Porti: Trieste, i turchi di Ekol acquistano il 65% della società Molo VI

7 Dicembre 2016

Intesa sottoscritta con Parisi (Emt) e finanziaria Friulia

La società “Yalova Ro-Ro Terminali As” del Gruppo logistico turco Ekol, ha acquisito il 65% delle quote di Europa Multipurpose Terminals SpA (Emt), società che gestisce il molo VI nel porto di Trieste, dove attraccano le navi e partono i treni del Gruppo e dalla controllata Alternative Lines.

La firma è avvenuta ieri a Trieste da parte di Francesco Parisi Casa di Spedizioni Spa, fino ad oggi azionista di maggioranza di Emt, e Friulia, finanziaria della Regione Friuli Venezia Giulia, che detiene quote della società.

Ahmet Musul, CEO del Gruppo Ekol, si è detto “felice della conclusione di questa operazione che rappresenta un passaggio molto importante nello sviluppo delle nostre attività nello scalo giuliano”. Per Francesco Parisi, presidente dell’omonima casa di spedizioni, “l’ingresso nel capitale di Emt della Ekol consolida una prospettiva di continuità, crescita ed ulteriori investimenti nella società per il beneficio di tutta la portualità triestina”.

Ansa Mare – 07.12.2016

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Guerra finita, ripartono i lavori per la metro del sistema centrale Veneto

6 Dicembre 2016

A palazzo Balbi c’è stata la sigla dell’atto risolutivo tra la Regione e Net Engineering sul Smfr. Si chiude così un contenzioso in atto da ben 18 anni. In gioco 200 milioni di investimenti

Si chiude il contenzioso e ripartono i lavori e gli investimenti per la realizzazione della “metro” del sistema centrale Veneto, il quadrilatero ferroviario che dovrà fare da perno ad un servizio su rotaia veloce e ad alta frequenza esteso all’intero territorio regionale. A palazzo Balbi c’è stata la sigla dell’atto risolutivo tra Regione Veneto e Net Engineering sul Smfr.

Si chiude così un contenzioso in atto da 18 anni per la realizzazione della metro veneta.

L’atto di risoluzione del rapporto con la società di progettazione di Monselice, deliberato dalla Giunta regionale il 29 novembre scorso, sancisce in modo consensuale la rinuncia ad ogni indennizzo da parte di Net Engineering in cambio dell’assegnazione di 28,5 milioni di euro per il triennio 2017-2019 per progettare gli interventi necessari alla realizzazione della rete metropolitana, per un valore complessivo di oltre 200 milioni di investimenti. Un “trattato di pace”. “Una scommessa sul futuro del Veneto e sulle infrastrutture sostenibili”.

Così è stato definito l’accordo tra Regione e Net Engineering sottoscritto dall’assessore regionale Elisa De Berti, dal segretario generale della Regione Veneto, Ilaria Bramezza, e dall’amministratore delegato della società, Silvia Furlan. L’accordo dettaglia cronoprogramma dei progetti e reciproci impegni e vincoli, monitorati da verifiche trimestrale bilaterali. «Ringrazio gli ingegneri e gli avvocati di Net e della Regione Veneto per questo storico risultato – ha commentato De Berti -. Questo accordo ci consente di superare le criticità che avevano paralizzato la realizzazione del Servizio ferroviario metropolitano del Veneto e di mettere in cantiere, secondo un serrato ed impegnativo percorso concordato tra le parti, progetti definitivi per l’eliminazione di 22 passaggi a livello, il raddoppio ferroviario di 30 chilometri di binari, il ripristino della linea dei Bivi e la realizzazione delle ‘cuciturè mancanti per completare il quadrilatero ferroviario».

«Si apre un nuovo capitolo di quella “cura del ferro” – ha aggiunto – che questa amministrazione sta applicando all’intero Veneto. Consegnando a Rfi, la società che gestisce la rete ferroviaria, progetti definitivi, già cantierabili e in parte già finanziati, siamo pressochè certi di riuscire a rimettere in moto i necessari finanziamenti».

Di simbolico trattato di pace che pone la parola fine alla lunga “guerra” tra Regione e Net Engineering ha parlato anche Giovan Battista Furlan, fondatore della società di progettazione, ora presidente di Net Engineering International, la multinazionale di progettazione infrastrutturale attiva in 35 paesi. «Sono cambiati i tempi, il clima e gli interlocutori – ha sottolineato – Crediamo nella possibilità di collaborare e di sviluppare infrastrutture sostenibili e un nuovo modo di progettare, in linea con i nuovi standard mondiali.

