Appalti, requisiti e ruolo del Rup

18 Novembre 2016

Riformata la figura del responsabile unico del procedimento

di Andrea Mascolini

Il responsabile unico del procedimento (Rup), negli appalti di lavori complessi, deve avere la qualifica di project manager; possibile affidare a terzi con gara attività di supporto; per lavori fino a un milione, il Rup deve possedere un diploma ed esperienza decennale; oltre un milione serve la laurea almeno triennale, abilitazione professionale e esperienza di 5 anni. Sono queste alcune delle indicazioni contenute nelle linee guida dell’Autorità anticorruzione (Anac) n. 3/2016 del 10 novembre 2016 sui Rup, in attuazione.
In primo luogo l’Autorità affronta il tema della nomina del Rup chiarendo che per gli affidamenti relativi a lavori deve essere effettuata prima del progetto di fattibilità tecnica ed economica e, nel caso di lavori non assoggettati a programmazione, contestualmente alla decisione di realizzare gli stessi.
In secondo luogo, le linee guida affermano che le funzioni di Rup non possono essere assunte dal personale che versa nelle ipotesi di conflitto di interesse, né dai soggetti che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati contro la p.a.
Il ruolo di Rup, che è un pubblico ufficiale, è, di regola, incompatibile con le funzioni di commissario di gara e di presidente della commissione giudicatrice «ferme restando le acquisizioni giurisprudenziali in materia di possibile coincidenza».
Il Rup sovrintende alle fasi di progettazione, affidamento ed esecuzione di ogni singolo intervento per assicurare che sia condotto in modo unitario in relazione ai tempi e ai costi preventivati, alla qualità richiesta, alla manutenzione programmata, alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e in conformità a qualsiasi altra norma vigente.
Il Rup, si legge nelle linee guida, svolge la propria attività con il supporto dei dipendenti dell’ amministrazione ma, in caso di inadeguatezza di organico, può affidare compiti di supporto a soggetti terzi all’amministrazione, con procedure ad evidenza pubblica.
Il soggetto affidatario dei compiti di supporto, come diceva l’abrogato dpr 207/2010 (art. 10, comma 6), deve stipulare polizza assicurativa per i rischi professionali e non può partecipare agli incarichi di progettazione o ad appalti e concessioni di lavori (o subappalti o cottimi) con riferimento ai quali abbia espletato i propri compiti di supporto.
Per appalti di particolare complessità il Rup deve possedere un titolo di studio nelle materie attinenti all’oggetto dell’ affidamento e, a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all’art.38 del Codice, anche la qualifica di project manager.
Negli altri casi deve essere in possesso di specifica formazione professionale, soggetta a costante aggiornamento, e deve aver maturato un’adeguata esperienza professionale nello svolgimento di attività analoghe a quelle da realizzare in termini di natura, complessità e importo dell’ intervento (presso amministrazioni o come attività di lavoro autonomo).
Per lavori fino a un milione occorre in particolare un diploma (diploma di perito industriale, perito commerciale, perito agrario, agrotecnico, perito edile, geometra, e altro), oltre a un’anzianità di servizio ed esperienza di almeno dieci anni nell’ambito dell’ affidamento di appalti e concessioni di lavori.
Oltre il milione, almeno una laurea triennale in architettura, ingegneria, scienze e tecnologie agrarie, scienze e tecnologie forestali e ambientali, scienze e tecnologie geologiche o equipollenti, scienze naturali, abilitazione all’esercizio della professione e almeno cinque anni nell’ambito dell’ affidamento di appalti e concessioni di lavori.

Italia Oggi – 18.11.2016

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Mose, nuovi guai tecnici. Ruggine e tubazioni corrose

di Paolo Navarro Dina

I problemi ci sono: inutile nasconderselo. Ma quello che emerge è che già da tempo, fin dall’indomani della mareggiata di due anni fa che peraltro invase i corridoi sotterranei delle bocche di porto, il Consorzio Venezia Nuova, attraverso le imprese consorziate, se ne sta facendo carico. Ma proprio in questi giorni sono emersi nuovi danni alle dighe mobile del Mose, dopo un vero e proprio censimento compiuto in queste settimane. I problemi emersi sono soprattutto legati alle apparecchiature in profondità che, a differenza delle aspettative, hanno subito un processo di corrosione. E in particolare è stato colpito l’impianto di alimentazione ad aria compressa che dovrebbe far alzare le barriere alla bocca di porto di Malamocco. In alcune parti la ruggine si è distribuita su tutto l’impianto e in particolare nel tubo principale che attraversa le gallerie dei cassoni sommersi. In seguito a questi danni, il tubo non garantisce nella sua pienezza, la pressione necessaria ad alzare le dighe mobile ed è risultato così necessario provvedere alla sostituzione del condotto in una buona quota parte. E un altro campanello di allarme arriva dai giunti che servono ad ancorare le cerniere del Mose.
Anche in questo caso, i tecnici delle aziende del Consorzio Venezia Nuova, hanno verificato segnali di corrosione in alcune parti quando in realtà si pensava che i giunti fossero inossidabile. Evidentemente la forza della natura sta presentando un problema in più per la conclusione delle opere per il sistema Mose. Oltre a questo, i tecnici del Cvn hanno verificato che i cassoni alla bocca di porto di Malamocco, all’altezza di Santa Maria del Mare, sull’isola di Pellestrina, i cassoni del Mose, posati in profondità e ai quali in queste settimane verranno allacciate le paratoie, hanno subito un mini-processo di bradisismo che ha fatto sprofondare i cassoni per ben 9 centimetri rispetto a quanto previsto nel fondale. E in questo clima, non certo positivo, rimane ancora il lungo contenzioso delle aziende impegnate nella realizzazione del Mose con il Consorzio Venezia Nuova. Una diatriba che si trascina immediatamente dopo alle questioni che hanno riguardato l’ inchiesta giudiziaria legata alla gestione Mazzacurati.

