Bbt in Bassa Atesina, Puc modificati d’ufficio

21 Febbraio 2017

Bbt in Bassa Atesina, Puc modificati d’ufficio Oggi l’assessore Theiner porterà la delibera in giunta provinciale Riguarda Laives, Bronzolo, Nova Ponente, Aldino, Ora, Montagna, Egna, Salorno.

di Massimiliano Bona

Nonostante le comprensibili resistenze di un paio di Comuni della Bassa Atesina oggi la giunta provinciale approverà una delibera con la quale darà il via libera alla modifica d’ufficio dei piani urbanistici di Laives, Bronzolo, Nova Ponente, Aldino, Ora, Montagna, Egna e Salorno. Si tratta, in particolare, del «lotto prioritario numero 5 della linea d’accesso sud alla galleria di base del Brennero» tra Bronzolo e Salorno.

A sollecitare l’inserimento del tracciato nel Puc dei Comuni interessati è stata la stessa giunta provinciale, che poi commissionerà uno studio idrogeologico su un corridoio di una larghezza di almeno 500 metri. «In caso contrario – spiega il presidente del Comprensorio Edmund Lanziner – non ci sarebbero stati i presupposti per finanziare uno studio, che sarà a tutela degli stessi Comuni e dei residenti. L’inserimento nel piano urbanistico del tracciato è una condizione essenziale. In caso contrario la Corte dei Conti avrebbe anche potuto chiedere conto alla Provincia dei soldi spesi». In linea teorica il tracciato dovrebbe essere tutto interrato, in galleria, con una «finestra» (con possibilità di accesso da una rampa in caso di emergenza) ad Ora e una ad Egna. «Abbiamo chiesto di prevedere – continua Lanziner – una sola finestra ad Ora, se possibile, in modo tale da riuscire ad evitare il maxi-cantiere ad Egna». Dello studio del tracciato potrebbe occuparsi poi direttamente l’ufficio geologia e prove materiali della Provincia. Tra i Comuni interessati dal progetto le maggiori resistenze, in questa fase, si registrano ad Egna, dove una parte della giunta e del consiglio (la lista civica Bündnis Neumarkt) ha manifestato forti perplessità. «Trattandosi di un progetto internazionale ritengo difficile che un singolo Comune possa mettersi di traverso. Ad Egna, tra l’altro, non c’è un fronte del no ben definito, ma un gruppo di persone che sta facendo una forte resistenza in modo strumentale». Tra l’altro, come sottolinea lo stesso Lanziner, i fondi per diverse tratte d’accesso al Bbt – compresa quella in Bassa Atesina – al momento non sono nemmeno garantiti. Anche per quanto attiene i tempi si possono fare solamente delle previsioni orientative. «C’è chi sostiene che se ne riparlerà tra il 2025 e il 2035». Essendoci però ancora diverse incertezze «su possibili interferenze con attuali sorgenti idriche», non è ancora possibile individuare «un percorso preciso degli scavi da effettuare nella roccia».

La soluzione potrebbe essere allora quella di iscrivere nei piani urbanistici non un’unica linea ferroviaria, ma una fascia larga da 500 metri ad un chilometro. In tal modo si ritiene che potrebbero essere evitati i punti più problematici (ancora da individuare) con ulteriori sondaggi geotecnici. Sarà invece compito degli amministratori dei Comuni direttamente interessati formulare precise richieste di garanzia a tutela del proprio territorio, per poi inoltrarle direttamente al governatore altoatesino Kompatscher. Da un lato, dunque, c’è l’ottimismo del presidente del Comprensorio Lanziner e dall’altro ci sono ancora consiglieri comunali e amministratori che frenano e vorrebbero – prima dell’inserimento del Puc – ulteriori garanzie. Ora la trattativa sembra in dirittura d’arrivo.

Alto Adige – 21.02.2017

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Fs, rivoluzione nel business merci

Previsti investimenti per 1,5 miliardi e raddoppio dei ricavi in dieci anni – Ritorno all’utile nel 2018

di Marco Morino

Risanare e riportare in utile il business del trasporto merci, un’attività strutturalmente in perdita per il gruppo Fs Italiane ma che rappresenta circa 1/7 del volume d’affari e poco meno dell’8% dell’organico complessivo del gruppo Fs. Presentarsi al mercato, cioè al mondo delle imprese e degli operatori della logistica e del trasporto merci, come un unico interlocutore, ovvero facendo in modo che i clienti possano beneficiare di tutti i servizi offerti dalle diverse società della nuova realtà industriale senza però doversi preoccupare di interagire con più soggetti diversi. Ecco le fondamenta sulle quali è basato il Polo Mercitalia, la nuova struttura del gruppo Fs Italiane che si candida a essere il soggetto trainante, nel Paese, del business del trasporto merci e della logistica integrata. Oggi il trasporto ferroviario ha una quota di mercato modesta, circa il 9%, ma secondo le Fs gli spazi di miglioramento sono enormi.