L’accordo con la Regione Veneto ci darà modo di testare per la prima volta in Italia questo nuovo modello progettuale già sperimentato con successo all’estero». L’atto risolutivo siglato a palazzo Balbi attiva i progetti per eliminare altri 22 passaggi a livello, portando così a 103 il numero dei passaggi a livello chiusi. In particolare, la progettazione verterà sulla soppressione di due passaggi a livello a Mestre in via Gazzera, due in comune di Montebelluna e altri nei comuni di Loreggia, Mira, Noale, Piombino Dese, Resana, Castelfranco, Salzano, Vedelago, Quinto di Treviso, Paese, Treviso, Roncade, Monselice, Castello di Godego. L’accordo prevede inoltre la progettazione per il ripristino della Linea dei Bivi, che consentirà di risolvere lo snodo di Mestre, e circa 30 km di raddoppi ferroviari, che interesseranno la tratta Padova-Vigodarzere, con un nuovo ponte sul Brenta, e la tratta Maerne – Castelfranco. La copertura finanziaria per le progettazioni sarà garantita integralmente con risorse regionali, mentre per realizzare gli interventi entreranno in gioco i contributi ministeriali ex lege n. 211/92, i fondi di competenza di Rfi Spa, e i fondi strutturali Sviluppo e Coesione.

Messaggero Veneto – 06.12.2016

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Interporto, aumento ok. I soci versano 5,5 milioni

4 Dicembre 2016

Camera di commercio, Comune, Provincia e Banco Popolare hanno aderito Piazza Insurrezione valuterà l’eventuale inoptato. Prime due gru già a settembre

di Matteo Marian

L’aumento di capitale di Interporto Padova va a segno dando alla società presieduta da Sergio Giordani i 5,5 milioni di euro utili a completare il quadro relativo alle risorse necessarie per dotare l’area logistica di quattro gru elettriche a portale. A poco meno di un mese dalla scadenza del termine previsto per l’adesione all’aumento (fino a 6 milioni di euro complessivi) e il versamento della relativa quota, Camera di commercio, Comune e Provincia hanno messo, rispettivamente, 4 milioni di euro, 500 mila euro e poco meno di 950 mila euro. All’aumento ha partecipato anche il Banco Popolare con 145 mila euro.

A oggi, quindi, la Camera di commercio passa dal 28,5 al 31,5%, il Comune da 19,4 al 18,7% e la Provincia dal 15,7 al 15,8%. Se da qui a fine anno non ci saranno cambiamenti – oltre ai tre soci pubblici la compagine sociale è composta da altri 36 azionisti la maggioranza dei quali ha quote simboliche – sul tavolo rimarrà una a parte di inoptato. Fatto che non pregiudica in alcun modo i progetti della società ma che, in potenza, potrebbe dare corso a un riassetto ulteriore dei pesi degli azionisti pubblici. Se non ci saranno nuove richieste di proroga dei tempi per l’adesione, sulle quote rimaste i soci potranno far valere il diritto di prelazione. Tecnicismi, sullo sfondo dei quali si apre un possibile scenario che potrebbe vedere la Camera di commercio intenzionata ad arrotondare al rialzo la sua partecipazione. Il tutto accadrà sentiti gli altri soci pubblici e, ovviamente, la giunta camerale. Quello che si può già dire, però, è che la Camera di commercio attraverso il presidente Fernando Zilio ha più volte fatto capire come Interporto sia una partecipazione strategica per la Camera e, di più, un’infrastruttura fondamentale per il futuro sviluppo economico del territorio padovano. Un’eventuale azione volta a rafforzare la presenza della Camera nell’azionariato, quindi, non sarebbe certo un fulmine a ciel sereno.

Nel frattempo i lavori per la messa in opera delle quattro gru a portale elettriche sono al via. Il progetto, che complessivamente vale 18 milioni, prevede lavori edili, automazione del piazzale, nuovi varchi, l’allungamento dei binari da 700 a 750 metri lineari e poi il montaggio delle quattro gru elettriche che, dal punto di vista concreto, garantiranno un raddoppio della capacità operativa del terminal sotto il punto di vista della movimentazione. Rispetto a quanto previsto nel cronoprogramma (fine 2017 il montaggio delle gru e dal 2018 la piena operatività), il direttore Roberto Tosetto ha stretto i tempi.

Già da settembre 2017, infatti, le prime due gru potrebbero essere operative. Entro fine anno, tornando a questioni societarie, l’assemblea degli azionisti sarà chiamata a una modifica dello statuto. In ballo c’è la composizione del Cda. In attesa dei decreti attuativi della riforma Madia, lo statuto sarà preventivamente adeguato.