Il Gazzettino – 18.11.2016

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Sarà interrato l’elettrodotto tra Fvg e Austria

La comunicazione è arrivata dall’amministratore delegato di Alpe Adria Energia spa in una lettera indirizzata alla Regione. Un tracciato di 45 km

L’elettrodotto tra Somplago di Cavazzo Carnico e Wurmlach, frazione del comune austriaco di Koetschach-Mauthen, potrà essere interrato.

La comunicazione è arrivata dall’amministratore delegato di Alpe Adria Energia spa, Leonardo Zannella, in una lettera indirizzata alla Regione Friuli Venezia Giulia. La «merchant line» in cui Alpe Adria Energia è coinvolta insieme all’omologa società austriaca per i tratti di competenza, da tempo è oggetto di critiche e ricorsi da parte delle popolazioni locali. Nella lettera si precisa ora che «dalle analisi svolte è stato possibile definire una soluzione progettuale che consenta di realizzare il collegamento a 220 kV interamente in cavo interrato». La lunghezza totale in Italia del tracciato tra Somplago e il confine austriaco è di 45 chilometri, interessando i comuni di Cavazzo Carnico, Tolmezzo, Arta Terme e Paluzza.

«Si tratta – evidenzia l’assessore all’Energia del Fvg, Sara Vito – di due comuni in meno rispetto al precedente progetto, dopo che era stata definitiva abbandonata l’ipotesi di realizzare un elettrodotto tradizionale, con percorso aereo». Nel luglio 2014 si era conclusa la procedura di valutazione di impatto ambientale relativo al progetto di elettrodotto per il tratto italiano. Per essere realizzata, l’opera dovrà sottostare a 51 prescrizioni emanate dai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali; alcune recepiscono quelle già a suo tempo indicate dalla Regione FVG, la principale riguardava proprio l’interramento dei cavi, almeno nel tratto finale da Malga Pramosio al confine di Stato.«È il frutto del lavoro dell’Amministrazione regionale – commenta la presidente del FVG Debora Serracchiani – che si è impegnata a lungo e con determinazione per il cambiamento del tracciato, che in origine era aereo. È un obiettivo che ci eravamo proposti nel programma di governo, e che ora è vicino a essere realizzato, dopo che ci siamo confrontati con i Comuni e con le ditte».

Messaggero Veneto – 18.11.2016

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Delrio, con la logistica tedesca l’Italia sarebbe la prima potenza industriale d’Europa

Lavoriamo per ridurre questo gap

“Se l’Italia avesse la logistica tedesca sarebbe la prima potenza industriale d’Europa perché i tedeschi hanno trasformato la logistica da costo per le imprese a leva del successo industriale. Lavoriamo per ridurre questo gap: dico da tempo che le infrastrutture devono essere anzitutto al servizio degli hub industriali e turistici e sulla base di questo criterio prioritario vanno programmate e selezionate”. E’ quanto afferma in una intervista al Sole 24 Ore il ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio che aggiunge: “Intanto abbiamo cominciato a incentivare i servizi logistici che possono dare efficienza al sistema: il “ferrobonus” e il “marebonus” sbloccati finalmente da Bruxelles per far salire gli autotrasportatori sul treno e sulle navi; un miliardo di euro di investimenti delle Fs con la riduzione da otto società cargo a una; il potenziamento dei retroterra portuali; la creazione di fast corridor come quello che abbiamo aperto per Ikea da Piacenza al porto di La Spezia; il pre-clearing e le semplificazioni doganali che stanno suscitando molto interesse anche fra gli operatori stranieri, tedeschi in primis”. “Dal 2018, inoltre – fa anche sapere – le merci potranno usare la rete Alta velocità, un passaggio decisivo per centrare l’obiettivo che ci siamo dati di spostare il 50% del traffico merci sulla ferrovia in cinque anni”. Delrio parla anche delle opinioni di bilancio diffuse dalla Commissione europea sui conti italiani. “Non vedo segnali nuovi, è la solita valutazione, riflettono un’interlocuzione che va avanti da alcuni mesi con gli stessi criteri e solo in Italia queste tappe vengono drammatizzate. Piuttosto colgo positivamente la svolta di Juncker sulla politica di bilancio più espansiva, mi pare che faticosamente Bruxelles stia facendo passi verso le posizioni che noi abbiamo indicato da tempo” ma, avverte, “per accelerare queste politiche e dare le risposte veloci oggi necessarie, dobbiamo anzitutto rivedere parametri vecchi di 35 anni come l’output gap che non solo penalizzano noi, ma irrigidiscono ancora quella politica di bilancio europea dentro vecchie gabbie”.