Il Polo Mercitalia è stato presentato, ieri, alla Stazione Centrale di Milano dal top management del gruppo Fs guidato dall’amministratore delegato Renato Mazzoncini. All’evento è intervenuto anche il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio. Il Polo raggruppa in un’unica grande realtà tutte le società di Fs Italiane attive, a vario titolo, nel business del trasporto merci e della logistica (si veda il grafico in pagina): la capogruppo sub­holding Mercitalia Logistics controllata al 100% da Fs Italiane; Mercitalia Rail (maggiore player italiano del settore con 500 milioni di fatturato annuo); gruppo TX Logistik (con base in Germania, ma attivo in diversi Paesi europei); Cemat (terzo player europeo del combinato); Mercitalia Transport & Services; Mercitalia Terminal; TerAlp (Terminal AlpTransit) e Tlf. Il Polo Mercitalia, sottolinea l’ad di Mercitalia Logistics Marco Gosso, avrà il compito di risanare e rilanciare il business merci del gruppo, sviluppando soluzioni integrate di trasporto merci e logistica che valorizzino il trasporto merci per via ferroviaria puntando a raggiungere l’utile già nel 2018 e al raddoppio dei ricavi in dieci anni (dal miliardo fatturato nel 2016 a oltre due miliardi nel 2026). In particolare, il risultato netto del Polo Mercitalia dovrebbe chiudere con un attivo pari a tre milioni di euro già nel 2018, dopo le forti perdite operative degli ultimi anni (800 milioni di perdite tra il 2011 e il 2015).

«Il raggruppamento delle società operative in un unico Polo ­ sottolinea Mazzoncini ­ consentirà di ottimizzare i servizi: i clienti potranno confrontarsi con un unico interlocutore, con conseguente risparmio di tempo e risorse». Il Polo Mercitalia (4 mila dipendenti) prevede nel piano industriale 2017­-2026 investimenti per 1,5 miliardi di euro: oltre un miliardo per il materiale rotabile, 100 milioni per i terminal intermodali (previsti nuovi impianti a Milano, Brescia e Piacenza) in asse con il Gottardo e il corridoio Reno-Alpi (Genova-Rotterdam), 100 milioni per l’information technology & sicurezza e circa 250 milioni in acquisizioni di aziende per espandere il business.

Si tratta dell’investimento complessivo più significativo che le Ferrovie italiane abbiano mai fatto nel settore delle merci. Un’attenzione particolare verrà dedicata al rilancio delle attività internazionali che hanno il punto di forza in Tx Logistik, la società del polo con base in Germania che ambisce a diventare leader nei servizi di trazione ferroviaria, da e per l’Italia, sui grandi corridoi europei di traffico merci transalpini. «Il Paese ­commenta il ministro Delrio­ ha bisogno di questa cura del ferro e la logistica ferroviaria è un settore decisivo per lo sviluppo dell’economia. Amo ripetere che se l’Italia avesse la logistica della Germania, il Pil italiano sarebbe superiore a quello tedesco. Per colmare i ritardi è necessario sviluppare un pensiero logistico integrato, collegando i porti marittimi alla rete ferroviaria e facendo in modo che i treni, sulle lunghe percorrenze, risultino più competitivi del Tir».

Il Sole 24 Ore – 21.02.2017

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Dalla Giunta: tratta di accesso del BBT, modifica PUC in Bassa Atesina

La Giunta provinciale ha avviato l’iter di modifica dei PUC per il progetto della tratta di accesso sud del tunnel di base del Brennero, tra Bronzolo e Salorno.

Passo avanti fondamentale verso la progettazione della tratta ferroviaria di accesso al BBT in Bassa Atesina: la Giunta provinciale ha avviato oggi la procedura relativa alla modifica di ufficio del PUC dei Comuni interessati (Laives, Bronzolo, Nova Ponente, Aldino, Ora, Montagna, Egna e Salorno) con l’inserimento della variante in galleria. Questa soluzione sarà la base per le prossime fasi di progettazione della tratta di accesso. Il tracciato in galleria è risultato il migliore dallo studio di fattibilità che ha confrontato diverse soluzioni sul piano geologico, idrogeologico, geomeccanico e ambientale e che ha tenuto conto anche delle osservazioni di Comunità Comprensoriale Oltradige Bassa Altesina, rappresentanti dei Comuni, gruppi di interesse, gruppo di lavoro VAS (Valutazione ambientale strategica), esperti e cittadini. Secondo quanto prevede la modifica del PUC, il tracciato individuato potrà ora essere ottimizzato intervenendo su un corridoio ampio 750 metri in base agli studi geologici, ambientali e tecnici dettagliati che seguiranno nelle successive fasi del progetto.