Il Mattino di Padova – 04.12.2016

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In treno fino all’aeroporto Marco Polo

3 Dicembre 2016

Il progetto definitivo verrà presentato a breve, l’obiettivo è che l’opera sia finita nel giugno 2024

Il progetto definitivo dell’intervento che permetterà di arrivare in treno all’aeroporto di Venezia dal giugno del 2024 è in dirittura d’arrivo e a breve – fa sapere Rete ferroviaria italiana – sarà presentato. La presentazione del progetto è il passo successivo all’accordo firmato lo scorso marzo da Maurizio Gentile, ad di Rfi, e Enrico Marchi, presidente di Save, società di gestione dello scalo veneziano. Il progetto prevede la realizzazione di una linea che si distaccherà dalla Venezia-Trieste all’altezza di Dese e che, deviando all’altezza della bretella aeroportuale della tangenziale di Mestre, si avvicinerà al Marco Polo: prima in trincea e poi in sotterranea. Una deviazione di circa 3,5 chilometri rispetto alla Venezia-Trieste. Sarà un tracciato a cappio, come si dice in gergo: composto da un solo binario di ingresso e di uscita che, alla stazione dell’aeroporto, sarà costituito da uno scambio ad anello per tornare indietro utilizzando appunto lo stesso binario. Il progetto prevede anche la possibilità di realizzare una fermata a metà strada, all’altezza del quadrante di Tessera, dove da anni si discute della realizzazione del nuovo stadio. La progettazione è interamente finanziata, per 14 milioni di euro previsti nel contratto di programma per gli investimenti siglato da Rfi e ministero delle Infrastrutture nel 2015. Quel che ancora non è finanziato è il passaggio alla fase dei cantieri: per realizzare il nuovo collegamento servono infatti più di 400 milioni di euro che dovranno essere messi da Rfi anche attraverso finanziamenti europei nella cornice del Piano Juncker. Il programma dell’intervento, stabilisce il protocollo d’intesa firmato a marzo, prevede entro la fine del 2017 il via libera dal Cipe ed entro il 2018 l’avvio della progettazione esecutiva, che permetterà poi di passare alla fase di cantiere. Per salire a bordo del treno, se le previsioni saranno rispettate, nel 2024.

La Nuova di Venezia – 03.12.2016

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«D’Annunzio da 1,5 milioni di passeggeri»

di Eugenio Barboglio

Nel 2021 l’aeroporto di Montichiari sarà un altro aeroporto, un aeroporto vero, con un traffico vero, con aerei cargo che vanno e vengono e decolli di aerei pieni di businessmen e turisti? Uno scenario che in fondo era quello immaginato nel lontano 1999, quando l’allora premier Massimo D’Alema venne ad inaugurare il D’Annunzio. Ma che non si realizzò mai: da allora a volare, tra bresciani e veronesi, più che gli aerei sono stati gli stracci. Ora però le cose potrebbero cambiare, e lo scalo di Montichiari vivere la stagione del rilancio, insieme al sistema degli aeroporti del Garda, di cui ieri in Confindustria a Verona la Catullo spa ha presentato il Piano industriale del prossimo triennio.

L’accordo di ottobre per la gestione dello scalo tra i bresciani di Abem e i veneti di Catullo e Save è stato un passo avanti importante. Ma la svolta dovrebbe datare giugno prossimo, quando la newco tra i soggetti della joint venture sarà formalizzata e i primi cargo decolleranno. Merci ma anche passeggeri… E’ sempre stato il sogno più o meno mediato dei bresciani avere uno scalo a tutto tondo. E il Piano industriale avvicina questa prospettiva. Addirittura si parla di 1,5 milioni di passeggeri all’anno nel 2021, l’anno del secondo step della svolta dopo il giugno prossimo. Come noto, sono in corso trattative con Ryanair, la compagnia low cost che gli amministratori di Catullo spa hanno riportato a Villafranca, dopo gli anni bui dei profondi rossi e della diaspora della compagnie: se ne andò Airone, chiuse la base Meridiana. «Ma non escludiamo anche altre opzioni», hanno spiegato ieri il presidente di Catullo, Paolo Arena, Enrico Marchi e Monica Scarpa presidente e a.d. della veneta Save, che pensano a charter e low cost, e ad esempio, tengono d’occhio quanto accade in Meridiana (da Montichiari già la scorsa estate sono partiti voli per la Sardegna) dove è entrata al 49 per cento la Qatar Airways.

IL CORE BUSINESS del D’Annunzio sarà comunque il cargo, sia nella versione general cargo sia in quella courier. E non a caso il Piano industriale, come del resto già annunciato, prevede una serie di investimenti sulla struttura, per renderla più efficiente rispetto alle necessità del trasporto delle merci. Ad esempio, il potenziamento di magazzini in prima battuta e in seconda l’allungamento della pista per permettere decolli e atterraggi dei grandi aerei, ma anche interventi sulla viabilità: la strada provinciale della Fascia d’oro che conduce al terminal potrebbe subire degli spostamenti di tracciato. L’obiettivo, sempre traguardato al 2021, è quello di aggiungere altre 35mila tonnellate di merci veicolate da Montichiari, al netto dei voli postali, precisa Scarpa.

