Polesine, una strategia di fuga

Il territorio si scopre poco competitivo e con minore attrattività industriale. Ci sono correttivi in vista?

Polesine non strategico per industria ed economia? Sembrerebbe così ad analizzare le motivazioni che hanno spinto Ecolab ad abbandonare il sito produttivo di Rovigo per trasferire la produzione in Francia. Una scelta che comporta pesanti ricadute sull’immediato e che pone seri interrogativi sul futuro a medio-lungo termine del panorama economico-occupazionale del Polesine.

Ecolab infatti spiega che la chiusura dello stabilimento di Rovigo è legata ad una revisione industriale che ha portato in superficie costi operativi che a Rovigo risultano più alti che in altri siti della multinazionale che si occupa di detergenti industriali. Costi maggiori, dunque, determinati da una logistica più complessa in quanto la maggior parte dei clienti Ecolab proviene da oltre i confini italiani, inoltre dal fatto che la maggior parte delle materie prime per la lavorazione proviene dall’estero. E quindi costi di trasporto più onerosi e tempi di consegna più lunghi. Il Polesine e Rovigo, quindi, si scoprono, detta in parole povere, meno competitivi dal punto di vista strategico-industriale, almeno per quelle attività imprenditoriali che lavorano molto nell’export. Ecco allora che l’interrogativo primario a cui cercare di dare risposta è il seguente: il Polesine è in gradi di competere, a livello economico e industriale, con le sfide della globalizzazione e di un mercato sempre più aperto e ‘competitivo’? Stando alle motivazioni, ovviamente ‘di parte’, di Ecolab, non sarebbe così.

E la cosa fa specie se si pensa che l’alternativa scelta dalla multinazionale americana non è un Paese delle cosiddette economie emergenti, dove esistono contributi o sgravi fiscali, ma la Francia, dove è probabile che il costo del lavoro non sia tanto diverso rispetto alla media italiana. I punti di forza, o di debolezza, su cui ragionare, a questo punto, vanno declinati su quello che molti esperti del settore chiamano la “competitività” di un territorio. E qui entrano in campo logistica, infrastrutture materiali e digitali, costo delle materie prime, trasporti. Ragionando da un punto di vista delle mere vie di comunicazioni non si può dire che Rovigo non sia al centro di uno snodo infrastrutturale interessante (autostrade, ferrovia, idrovia, superstrada). Il punto però è un altro perché le infrastrutture devono servire per portare e fare arrivare merci e prodotti, e secondo Ecolab questi punti di partenza, o di arrivo, non sono per niente vicini al Polesine, che quindi si rivela poco strategico.
E quindi? Quindi politici e categorie del mondo produttivo dovrebbero approntare correttivi e misure per invertire, o stoppare, questa tendenza. Uno di questi correttivi potrebbe essere la Zes, il meccanismo di sgravi fiscali per aziende che decidono di insediarsi nel territorio (16 Comuni polesani e l’area di Marghera per il progetto di Zona economico speciale in Veneto). Ecco allora che il territorio polesano (considerato nel suo complesso anche grazie ai benefici dell’indotto) tornerebbe ad essere strategico e favorevole a chi vuole “fare impresa” e “creare lavoro”. La Zes, come più volte sottolineato da Confindustria e dai sindaci polesani, è dunque la priorità, utile a sviluppare non solo nuovi insediamenti, ma anche un tessuto economico-sociale in grado di autosostenersi e ampliarsi.

Interrogativi a cui dare risposte nel breve. Perché Ecolab sta chiudendo i battenti adesso, tagliando 43 posti di lavoro (ma potrebbero essere di più), ma il rischio è che nei prossimi mesi il mondo economico-produttivo si impoverisca ulteriormente.

La Voce di Rovigo.it – 15/09/2019

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