La variante di galleria, secondo lo studio di fattibilità, potrà essere realizzata con i metodi comprovati di costruzione dello scavo in galleria, con rischi gestibili ed evitando gran parte dei conflitti territoriali con le zone artigianali e residenziali nonché con i terreni agricoli. Il tracciato prevede soltanto due brevi tratti a cielo aperto, ad Ora ed Egna, e comporta un’occupazione più ridotta di aree di deposito per il materiale di scavo, tenuto conto che tale materiale – a differenza di quanto avverrebbe per le varianti di fondovalle – è in gran parte riutilizzabile. Anche per quanto concerne i costi di realizzazione, la variante in galleria è quella più vantaggiosa. Con tale variante, inoltre, è possibile evitare una faglia geologica, la cosiddetta “Linea di Trodena”, e di ridurre al minimo la percorrenza nei siti Natura 2000.

L’inserimento della previsione della tratta di accesso nel PUC è indispensabile per molte ragioni: crea le premesse urbanistiche per la progettazione in Bassa Atesina, garantisce l’avvio del dialogo istituzionale con l’interlocutore ufficiale RFI (Rete ferroviaria italiana, che gestisce l’infrastruttura ferroviaria nazionale), consente di effettuare tutte le successive indagini per individuare la migliore soluzione tecnica possibile. “Si tratta di agire con responsabilità verso i cittadini e concretizzare finalmente la volontà di intervenire tra Bronzolo e Salorno per assicurare un concetto di mobilità che tuteli la qualità di vita della popolazione e il paesaggio”, ha ricordato il presidente Kompatscher. I Comuni ora avranno 60 giorni di tempo per presentare le osservazioni in merito alla proposta di modifica del PUC.

Kompatscher ha ribadito che il processo partecipativo avviato tra tecnici provinciali, rappresentanti comunali, popolazione e gruppi di interesse per approfondire le esigenze della Bassa Atesina proseguirà anche per i prossimi passi. L’inserimento del tracciato provvisorio nel PUC è il presupposto che permette di continuare nelle verifiche ulteriori e necessarie. I risultati serviranno per definire il progetto finale. Dopo l’inserimento d’ufficio del corridoio nel PUC dei Comuni interessati, infatti, le analisi proseguiranno sul fronte di 750 metri secondo gli standard di monitoraggio del BBT, considerati di eccellenza in Europa.

Provincia Autonoma di Bolzano Alto Adige – 21.02.2017

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Infrastrutture, approvato il piano triennale da 69 milioni

La giunta ha definito il programma dei lavori. Mussner: opere essenziali per la mobilità e per l’economia.

La rete stradale altoatesina è costituita da 2826 chilometri di strade, 1662 ponti e 206 gallerie. La giunta provinciale stamani (21 febbraio) ha approvato il programma di interventi infrastrutturali triennale (2016-2018) per il quale è prevista una spesa complessiva di 69 milioni di euro. “Seguendo il nostro motto ‘collegare l’Alto Adige’ il denaro viene investito per rendere le strade più sicure con misure per prevenire le frane, la realizzazione di tunnel, il risanamento di ponti, l’eliminazione delle strettoie e la costruzione di circonvallazioni per decongestionare le arterie che sopportano alti volumi di traffico”, sottolinea l’assessore alle infrastrutture, Florian Mussner. Il piano complessivo prevede 164 progetti per circa 1,174 miliardi euro, 400 dei quali saranno destinati per la realizzazione della circonvallazione di Bolzano, opera cofinanziata da A22 che sarà a breve oggetto di un nuovo incontro con il Comune di Bolzano. Nel piano triennale 2016-2018, invece, sono previste 99 opere delle quali 36 sono già in corso di realizzazione.

Per tutti gli interventi è previsto un elenco delle priorità che tiene conto delle esigenze di tutto il territorio. “Questi interventi sono essenziali – spiega Mussner – per rendere le strade più sicure e scorrevoli per il traffico individuale, le imprese, i turisti, ma anche per rendere più efficiente il trasporto pubblico”. Proseguono, quindi, i lavori per la realizzazione del tunnel paramassi a Campodazzo, per il terzo lotto delle gallerie in val d’Ega, l’uscita di Brunico e la costruzione del nuovo tunnel per la Val d’Ultimo. Possono cominciare anche i lavori di ampliamento della strada per Fié allo Sciliar e il collegamento attraverso un ponte della pista ciclabile tra Pineta di Laives e la zona Galizia. Già avviati i bandi per il secondo lotto della circonvallazione di Merano, la strada di accesso alla val Badia e lo svincolo centrale della circonvallazione di Bressanone. Previsti anche i bandi per quattro lotti del Metrobus per l’Oltradige, nonché la realizzazione di barriere antirumore a Cardano, il bando per il ponte sopra la A22 in Bassa Atesina e per la circonvallazione di Castelbello in Venosta e altri interventi in val d’Isarco e Pusteria. La giunta, inoltre, metterà a disposizione dei Comuni ulteriori 4 milioni di euro. “Sono misure molto importanti, perchè grazie a tutti gli interventi in programma diamo un forte impulso all’economia e al mercato del lavoro”, ha concluso Mussner.