Ma quanti investimenti sul D’Annunzio? L’ad di Save, Scarpa, non si sbilancia, e del resto è prematuro se è vero che, come dice Marchi, Montichiari dal punto di vista industriale è una sturt up: «grandi potenzialità» ma acque troppo agitate fino a troppo poco tempo fa: l’accordo sulla gestione è arrivato solo lo scorso 9 ottobre con la firma della joint venture all’assemblea dell’Aib alla Beretta di Gardone. Ma investimenti che grossomodo si possono quantificare in una trentina di milioni, a quanto si sussurra.

ADESSO PER avere la newco si tratterebbe di pazientare sei o sette mesi. Ma il percorso passa dalle autorizzazioni del ministero dell’Economia e di quello delle Infrastrutture, dall’Enac, e Marchi non se la sente – «non dipendendo tutto da me» – di garantire la scadenza. Nè lo può fare Giuliano Campana, leader Abem, pur assicurando che occorre esercitare, e lo farà anche in prima persona, il pressing sui dicasteri romani.

Investimenti su cui l’abbandono del progetto ferroviario dello shunt, la “bretella“ che avrebbe portato i treni dell’Alta Velocità a passare dallo scalo di Montichiari, non ha ricadute. «Non è fondamentale lo shunt – confessa Scarpa – semmai lo è che si realizzi il collegamento con la città di Brescia, via metropolitana o treno, di cui ha parlato Roberto Mazzoncini alla Beretta».

Brescia Oggi – 03.12.2016

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Avanza il cantiere della Pedemontana

Concluso l’ intervento per la galleria di Sant’Urbano. Il commissario Vernizzi: «Prima di aprire l arteria dobbiamo però attendere la costruzione del casello»

di Antonella Fadda

La Superstrada Pedemontana Veneta “avanza” a Montecchio. Procede il cantiere dell’infrastruttura nel territorio castellano dove in queste settimane gli operai stanno lavorando alla costruzione delle complanari e ad altre opere di adeguamento.
A spiegarlo è il commissario straordinario alla Spv, Silvano Vernizzi. «Stiamo procedendo con dei lavori di allargamento della variante alla Sp 246 – afferma – dove la carreggiata verrà ampliata per adeguarla alla Pedemontana».
In contemporanea stanno avanzando anche i lavori per la costruzione delle complanari, le due tangenziali che si snoderanno parallele alla strada a pedaggio, frutto di un accordo anni fa con l’Amministrazione di Milena Cecchetto.
Partendo da Alte, la Pedemontana infatti si estenderà verso nord, sviluppandosi dove oggi c’è il tracciato della variante alla strada provinciale 246.
In contemporanea proseguono anche le opere di adeguamento dei quattro sovrappassi.
«Anche in questo caso stiamo lavorando per l’allargamento delle varie sezioni che procedono di pari passo con le opere di sistemazione – prosegue Vernizzi – e, se tutto dovesse proseguire come programma, il tutto sarà concluso la prossima estate».
Terminati, invece, i lavori sempre in territorio castellano nella galleria di Sant’Urbano, dove proprio a marzo era stato abbattuto l’ultimo diaframma. La galleria castellana è una delle opere più importanti, da un punto di vista tecnologico, dell’intera arteria viaria e la seconda per lunghezza, con 1.531 metri, dopo quella di Malo. Proprio nel territorio all’ombra dei due castelli, infatti, inizierà la Pedemontana che si estenderà per 95 chilometri e sarà collegata con Spresiano. L’infrastruttura interessa, in totale, il territorio di 36 Comuni, di cui 22 nella provincia di Vicenza e 14 nella provincia di Treviso.
La tratta castellana, che si snoderà da sud a nord, bypassando sia Alte che Montecchio, avrà una lunghezza totale di 9 mila e 506 metri. Per la costruzione di questa parte del tracciato sono stati espropriati quasi 73 ettari di terreno. In particolare 35 sono stati gli ettari agricoli, 36 invece di viabilità già esistente e un ettaro di terreno urbano.
Anche se i lavori dell’arteria viaria procedono spediti e senza interruzioni, per il momento non si può ancora parlare di un’apertura al traffico veicolare. Bisognerà infatti attendere la costruzione del nuovo casello autostradale fra Montecchio e Montebello, dove è prevista l’origine della Spv.
L’autostazione è un’opera molto attesa, dopo l’apertura della bretella, anche perché, in questo modo, tutti i tasselli del puzzle viabilistico andranno al loro posto.
«La convenzione con la società Brescia-Padova è stata fatta da tempo – conclude il commissario straordinario – e dovremo attendere l’ edificazione del casello autostradale per poter aprire al traffico.
Noi intanto proseguiremo con i lavori che ci competono cioè con la Pedemontana».

