrovia veloce che dovrà però fermarsi, con questa stazione intermedia, ogni 30 chilometri. Oltre al consumo di territorio e all’impatto aggiuntivo che una struttura come una stazione comporta.

Questa era l’obiezione opposta fin dall’inizio da Legambiente: «Che senso ha un’alta velocità con una fermata ogni 30 chilometri? E che senso ha una fermata a San Martino della Battaglia? Il tempo che si guadagna con l’alta velocità – aveva detto il responsabile trasporti di Legambiente Lombardia, Dario Balotta – si perderebbe con i trasbordi e con i collegamenti verso i centri e il lago».

Dall’altro versante, scegliere di non fare la stazione significa mettere completamente fuorigioco il Garda (un bacino turistico da 25 milioni di presenze all’anno) non solo dai trasporti veloci, ma anche da quasi tutti i treni a lunga percorrenza.

Il futuro modello di esercizio ferroviario (benchè provvisorio e ancora da confermare) allegato alla relazione di progetto, prevedeva che alle attuali stazioni di Desenzano e Peschiera, le «porte» ferroviarie del lago di Garda, con la Tav a pieno regime rimarranno dal 2025 solo 3 coppie al giorno di treni a lunga percorrenza, lasciando alla ferrovia storica un servizio fatto quasi esclusivamente di treni regionali. Con buona pace delle esigenze di un turismo internazionale. Con la stazione della Tav a San Martino, questo chiedeva la Regione, si sarebbero invece fermati qui almeno 20 treni veloci al giorno, anche se comunque «fuori mano» rispetto alle reali destinazioni turistiche.

UN DILEMMA quasi insolubile (fare o non fare?), che richiederà fino a sei mesi per essere definitivamente sciolto.

Ma come sarà, se mai sarà? Se si farà, giusto per trastullarsi un po’ con disegni e ghiribizzi, la stazione di San Martino potrebbe somigliare alla fermata inizialmente prevista per lo shunt di Montichiari, poi cestinato: non un mega «hub» urbano, ma una stazioncina «impresenziata – cioè senza personale, come si leggeva nella relazione di Italferr per Montichiari- grazie all’automazione degli impianti. Il fabbricato avrà una parte centrale come sala d’attesa per l’accesso alla doppia banchina con 4 binari lunga 200 metri con 50 di pensilina, e due zone laterali con ristoro, edicola e tabacchi».

Lo stretto necessario per non far perdere il treno al Garda. Dove i cantieri del primo lotto dei lavori, con la firma del contratto con CepavDue, sembra imminente. Senza che ancora si sappia dove fermeranno i treni.

Brescia Oggi – 07/04/2018

© Riproduzione riservata

 

Grande addio al Sfmr «Il metrò del Veneto passa in mano a Rfi»

6 Aprile 2018

L’assessore regionale De Berti: «Progetto nato trent’anni fa per completarlo servono 6 miliardi, giusto voltare pagina»

di Albino Salmaso

La metropolitana del Veneto ideata da Bernini e Cremonese, i big della Dc dorotea degli anni Novanta? Rischiava di diventare un “Mose2”, un’altra eterna incompiuta. Ad ammetterlo è Stefano Fracasso, capogruppo Pd. Se i cassoni delle paratoie mobili della laguna di Venezia sono costati 5 miliardi dal 1984, il metrò-Sfmr avviato da Renato Chisso si è fermato a 1 miliardo sui 6 previsti perché a Palazzo Balbi è arrivata Elisa De Berti, giovane avvocato veronese, cui Luca Zaia ha affidato una “mission impossible”: risollevare le sorti del trasporto. E lei ha cambiato marcia. Anche se i pendolari la criticano per l’inefficienza della Verona-Rovigo e della Mestre-Adria, due linee con 150 passaggi a livello.

Assessore De Berti, perché avete deciso di liquidare Net Engineering e di voltare pagina con l’addio al Sfmr?

«Il metrò del Veneto è stato ideato 30 anni fa, quando le risorse pubbliche erano illimitate. L’idea si puntare sui treni nell’area metropolitana è giusta ma va aggiornata e noi abbiamo scelto Rfi come partner industriale, ora grazie al contratto di servizio con Trenitalia potremo investire 400 milioni e migliorare in un paio d’anni la qualità del trasporto pubblico. Bisogna guardare avanti. Quando sono arrivata a Venezia ho trovato una situazione davvero complicata: per chiudere un passaggio a livello bisognava affidare la progettazione a Net Engineering e quando la Regione acquistava un treno la società di Furlan incassava un bonus. Ora si gira pagina».

Le opposizioni parlano di 1 miliardo e 20 milioni sprecati. Dopo 30 anni si alza bandiera bianca con delle “cattedrali” nella campagna: parcheggi vuoti come a Mira-Oriago ed eterne incompiute. Lei, assessore De Berti, non ha responsabilità dirette ma quanto vi è costato l’addio a Net Engineering?