Provincia Autonoma di Bolzano Alto Adige – 21.02.2017

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Porti: D’Agostino, Austria prossimo mercato da aprire

20 Febbraio 2017

Autorità, ‘Baviera ormai consolidata, ora ci serve Vienna’.

“L’Austria è il prossimo mercato di espansione del porto di Trieste; il rapporto con la Baviera si è ormai consolidato con due treni al giorno per Monaco”. Lo dice il presidente d’Autorità di Sistema portuale dell’Adriatico orientale Zeno D’Agostino a margine del convegno “Rigenerazione dei waterfront portuali: Trieste e Napoli, esperienze a confronto” organizzato dall’International propeller club. “Con la Baviera il rapporto si consolida sempre di più – spiega D’Agostino – Abbiamo due treni al giorno per Monaco e due settimanali per Ulm e per un’altra destinazione nei pressi di Monaco”. Se il legame con il Land tedesco è stabile, l’Austria va vista come area di espansione: “Un mercato fondamentale che in passato è stato in parte sottovalutato. L’evento in cui un mese fa abbiamo presentato il nostro porto a Vienna ha avuto grandissima importanza. Ci aspettavano 250 operatori locali e con loro abbiamo iniziato a intavolare rapporti”. Non solo: “Anche i nostri operatori hanno iniziato a lavorare con i loro omologhi, il che è forse ancora più rilevante”.Le due aree, Baviera e Austria, serbano comunque ulteriori spazi di espansione: “Sono mercati nei cui confronti non abbiamo problemi di capacità ferroviaria. Nel caso della Baviera non sentiamo nemmeno una forte competizione con il porto sloveno di Koper. Si sente invece in Austria, territorio su cui gli sloveni hanno lavorato bene in questi anni”.

Ansa/Mare – 20.02.2017

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Treno delle Dolomiti un anno per il progetto

18 Febbraio 2017

Zaia: «L’ opera rispetterà la natura rilanciando le vallate bellunesi» Costi, distanze e tempi di percorrenza dei due tracciati verso Cortina

di Filippo Tosatto

La Ferrovia delle Dolomiti? Sentiero luminoso e percorso a zig zag, per dirla con il Grande Timoniere Mao. Se la firma del protocollo d’intesa tra Regione Veneto, Provincia di Bozano e ministero delle Infrastrutture (Cortina, 13 febbraio 2016) ha rappresentato un primo approdo concreto, sul progetto, certo fascinoso, permangono dubbi e criticità: «Non sarà una passeggiata», riflette il governatore Luca Zaia «ma è una chance straordinaria per rivitalizzare la nostra montagna e trasformare il ricordo di un vecchio percorso su rotaia nell’Orient Express dell’arco dolomitico, proiettato verso il cuore della Mitteleuropa».
Così, alla vigilia del vertice tecnico del 22 febbraio, Sistemi Territoriali (la società incaricata della progettazione) ha messo a punto uno studio di fattibilità che prevede due opzioni di percorso, entrambi in partenza da Calalzo destinazione Cortina.

Il primo, denominato “Val Ansiei” , corre su 271 km (18 in galleria) con un tempo di percorrenza fissato in 70 minuti; sette le fermate – Domegge, Lozzo, Cima Gogna, Auronzo, Tre Cime, San Marco, Cortina Centro – e un investimento stimato in 745 milioni di euro. L’altro tracciato, ribattezzato “Val Boite”, si snoda attraverso 227 chilometri (23 in galleria) per 63 minuti di viaggio; il circuito delle sue stazioni comprende Valle, Vodo, Borca, San Vito e Cortina Centro; 710 milioni il costo preventivato. Rispetto alle valutazioni originarie, la spesa è lievitata in previsione di un anello ferroviario intorno alla città cortinese che prevede 3 fermate (Nord, Centro, Sud) così da agevolare la prosecuzione verso Brunico, tappa prevista da Bolzano.
«Comprendo i timori di impatto ambientale ma garantisco che sarà un’opera rispettosa della natura, anzi, contribuirà a rilanciare le valli bellunesi a rischio di spopolamento», si accalora Zaia, che non nasconde la preferenza verso l’ipotesi Val Ansiei: «Costa di più ma offre ai viaggiatori uno spettacolo mozzafiato, indimenticabile, che diventerà un “must” perché tutti, una volta nella vita, vorranno vedere dal treno la meraviglia delle Tre Cime di Lavaredo. Penso a convogli di ultima generazione, digitali ed ecologici, con grandi vetrate spalancate sul paesaggio». Allettante, ma che c’entra la Mitteleuropa? «La tratta Calalzo-Cortina non esaurisce la dimensione del progetto che proseguirà fino a Dobbiaco e poi a Brunico dove il presidente di Bolzano, Arno Kompatscher, lavora già al collegamento ferroviario con l’Austria e la Svizzera». Sarà la volta che tra veneti e altoatesini scoppia la pace? «C’è grande sintonia, i nostri tecnici lavorano insieme, il rapporto di collaborazione con Kompatscher è eccellente perché condividiamo un sogno che può, anzi, deve diventare realtà.
Non dimentichiamo che la Ferrovia delle Dolomiti ha una valenza tutt’altro che locale, può diventare un asset nazionale di crescita, un’ attrazione senza precedenti e il ministro Delrio, che è persona affidabile, ha garantito sostegno pieno». Ma chi pagherà il conto? «Non è questo il problema principale, certo si tratta di una discreta somma ma la posta in ballo è elevatissima.