Il Giornale di Vicenza – 03.12.2016

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Ferrovie, la mappa dei lavori 2017

In arrivo al Cipe entro gennaio le tratte Brescia-Verona e Verona-Padova. In vista aggiudicazione della Napoli-Bari.

di Alessandro Arona

Nel corso del 2017, nella seconda metà dell’anno, partiranno i lavori di quattro nuove “grandi opere” ferroviarie che hanno un valore complessivo di 8,9 miliardi di euro. Le nuove tratte ad alta capacità Brescia-Verona (costo totale 3.837 milioni, di cui 2.268 disponibili) e Verona-Padova (1° lotto dal costo di 2.790 milioni, di cui 1.364 finanziati); poi i due lotti Napoli -Cancello (813 milioni, tutti finanziati) e Cancello-Frasso Telesino (730) sulla Napoli-Bari, un lotto per il raddoppio della Catania-Palermo (Bicocca-Catenanuova, 415 milioni, finanziato). In tutto, dunque, le opere valgono 8,9 miliardi di euro, con finanziamenti disponibili per 5,9 (ma ci sarà l’impegno dello Stato, nelle delibere Cipe, a coprire i fondi mancanti sui lotti costruttivi della Brescia-Verona e Verona-Padova).

TAV, DIREZIONE LAVORI A RFI. Le due tratte ad alta capacità Milano-Verona e Verona-Padova fanno ancora parte parte del pacchetto originario di contratti Tav del 1991 a general contractor, tuttora validi. La prima fa capo a Cepav Due (Saipem 52%, Pizzarotti al 24%, Condotte e Maltauro al 12% ciascuno), che ha già realizzato la Treviglio-Brescia. La Verona-Padova a Iricav 2 (Astaldi al 37,49%, Salini tratte, in base al nuovo Codice appalti Impregilo al 34,09 %, Ansaldo Sts al 17,05%, Condotte all’I 1,35%, Fintecna 0,01 %, Lamaro Appalti 0,01%). L’inchiesta e gli arresti sul Cociv (Terzo Valico) è di poche settimane fa, «Ma per queste due spiega l’Ad di Rfi (Gruppo Fs), Maurizio Gentile – la direzione lavori sarà nostra, e non del general contractor, così come abbiamo fatto adesso anche per Cociv». Ci sarà un team di almeno 25-30 persone che vigilerà sulla corretta esecuzione dei lavori.

BRESCIA-VERONA. II progetto definitivo della Brescia-Verona (3.837 milioni, di cui 2.268 disponibili) ha ricevuto nei giorni scorsi il parere positivo del Ministero dell’Ambiente, e dovrebbe andare al Cipe entro dicembre. Il progetto preliminare Rfi risale al lontano 2003, ma solo con la legge di Stabilità 2014 sono arrivati i primi finanziamenti (i 2.268 mln). Il progetto definitivo è stato consegnato al Mit nel settembre 2014, il parere della Regione Lombardia è di gennaio 2015, l’ok in conferenza di servizi di maggio 2015. Da allora Rfi ha condotto un certosino lavoro per verificare ognuna delle 1.500 prescrizioni con i territori riuscendo anche ad abbassare il costo finale da 3.954 a 3.837 milioni di euro, anche se ora è in corso l’ultima verifica delle prescrizioni del Matm (Ambiente). Dopo l’ok del Cipe (previsto entro dicembre), e la successiva registrazione della delibera da parte della Corte dei Conti, Rfi e il general contractor potranno firmare l’addendum contrattuale. Seguirà progettazione esecutiva, per fasi, e avvio dei lavori nella seconda metà del 2017.

VERONA-VICENZA-PADOVA. Poco più indietro è il 1° lotto Verona-bivio Vicenza, sulla Verona-Padova, che vale 2.790 milioni (finanziato per 1.364). Il parere dell’Ambiente è atteso per fine novembre, la delibera Cipe potrebbe essere a gennaio, e l’avvio dei lavori sempre entro il 2017, alla fine dell’anno. L’intera tratta Verona-Padova, con il nuovo progetto “leggero” per l’attraversamento di Vicenza (ancora allo studio), dovrebbe costare un po’ meno del previsto, 4.911 milioni di euro anziché 5.402. Così articolati: 2.790 milioni per la Verona-bivio Vicenza (finanziati 1.364), 805 milioni per l’attraversamento di Vicenza (150 finanziati) e 1.316 per la Vicenza-Padova (zero finanziamenti). Il progetto preliminare dell’intera Verona-Padova è stato approvato dal Cipe nel 2003 (delibera n. 120/2003), con un limite di spesa di 4.720 milioni. Anche in questo caso i fondi arrivano con la legge di Stabilità 2014, mentre nel frattempo si firma nel luglio 2014 un accordo con il Comune per l’attraversamento e le stime sul progetto definitivo salgono a 5,4 miliardi. Il 30/9/2015 Rfi ha trasmesso al Mit il progetto definitivo per il primo lotto Verona-bivio Vicenza, mentre sull’attraversamento di Vicenza sono ancora allo studio varie ipotesi tra Rfi e il Comune. Sarà comunque un quadruplicamento in affiancamento alla linea esistente, con fermata principale nell’attuale stazione centrale di viale Roma e con una nuova fermata alla Fiera (studio di I tempi dei lavori, per tutte e tre le tratte, sono di sette anni dall’apertura dei cantieri.