«L’atto risolutivo con Net è un passaggio obbligato che ci libera le mani da un vincolo impossibile da onorare. 6 miliardi per realizzare l’Smfr non li trova nemmeno lo Spirito Santo e ora la Regione può tornare ad investire. Il contenzioso con Furlan ci paralizzava, la Regione ha perso tutti i lodi in tribunale e così abbiamo deciso di pagare 27 milioni in cambio delle progettazioni degli interventi più urgenti. Non sono soldi buttati dalla finestra. Anzi. Rfi potrà finalmente sistemare la nostra rete infrastrutturale».

E quali sono le priorità indicate dalla Regione a Rfi nell’accordo di programma?

«Vuole l’elenco? Si parte dalla elettrificazione dell’anello basso del Bellunese, della Valsugana, della Schio-Vicenza con l’eliminazione di tutti i passaggi a livello e il raddoppio del ponte sul Brenta a Vigodarzere sulla linea per Castelfranco: i cittadini lo attendono da trent’anni. Verrà raddoppiata anche la Maerne-Castelfranco e realizzata la linea dei Bivi, il by pass della stazione di Mestre per i vagoni merce, che Rfi intende ideare in house: ci pensano loro a Roma. Così Net Engineering dovrà progettare il raddoppio della Bassano-Castelfranco e verrà liquidata nel 2019 con tre tranches da 10, 7 e 5 milioni di euro, cui va sommata l’Iva. Poi uscirà di scena definitivamente, come vincolo contrattuale. I progetti verranno assegnati a Rfi che investirà 117 milioni, 45 dei quali prelevati dal nostro bilancio. Ci sono anche 5 stazioni da ristrutturare e metteremo mano al parcheggio di Busa di Vigonza, troppo piccolo per i pendolari mentre quello di Oriago è purtroppo deserto. Ma non è farina del mio sacco».

Tirate le somme quanto pensate di investire nell’arco di 4-5 anni?

«Siamo a 420 milioni: 270 per il raddoppio della Maerne-Castelfranco, 35 per il ponte sul Brenta e 117 per eliminare i passaggi a livello. Il Pd però non è contento e preme perché il progetto Sfmr non finisca nel cassetto. Ma quello che sto realizzando è il programma del 1990: se arriviamo con 28 anni di ritardo la colpa non è mia né di Zaia ma dei tagli della finanza pubblica. Quei 6 miliardi sono figli della prima Repubblica, io andavo al liceo quando hanno progettato il metrò, con un anello che da Venezia si sarebbe allargato all’area centrale. Ci vuole il coraggio di guardare avanti, dimentichiamo la sigla Sfmr e raggiungiamo gli stessi risultati con Rfi con realismo».

Insomma, lei ha voluto girare pagina. Ma i treni sono sempre vecchi e sporchi?

«Critiche assurde. Quel progetto è superato, prima di arrivare alla quarta fase ci vorrà un secolo. Chi potrà mai appaltare cantieri per 5,9 miliardi? I pendolari del Veneto orientale vogliono risposte immediate. Un treno ogni quarto d’ora? Certo, dove c’è vera necessità, sulla Conegliano-Treviso-Venezia la frequenza è di 20 minuti, ma dove viaggiano vuoti meglio esser cauti, non possiamo sprecare soldi. L’integrazione dell’orario è già realtà a Belluno, Treviso e a Venezia con Actv, dopo la tariffa unica nel 2020 avremo un solo biglietto per viaggiare in tutto il Veneto».

Assessore De Berti, ma la qualità è migliorata?

«Trenitalia ha presentato un report da cui emerge che il 93% delle corse è puntuale e se il ministro Delrio ha chiamato in un convegno Piemonte e Veneto come modelli di efficienza un motivo ci sarà. Vuole la verità? Il Pd alla fine si è complimentato per il coraggio che ho dimostrato con Net Engineering: è la fine di un monopolio assurdo».

Corriere delle Alpi – 06/04/2018

© Riproduzione riservata

Treviso: «Niente voli sulla città», Manildo si ribella a Enac

Il sindaco avverte: «Rotte sperimentali sopra Treviso? Non accettiamo forzature e non firmeremo protocolli al buio». Ma l’ente può andare avanti senza assenso

di Alessandro Zago

«Rotte aeree sperimentali sopra Treviso? Non accetteremo forzature, non firmeremo alcun protocollo con Enac senza prima fare chiarezza. Prima Enac ci deve mandare i periti».

Il sindaco di Treviso Giovanni Manildo tira il freno a mano: parte dei voli «da e per» l’aeroporto Canova non devono, seppur in via temporanea, passare sopra la città. Perché un conto è la legittima protesta del Comune di Quinto, martoriato da molti anni soprattutto dai decolli, un altro spostare, anzi scaricare, il problema sul capoluogo. Anche se il sindaco di Quinto, Mauro Dal Zilio, ha detto: «Non vogliamo scaricare i problemi su Treviso, ma se si vuole un aeroporto le conseguenze non possono essere solo nel mio territorio». Insomma, si profilano ancora tensioni tra i due Comuni. Ma attenzione: l’Enac può avviare la “sperimentazione” anche se non otterrà l’unanimità. Basterà l’assenso, scontato, di Quinto. Ma, a quanto pare, anche il solo via libera del ministero…