Nel Bellunese ci sono alberghi che chiudono per assenza di domanda, i giovani se ne vanno, l’ impresa turistica nelle valli segna il passo. Questo treno può segnare davvero un nuovo inizio, calamitando quote importanti del flusso turistico del Veneto: parliamo di 30 milioni di presenze l’ anno».
Nell’ attesa, qualche amministratore locale brontola, lamentando di non essere stato coinvolto né interpellato a riguardo… «Dopo la presentazione delle risultanze dello studio di fattibilità, avvieremo un confronto con i sindaci dei territori interessati per passare poi alla fase progettuale e di costruzione finanziaria». Tempi previsti? «Il piano di fattibilità arriverà, al più tardi, entro due mesi. Per il progetto esecutivo speriamo sia sufficiente un anno, poi metteremo a punto la copertura finanziaria che, considerato l’ importo, coinvolgerà più istituzioni nazionali e comunitarie».

Corriere delle Alpi – 18.02.2017

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L’aeroporto va in utile e si privatizza

Gara europea per la ricerca di un partner, per la fine del 2017 previsti quasi tre milioni. E parte la caccia a nuove tratte.

La cura Serracchiani all’aeroporto regionale funziona e i primi frutti tangibili, già evidenti con la chiusura del 2016, saranno ancor più chiari alla fine del 2017. Se il 2016 si è chiuso sostanzialmente in pareggio, il 2017 si chiuderà con un incremento del fatturato del 28%, portandosi dai 12,6 milioni del 2016 ai 16 milioni del 2017. Il budget è stato licenziato dal cda dell’aeroporto, presieduto da Antonio Marano, ed è il frutto della riorganizzazione guidata dal direttore Marco Consalvo. I numeri sono emersi ieri a margine della discussione su Autovie Venete alla presenza della presidente della Regione. Debora Serracchiani è intenzionata a dare il via libera -seppure informalmente- al passo successivo, ovvero la privatizzazione dello scalo. Al presidente Marano verrà chiesto di bandire la gara europea per la vendita della quota di maggioranza della stazione aeroportuale. Quanto? Operazioni analoghe hanno portato alla cessione del 70% della maggioranza, lasciando il socio pubblico fermo al 30%. Questa è anche l’indicazione dello Stato, che spinge verso aggregazioni fra scali e che cerca di levare dall’infausta manleva politica la gestione degli aeroporti. Non è un caso che Marano si sia portato a Ronchi uno come Marco Consalvo che, a Napoli, guidò la prima privatizzazione del settore con Capodichino. L’operazione potrebbe portare in cassa, questa è la speranza, almeno una ventina di milioni, posto che l’aeroporto potrebbe valere sul mercato dai 30 milioni in su. E’ un calcolo a spanne: sarà l’advisor incaricato a stabilire il valore. Il progetto, del resto è ancora in embrione. La presidente Serracchiani si immagina un percorso inclusivo dapprima con la sua maggioranza e successivamente con le forze dell’opposizione, ritenendo che un tale processo di cessione debba essere il più possibile condiviso. Nessuno fa mistero, neppure nel centrodestra (Riccardo Riccardi non è certo ostile), che l’aeroporto debba uscire dal suo splendido isolamento. E per farlo deve mettersi in collegamento con altre realtà più grandi. Per anni si è parlato di Save, la società che gestisce il Marco Polo di Venezia. Ora si vuole invece guardare al mercato nella sua intierezza, poiché Save ha sempre dato l’impressione di volersi portare a casa il nostro aeroporto regionale a prezzi di saldo. Il «Trieste airport – Pietro Savorgnan di Brazzà» ora è un gioiellino che ha valore, non può essere svenduto. La grande stagione di investimenti sul polo intermodale (treno, parcheggi, autostazione) rende per la prima volta lo scalo friulan-giuliano realmente appetibile. Il margine operativo lordo previsto per il 2017 sarà di 5,23 milioni pari al 215% sul 2016, quando si arrestò su 1,66 milioni. Il profitto, pagate le tasse, sarà di 2,76 milioni pari a quanto programmato nel piano industriale per il 2020. Il traffico è previsto in aumento del 15% sull’anno appena concluso. Le ragioni di un incremento così sensibile sono varie. Da un lato l’attività dell’aeroporto era diventata, sotto la gestione Dressi, di mera sopravvivenza e dunque è bastato un piano industriale per dare uno scossone. Le nuove tratte previste sono in grado di apportare un volume di passeggeri e di fatturato importante. Dall’altro, il management ha ridotto i costi (il personale oggi si attesta sul centinaio di unità ed è considerato in linea con le dimensioni dello scalo, dopo la riduzione avvenuta l’anno scorso), sono state efficientate le procedure di gestione con importanti trasformazioni dell’orario (introducendo lo “spezzato”) e messe a reddito le aree della ristorazione. Resta ancora molto da fare. Tanti ancora gli spazi commerciali da occupare, c’è una scala mobile vecchia di vent’anni da sostituire (è stata ordinata) e soprattutto c’è da capire quali nuove rotte si possono aggiungere. Trattative sono in corso per la Germania, per esempio. Il budget, che pure presenta un punto di caduta eccezionale, viene considerato assolutamente alla portata della società e potrebbe, sostengono fonti vicine alla presidenza, ulteriormente migliorare qualora si stringessero uteriori accordi con nuove compagnie aeree. E Ryanair? Non c’è l’ossessione di riportarla massicciamente su Ronchi, ma non si escludono collaborazioni strette. E Alitalia? Per ora l’accordo resiste. Resta da capire in che modo il piano di ristrutturazione inciderà sulla flotta e come i tagli si abbatteranno anche sul Friuli. E’ una variabile non da poco anche per il conto economico. Che l’aria è cambiata s’è capito non solo dal budget approvato dal cda giovedì 16, ma anche da un provvedimento mai applicato: in queste ore è stato licenziato per giusta causa un addetto alla security che, in malattia, postava su fb foto della sua attività sportiva.