NAPOLI-BARI, PRIME DUE TRATTE. Per le prime due tratte della Napoli-Bari, la Napoli-Cancello (813 milioni) e Cancello-Frasso Telesino (730 mln), le gare d’appalto sono partite nel luglio scorso, e sono in fase di aggiudicazione («nei primi mesi del 2017», prevede Rfi). Poi ci sarà da fare il progetto esecutivo, e l’avvio lavori è previsto nel corso del 2017.

CATANIA-PALERMO. In avvio l’anno prossimo, infine, anche un tratto della Catania-Palermo raddoppiata, la Bicocca-Catenanuova da 415 milioni. Rfi prevede la gara a inizio 2017, e l’avvio lavori entro l’anno. Sulla tratta successiva, invece, il raddoppio della Catenanuova-Raddusa Agira, 324 milioni, già coperti, e di cui si prevedeva l’avvio della gara entro il 2016, l’Ad di Rfi Maurizio Gentile ha proposto poche settimane fa a Regione Sicilia e Mit di congelare la gara per il raddoppio. L’idea, per il potenziamento della Catenanuova-Enna-Fiumetorto (Catania-Palermo), è di partire subito con l’ammodernamento a un solo binario, comprese rettifiche di tracciato, rinviando a una fase 2 il raddoppio. I lavori finirebbero nel 2023 anziché 2027, i costi sarebbero di 3,5 miliardi, arrivando ai 6 totali solo dal 2024 al 2027.1 324 milioni servirebbero a partire con questa operazione arrivando ben oltre Raddusa.

Il Sole 24 Ore/Edilizia e territorio – 03.12.2016

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Trieste, pronto il regolamento dei Punti franchi

Redatto dal ministro Delrio in base al Trattato di pace. Esulta Serracchiani, D’Agostino amplia le proprie competenze

di Silvio Maranzana

È realtà il regolamento tanto atteso e mai emanato sui punti franchi di Trieste. Il ministro di Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio ha infatti trasmesso all’Autorità di sistema del mare Adriatico orientale, per le sue osservazioni, il testo del decreto attuativo dell’articolo 7 comma 12 del decreto legislativo 169 del 4 agosto 2016, che stabilisce l’organizzazione amministrativa della gestione dei punti franchi di Trieste, oggetto di spostamento a seguito della sdemanializzazione del Porto vecchio.

«Un decreto di portata storica per il porto, per la città e per tutta la regione», ha affermato la governatrice Debora Serracchiani rendendo noto l’avvio del procedimento. Secondo Serracchiani «è un traguardo importantissimo per Trieste e per l’intero territorio, che potrà beneficiare di norme di semplificazione amministrativa in grado di dare certezze agli investitori e di integrare i poteri di pianificazione e i compiti di promozione dell’Autorità portuale con il migliore utilizzo della leva del punto franco».

Con il decreto viene precisata la cornice giuridica che regola il Porto franco di Trieste, basata sull’Allegato VIII del Trattato di pace del 10 febbraio 1947 fra le potenze vittoriose del secondo conflitto mondiale. Con il decreto – fa rilevare la Regione – il presidente assume i poteri del “Direttore del porto” che, proprio secondo quel Trattato, doveva assicurare l’efficienza e la migliore gestione del Porto franco triestino. Il decreto e quindi la potestà amministrativa dell’Autorità portuale si applica quindi anche ai nuovi punti franchi conseguenti alle norme sulla sdemanializzazione di Porto vecchio. Com’è noto cinque sono le zone individuate per il trasferimento di quell’area franca: l’Interporto di Fernetti, l’ex stazione di Prosecco, l’ex Aquila in concessione a Teseco dove dovrebbe sorgere un nuovo terminal ro-ro, il Canale navigabile di Zaule e le Noghere.