Ma Treviso non ci sta. Lo ha detto a chiare lettere Manildo giovedì sera durante l’ultimo incontro organizzato con i quartieri per presentare il rendiconto amministrativo dei sui cinque anni di mandato, dato che a giugno si torna a votare per le comunali. L’incontro si è tenuto alla parrocchia di San Lazzaro, con i residenti dei quartieri a sud ossia San Lazzaro, San Zeno e Sant’Antonino. E il tema dell’aeroporto Canova ha tenuto banco, poiché Enac intende appunto coinvolgere anche il capoluogo con i decolli dal Canova: Enac ha infatti annunciato rotte diverse rispetto a quelle preannunciate in passato, meno impattanti secondo i tecnici, ma comunque sui cieli della città, in particolare su Sant’Angelo, San Zeno e Sant’Antonino. Ma è chiara la linea del sindaco e degli altri componenti della giunta, in particolare degli assessori Marina Tazzer e Luciano Franchin, che seguono da vicino la questione. «Siamo e saremo fermi nei confronti di Save», ha detto Manildo, «il Comune di Treviso non accetterà alcuna forzatura. Prima di firmare qualsiasi piano di sperimentazione, pretendiamo che venga fatta la giusta chiarezza». Viene quindi respinta al mittente, ossia a Enac – che è l’ente nazionale per l’aviazione civile – la proposta di sottoscrivere un “protocollo di sperimentazione dei voli”.

Ca’ Sugana non intende assolutamente accettare la proposta a scatola chiusa: «Il mandato del sindaco è chiaro. La logica del “non nel mio giardino” non ci appartiene», hanno detto gli assessori Tazzer e Franchin, «ma come responsabili della salute pubblica abbiamo l’obbligo di dare ai nostri cittadini risposte certe». Da qui la richiesta della giunta Manildo all’Enac di inviare a Treviso «un perito in grado di spiegare come dovrà essere effettuata questa sperimentazione e quali ricadute concrete avrà sul Comune di Treviso». Sono infatti troppe, per Manildo, le domande ancora aperte: «Ci chiediamo se il protocollo propostoci rispetterà il tetto dei 1.600 movimenti annui, se si garantirà la sostenibilità ambientale e quali saranno le ricadute sulla salute dei cittadini», dice Manildo, «Ci auguriamo che questo accada al più presto, diversamente sottoscrivere il protocollo sarebbe per noi impossibile». Altro nodo, la viabilità: «Continuiamo a lavorare per la liberalizzazione dell’A27», ha detto Manildo, «con la collaborazione dei comuni limitrofi, che sono disponibili a destinare anche delle risorse dei loro bilanci».

La Tribuna di Treviso – 06/04/2018

© Riproduzione riservata

Iata: cargo in forte crescita anche a febbraio

Cresce anche a febbraio il trasporto merci mondiale. Secondo i dati dell’associazione internazionale del trasporto aereo l’incremento, misurato i FTK (in freight tonne kilometers) è stato del 6,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La capacità, misurata in AFTK (available freight tonne kilometers) è invece cresciuta del 5,6%. “La domanda del cargo aereo continua ad essere molto robusta a febbraio – ha commentato Alexandre de Juniac, direttore generale e ceo della Iata -. La stima positiva per il resto del 2017, tuttavia, incontra diversi venti contrari, tra cui le misure protezionistiche che stanno prendendo piede. La prosperità esiste quando i confini sono aperti alle persone e al commercio ed è ostacolata quando non lo sono”.

 Trasporti-Italia.com – 06/04/2018

© Riproduzione riservata

Verona: passeggeri in crescita a marzo del 14,2%

Continua il trend di crescita dell’aeroporto Valerio Catullo. A marzo lo scalo ha registrato un incremento dei passeggeri del 14,2% rispetto allo stesso mese del 2017, per oltre 200 mila passeggeri movimentati sullo scalo. Bene in particolar modo il periodo di Pasqua (28 marzo – 3 aprile), quando i passeggeri sono stati quasi 60 mila, in incremento del +6,5% rispetto alla settimana di Pasqua 2017, con un riempimento medio dei voli del 73%. La giornata più intensa è stata il 31 marzo, con oltre 10 mila passeggeri tra arrivi e partenze. I principali mercati sono stati Gran Bretagna, Germania e Federazione Russa, oltre al mercato domestico con una quota del 38%; le prime destinazioni sono state Londra, Catania e Palermo.
E con l’estate l’aeroporto si prepara a crescere ancora. Sono 16 infatti i nuovi collegamenti di linea che si aggiungono alla programmazione continuativa: Atene (operato da Aegean e Volotea), Brindisi (operato da Ryanair), Creta, Faro, Pantelleria, Lamezia Terme (operati da Volotea), Larnaca (operato da Cyprus), Londra Stansted e Manchester (operati da Jet2.com), San Pietroburgo (operato da Siberia Airlines), Stoccolma (operato da SAS), Djerba e Monastir (operati da Nouvelair e Tunisair), Mosca SVO (operato da Aeroflot), Bucarest e Iasi (operati da Ernest Airlines).

Trasporti-Italia.com – 06/04/2018

© Riproduzione riservata