Messaggero Veneto – 18.02.2017

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«Anas nella nuova Autovie. Ma il Fvg avrà il controllo»

La presidente Serrachiani in audizione illustra i termini dell’operazione ma da Riccardi a Tondo si leva un coro di critiche: «intesa nascosta a lungo»

di Diego D’Amelio

L’ingresso di Anas nel cda della futura compagine societaria di Autovie Venete continua ad accendere il fuoco della polemica nella politica regionale. Fa discutere in particolare la scelta di cedere la nomina dell’amministratore delegato al colosso italiano delle autostrade, che il presidente di Autovie, Maurizio Castagna, ha definito ieri come «il prezzo da pagare» per ottenere l’impegno di Anas a versare «fino a 200 milioni per entrare in Autovie con il 43% delle quote». La cifra servirà a operare una forte capitalizzazione della controllata regionale, evitando l’indebitamento che dovrebbe altrimenti sostenere per l’acquisto delle quote societarie mancanti alla realizzazione di una società a capitale totalmente pubblico. La costituzione della newco è passaggio ineludibile per ottenere dall’Ue il prolungamento al 2037 della concessione autostradale: un orizzonte temporale necessario per garantirsi la copertura bancaria per la costruzione della Terza corsia e ammortizzare l’investimento. La presenza di Anas rappresenta tuttavia il contraltare all’idea del centrodestra, che preferirebbe una società a capitale interamente locale, che finanzi l’opera con l’indebitamento e mantenga in cambio il pieno controllo di società, scelte strategiche e proventi delle tariffe. Il nuovo capitolo della polemica è andato in scena ieri, nel corso dell’audizione della presidente Debora Serracchiani, richiesta dal centrodestra per ottenere l’illustrazione dell’accordo stretto tra Fvg, Veneto e Anas. Serracchiani ha ricordato che la sua giunta ha «reperito le risorse necessarie per completare la Terza corsia e rivisto interamente il piano economico-finanziario precedente, che si era rivelato non bancabile. Abbiamo trovato la copertura, ottenendo 160 milioni dal governo e raddoppiando il finanziamento di Cassa depositi e prestiti». Quest’ultimo è un mutuo da 300 milioni, coperto di fatto dai 600 milioni a fondo perduto che il piano Juncker ha deciso di investire su quella che a Bruxelles viene ora considerata un’infrastruttura strategica. Per il rinnovo automatico della concessione, senza una gara pubblica «che avrebbe visto Autovie venduta potenzialmente a chiunque», ha spiegato la presidente, serviva tuttavia la creazione di una società interamente in house. Da qui la necessità di acquistare i pacchetti azionari dei soci minori, secondo un modello di definizione delle quote che Serracchiani promette verrà sancito entro qualche settimana. Secondo la governatrice sarebbe stato impossibile centrare l’obiettivo senza un socio pubblico con sufficiente disponibilità: ed ecco materializzarsi Anas. Serracchiani rassicura: «Il Fvg non scenderà sotto il 50,1%, la sede resterà sul territorio e, con essa, le tasse versate. Non vi saranno effetti sull’occupazione e le scelte strategiche non potranno essere prese senza il parere favorevole della Regione». La presidente sottolinea che l’operazione garantirà che Friulia, oggi proprietaria del 75% delle quote di Autovie per conto della Regione, cederà il suo pacchetto e riceverà un corrispettivo di 100 milioni, che consentiranno investimenti tali da garantire profitti per 4 milioni, pari a quanto la holding regionale oggi incassa dai dividendi di Autovie. Ma il centrodestra non ci sta. Riccardo Riccardi (Fi) mette in dubbio la credibilità del piano economico e critica «la cessione di pezzi di patrimonio regionale. Perché il testo dell’intesa con Anas è stato a lungo inaccessibile all’opposizione e perché l’ad dovrà nominarlo un socio di minoranza?». Luca Ciriani (FdI) ritiene che «Anas deciderà ogni cosa». Per Alessandro Colautti (Ap), «continuano a non spiegare perché non sia possibile l’operazione senza Anas». Così Renzo Tondo (Ar): «Decisione strategica presa di nascosto». Per Renzo Liva (Pd), invece, «l’operazione permette di realizzare l’opera e mantenere le prospettive di reddito per Friulia». Secondo Pietro Paviotti (Cittadini) «Anas ci aiuta a sopportare l’impegnativo investimento»