Il decreto conferisce all’Autorità poteri di autorizzazione su tutte le attività commerciali e industriali, compresa la produzione di beni in punto franco, forte autonomia sui canoni, sulla costruzione di edifici, sugli orari di apertura e chiusura dei punti franchi, sullo svolgimento dei servizi generali, in particolare sui collegamenti ferroviari, sulla formazione delle risorse umane e sul coordinamento di tutte le pubbliche amministrazioni che operano in porto; l’Autorità dovrà inoltre fornire assistenza tecnica agli investitori.

«Adesso abbiamo a disposizione – ha aggiunto Serracchiani – uno strumento fondamentale per dare forza e supporto alla strategia già intrapresa dall’Autorità di sistema per rilanciare le opportunità del punto franco triestino sui mercati internazionali». «Il fatto che il ministro Del Rio abbia avviato tale procedura ci riempie di soddisfazione», ha affermato il presidente dell’Authority Zeno D’Agostino il cui ruolo cresce ulteriormente d’importanza. «Il governo ha finalmente capito dopo decenni – ha aggiunto – la valenza primaria di uno strumento che permetterà al nostro scalo, al nostro territorio e più in generale all’Italia di accrescere la propria competitività a livello internazionale.Siamo vicini all’emanazione di un atto che non solo il porto, con le sue lavoratrici, lavoratori e operatori, ma la città intera aspettava da generazioni, da ben prima del 1994, data della legge di riforma dei porti. Il prossimo step sarà perfezionarlo, come l’iter legislativo prevede, per renderlo più adeguato alle moderne esigenze del mercato ed alla richiesta sempre più impellente di agilità amministrativa che sta contraddistinguendo la nostra operatività in porto». «Un altro giorno storico per Trieste – ha affermato il senatore del Pd Francesco Russo – dopo la sdemanializzazione sono in arrivo anche i decreti attuativi sui punti franchi. In tre anni abbiamo fatto quello che non si è riusciti a fare negli ultimi 20 forse perché mancava la volontà».

Il Piccolo – 03.12.2016

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Dal Cipe arrivano a Venezia i soldi del Patto di Renzi

2 Dicembre 2016

Fondi per navi, flussi e sicurezza. Restauri a Palazzo Ducale, priorità alle facciate.

Il Cipe ha stanziato ieri i 110 milioni previsti dal Patto per Venezia firmato sabato dal premier Matteo Renzi e dal sindaco Luigi Brugnaro: via libera ai progetti per le grandi navi, alla nuova stazione di Mestre, alle manutenzioni diffuse, ai flussi turistici. Altri 110 milioni andranno per sistemare un bypass ferroviario per i treni merci da e per il Porto.

«I soldi non ci sono», aveva gridato martedì, da ultimo, il capogruppo dei deputati di FI Renato Brunetta. E prima c’era stata una raffica di dichiarazioni di scetticismo: «marchetta», «bufala», «imbroglio» e così via. Invece ieri i soldi del Patto per Venezia si sono materializzati, per lo meno nella loro prima tranche: il Cipe, ha infatti stanziato quei 110 milioni provenienti dal Fondo per lo Sviluppo e la coesione che erano previsti nella tabella del testo firmato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro nella mattinata di sabato. A Venezia andranno poi altri 110 milioni di euro per «il ripristino della linea ferroviaria “dei Bivi” per l’estromissione del traffico merci dal nodo di Mestre».

Con i 110 milioni, di fatto, verranno realizzati tutti i progetti, diciamo così, «minori» del Patto: dai 2 milioni per i progetti sulla via alternativa alle grandi navi (indicata, per ora, nello scavo del canale Tresse) ai 3 milioni per la stazione di Mestre, dai 45 per la manutenzione straordinaria del centro storico ai 13 milioni per completare il progetto integrato Fusina,da 26 milioni per cultura e turismo (compresi i 10 milioni per il sistema sperimentale di gestione dei flussi) ai 21 milioni per la terraferma e la sicurezza. Restano fuori, rispetto a quello schema, i 90 milioni per l’interramento delle linee elettriche del Vallone Moranzani (in carico a Terna) e i 250 milioni per il completamento del marginamento di Porto Marghera, anche se una quota dei fondi potrebbero essere inseriti nei 750 milioni assegnati dal Comitato al ministero dell’Ambiente per le bonifiche.

A Venezia arrivano poi i 110 milioni per i Bivi, il vecchio tracciato ferroviario della cintura di Mestre. Il progetto prevede un percorso che consentirà ai treni carichi di merci in uscita e in entrata dal Porto di bypassare la stazione di Mestre, dove sono vincolati alle precedenze per i treni passeggeri. D’altra parte Delrio ha più volte annunciato una «cura del ferro» per il Paese e il Porto di Venezia ha sposato l’indirizzo, trasportando quest’anno il 40 per cento in più di merci via treno rispetto al 2015.

Nei soldi del Cipe ci sono infine gli 8 milioni di euro per Palazzo Ducale. Una cifra addirittura superiore alle aspettative. Il fabbisogno è stato calcolato sulla base delle schede tecniche che da anni fa la Fondazione dei Musei civici. «E’ un bel balzo in avanti per i lavori urgenti – dice Gabriella Belli, direttore della Fondazione – ci occuperemo prima di tutto delle facciate che hanno problemi importanti, ma faremo anche un restauro significativo della Sala delle 4 porte e un ulteriore potenziamento degli impianti di climatizzazione e sicurezza». Il progetto, insomma, era già scritto, così come per tutti gli altri palazzi. «Aggiorniamo costantemente le schede – spiega anche Mariacristina Gribaudi, presidente della Fondazione – le necessità sono in divenire, specialmente in grandi palazzi storici come questi che hanno bisogno di un controllo continuo. Per ognuno dei musei abbiamo un elenco di priorità ed è su quelle che ci basiamo per i restauri. Il contributo del Patto sarà un grosso aiuto per lavori che il Ducale non poteva più aspettare».

Corriere del Veneto/Venezia Mestre – 02.12.2016

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Tangenziale, dal Cipe 5 milioni «Soldi per la progettazione»

Variati: «Sono molto soddisfatto». Dalla Pozza: «Completeremo l’intero anello»

di Elfrida Ragazzo

In un pacchetto da 180 milioni di euro destinati al Veneto, dentro se ne trovano 13 riservati al Vicentino. E precisamente: 5 per la tangenziale di Vicenza e 8 per la (vecchia) Valsugana. Un regalo di Natale firmato dal ministero delle Infrastrutture, su cui sono stati messi i fiocchi ieri durante la seduta del Comitato interministeriale di programmazione economica, che ha approvato il piano operativo nazionale da 11,5 miliardi per le opere pubbliche. Ma ancora prima del 25 dicembre, il via libera ai fondi è arrivato a tre giorni dal referendum costituzionale, su cui si gioca anche il futuro del governo Renzi.

Per il Vicentino, al di là delle tempistiche politiche, quel che conta è avere le risorse per avviare la progettazione del secondo, terzo e quarto stralcio della tangenziale. Dal Cipe, ieri, per portare avanti il disegno del completamento dell’arteria viaria più attesa nel capoluogo sono stati assicurati 5 milioni di euro. «È l’importo che ci aspettavamo – commenta Antonio Dalla Pozza, assessore alla Progettazione del Comune di Vicenza -, il sindaco ha fatto un ottimo lavoro a Roma». Achille Variati è andato più volte a bussare a varie porte nella Capitale per poter ottenere le risorse necessarie per continuare il progetto. E adesso si dice «molto soddisfatto», anche perché si era prefisso di ottenere il finanziamento entro la fine dell’anno. «Quei soldi andranno all’Anas per la progettazione preliminare – specifica Dalla Pozza – che verrà fatta sull’intero anello». L’orizzonte temporale è lungo, ma questo contributo è essenziale per procedere, in quanto Anas finanzia le opere che hanno già il progetto preliminare. Tolta da questa partita la variante alla provinciale 46 del Pasubio (che ha già l’appalto assegnato e tra qualche mese dovrebbe diventare area di cantiere), i 5 milioni di euro (promessi e fermi dai tempi in cui vennero inseriti tra le compensazioni per la costruzione della base militare americana all’ex aeroporto Dal Molin) sono riservati alla progettazione degli altri tre stralci della tangenziale. Ovvero: il prolungamento di via Aldo Moro fino a strada Postumia e poi al tratto in zona di Saviabona per finire con la parte più a nord, che si collegherà proprio con la variante alla Pasubio e che arriverà a chiudere, di fatto, il cerchio attorno al capoluogo. «Lo schema di lavoro – continua l’assessore alla Progettazione – credo sarà lo stesso seguito per la variante alla provinciale 46 del Pasubio». Soldi in arrivo anche dall’altra parte della provincia, per la messa in sicurezza e l’adeguamento di alcuni tratti della statale 47 tra Pove del Grappa e San Nazario. Qui non si parla della Nuova Valsugana, ma di quella esistente che ha grossi e mai sanati problemi di traffico, causati (tra gli altri) dal semaforo di Carpanè e dagli innesti a raso di San Nazario. Per la Valsugana la cifra è maggiore rispetto a quella per la tangenziale di Vicenza, il Cipe ha approvato 8 milioni di euro. Mentre in Veneto a fare la parte del leone è il ripristino della linea ferroviaria «del Bivi» per l’estromissione del traffico merci dal nodo di Mestre, con 110 milioni di euro.

Corriere del Veneto – 02.12.2016

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