Il Piccolo – 18.02.2017

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Traffici in calo, il porto non riesce a decollare

16 Febbraio 2017

di Elisabetta B. Anzoletti

Fondali inadeguati, traffici in calo e Marittima passeggeri che stenta a decollare. Il porto di Chioggia soffre di diversi malanni e per la guarigione punta, anche, sulla nuova Autorità portuale unica, affidata a Pino Musolino.

A tracciare il quadro clinico il presidente del Comitato per il rilancio del porto, Alfredo Calascibetta. «Lo scalo di Val da Rio da due anni versa nel più completo immobilismo», spiega il presidente, «siamo fermi in attesa di sviluppi. Dal 2013 siamo fuori dalla portualità nazionale. Il nostro porto è classificato come scalo nazionale, ma nei fatti non lo è. Pur essendo un comparto economico fondamentale per la città, siamo un’entità avulsa, un corpo estraneo. Chi doveva gestirlo e occuparsi della promozione e dello sviluppo non ha perseguito fino in fondo la propria mission. A partire dallo scavo dei fondali che sono fondamentali per mantenere i traffici attuali, ma anche per portarne a casa di nuovi». Calascibetta ricorda che il progetto presentato e approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici per portare i fondali a -11 metri non è stato realizzato. «Chi potrà decidere di investire a Chioggia», spiega il presidente, «se le navi hanno pescaggi minimi di 8 metri sul medio mare e noi non arriviamo nemmeno a 7? La grana dei fondali passerà in eredità al nuovo presidente dell’Autorità portuale che dovrà discuterne sui nuovi tavoli di partenariato che sostituiranno le commissioni portuali che sono state cancellate».

Se il porto commerciale di Val da Rio piange, al momento non ride nemmeno lo scalo passeggeri di Isola Saloni. Nel vecchio Piano regolatore del porto Isola Saloni è destinata a porto commerciale. Per far decollare la Marittima occorre un cambio di destinazione d’uso che renderebbe più semplice anche la vita della Capitaneria di porto che oggi, ogni volta che deve arrivare una nave da crociera, deve rilasciare permessi speciali. Un iter complesso che non invoglia gli armatori a scegliere lo scalo di Chioggia e non aiuta a dare concretezza a quella voglia di entrare nel mercato crocieristico mondiale che tutti a parole sostengono. Per il 2017 non ci sono arrivi certi se non di navi piccole e mega yacht. Nel frattempo l’amministrazione comunale ha venduto quasi tutte le quote che deteneva in Ctc, Chioggia terminal crociere, lasciando quasi l’intero pacchetto alla Camera di commercio. «C’è poi tutta la partita sulla declassificazione dei fanghi in laguna», ricorda Calascibetta, «esistono oggi nuove norme comunitarie meno vincolanti per i dragaggi. Al nuovo presidente chiederemo come primo punto proprio un impegno sul fronte dei dragaggi per riuscire a rendere il nostro scalo competitivo».

Sul futuro del porto pesa come un macigno anche l’impianto di gpl in fase di costruzione a punta Colombi, a pochi metri dal nuovo piazzale che dovrebbe essere destinato a nuove attività portuali.

La Nuova di Venezia/Chioggia – 16.02.2017

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Lo spettro dei treni veloci torna ad agitare il Carso

13 Febbraio 2017

Lo spettro dei treni veloci torna ad agitare il Carso Ambientalisti in allarme dopo la notizia di un rinnovato interesse delle Ferrovie Pressing bis sulla Regione per fare chiarezza sui progetti per la VeneziaTrieste.

di Ugo Salvini

Torna alla ribalta, con il consueto e inevitabile corredo di secchi “no” di ambientalisti e politici locali, il vecchio progetto della Italferr che prevede un tunnel ferroviario di una ventina di chilometri sotto il Carso. Parliamo del tratto compreso nella nuova linea ad alta velocità e alta capacità, che dovrebbe essere realizzato sulla Ronchi dei Legionari – Aurisina, nell’ambito della futura costruzione del cosiddetto Corridoio Mediterraneo. Stavolta l’occasione per riparlarne si è concretizzata, come ricorda il consigliere regionale della Slovenska skupnost, Igor Gabrovec, «nel corso della recente cerimonia della posa della prima pietra del Polo intermodale di Ronchi a servizio dell’aeroporto regionale. In tale contesto – precisa – è stata riportata l’attenzione sull’intero progetto riguardante il collegamento ferroviario tra Venezia e Trieste. Tutto questo – sottolinea Gabrovec – nonostante il fatto che il progetto studio, predisposto dalla Italferr nel 2012, abbia già ricevuto numerosi pareri negativi da parte delle amministrazioni locali chiamate a esprimersi al riguardo e sia stato in seguito accantonato per gli abnormi costi di realizzazione». «Qualcuno ha scelto – continua l’esponente del partito della comunità slovena – di predisporre un nuovo studio preliminare, al quale sono seguiti anche la sottoscrizione di un protocollo d’intesa con la Regione e un programma di finanziamento. Dalle dichiarazioni fatte dai massimi esponenti del Gruppo FS a margine della cerimonia di Ronchi – dice preoccupato il consigliere regionale – non si evince però nulla di più dettagliato sui lavori previsti, che dovrebbero comprendere, stando ai contenuti dello studio preliminare aggiornato a luglio 2016, anche un tratto a doppio binario del tutto nuovo con 22,7 km in galleria». Gabrovec si rivolge perciò alla presidente della Regione, Debora Serracchiani, con un’interrogazione in cui chiede maggiori dettagli sulle opere che saranno intraprese sul territorio compreso tra Ronchi e Trieste «con particolare riguardo a quanto attiene il loro impatto ambientale e paesaggistico». «Ricordo – conclude Gabrovec – le rassicurazioni espresse a suo tempo dalla Regione con le quali si escludevano opere di questo tipo. Chiedo perciò di prevedere anche un’audizione in Regione, dedicata al tema, alla quale invitare i vertici di Rfi». Forte anche la presa di posizione negativa nei confronti del progetto studio espressa dai “Cittadini per il golfo”, gruppo ambientalista che segue da vicino tutte le problematiche riguardanti la salvaguardia dell’ambiente nell’area di Duino Aurisina. «Ci sembra impossibile pensare a uno stravolgimento del Carso che sarebbe indispensabile per realizzare un’opera di tale dimensione – spiega Vladimiro Mervic, portavoce del gruppo – perché in tal modo si deturperebbe per sempre un paesaggio straordinario e ricco. Ci batteremo sempre contro proposte di questo tipo». Sul tema interviene anche il presidente del Comitato per la vita del Friuli rurale, Aldevis Tibaldi: «Nonostante gli sforzi fatti in Regione e in sede nazionale con più deputati – evidenzia – gli elaborati grafici della tratta sottoposta al progetto Rfi, da Ronchi dei Legionari ad Aurisina, da noi più volte richiesti, non saltano fuori. Allo stato – prosegue – è disponibile solo la relazione preliminare rilasciata nel mese di luglio e fornita alla Regione con gli annessi elaborati grafici. Oltre a essere un progetto che inciderebbe in maniera devastante sul territorio e dai costi elevatissimi – insiste Tibaldi – la stazione di Monfalcone resterebbe tagliata fuori, opzione che sembra inaccettabile, considerando l’importanza dello scalo marittimo monfalconese e la presenza di numerose aziende di varia dimensione che lo circondano. Ma ciò che sconcerta – conclude – è la difficoltà nell’ottenere i documenti a corredo del progetto».

Il Piccolo di Trieste – 13.02.2017

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