Ansa/Mare – 18.11.2016

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Il commissario Vernizzi: «Complanare Spv pronta entro la fine dell’anno»

15 Novembre 2016

Restano le asfaltature. Percorribile da Mason a Bassano, l’ arteria correrà in parte a nord e in parte a sud del futuro tracciato a pedaggio

di Enrico Saretta

Il commissario straordinario Silvano Vernizzi annuncia che per Natale la complanare della Superstrada Pedemontana Veneta sarà ultimata.
Si tratta dell’arteria a scorrimento libero prevista a fianco della nuova superstrada e che oggi è interessata da un imponente cantiere nel sedime della Nuova Gasparona, tra Mason Vicentino e Cassola.
I lavori in corso hanno profondamente mutato il percorso della vecchia superstrada, rendendolo una sorta di “slalom” difficile da affrontare.
«La complanare dovrebbe essere pronta per la fine di dicembre – conferma Vernizzi – Dopodiché proseguiranno i lavori sulla superstrada vera e propria. La fase finale sarà quella delle asfaltature».
Per quanto riguarda il termine delle operazioni del tratto bassanese della Spv, però, Vernizzi non si sbilancia.
«Sulla fine dei lavori – chiosa – non posso esprimermi».
Proprio in questi giorni, la Corte dei Corti ha definito la Spv a «rischio fattibilità», per difficoltà inerenti all’esecuzione dell’ opera. L’apertura della complanare, comunque, è accolta come una buona notizia dall’Amministrazione bassanese.
«È sicuramente positivo che si proceda con le operazioni per la costruzione della complanare – afferma il sindaco di Bassano Riccardo Poletto – perché significa che i lavori, seppur in forte ritardo, stanno andando avanti. Ovviamente, una volta che la strada sarà pronta, bisognerà gestire nel modo corretto il sovrapporsi del cantiere di avanzamento della Spv».
La complanare permetterà di porre fine ai disagi che stanno sopportando da tempo gli automobilisti, obbligati a percorrere una strada-cantiere condizionata da un tracciato a zig-zag e da una segnaletica provvisoria. Resta il fatto che, non appena ultimata, la complanare non seguirà un percorso perfettamente parallelo alla Spv, in quanto scorrerà in alcuni tratti a nord e in altri a sud della stessa. Entrando da ovest a Mason, la complanare correrà a nord della superstrada.
A circa 200 metri dal Laverda, la complanare passerà sotto la Spv e sbucherà sul lato sud della stessa. La strada scorrerà poi a nord della prima galleria di Marostica e a sud della seconda.
Nel territorio comunale di Bassano, la complanare correrà interamente a sud della Spv, fino a via Ca’ Dolfin, al confine con Rosà. Qui s’innesterà su una rotatoria e proseguirà poi a nord della superstrada, entrando in territorio di Cassola.
Oltre alla complanare, però, restano da scogliere altri nodi nel tratto bassanese della Spv.
«In particolare – sottolinea il sindaco Poletto – è ancora chiuso il sottopasso di Riva Bianca, cosa che sta provocando disagi agli abitanti della zona. Attendiamo inoltre l’abbattimento e la successiva ricostruzione del ponte di via Ca’ Dolfin».

Il Giornale di Vicenza – 15.11.2016

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La “Orte-Mestre” garantirà wi-fi e ricarica di auto elettriche

La E45-E55 Orte-Mestre (quindi anche nel tratto di Rovigo Padova e Venezia) diventerà una «smart road».
In Gazzetta ufficiale Anas ha pubblicato un bando di gara d’appalto da 30 milioni che rientra nel piano Anas che ha deciso di bloccare progetti più imponenti e avviare la riqualificazione dell’itinerario per un investimento di 1,6 miliardi con cui risanare la pavimentazione e ammodernare viadotti, gallerie e svincoli.
Con questo bando, segnala Anas, la strada sarà dotata «di due macro sistemi tecnologici: uno di comunicazione e l’altro di energia». Per la connessione degli automobilisti è infatti previsto un servizio di wi-fi «on motion» che garantirà la continuità del segnale ai veicoli in movimento anche a velocità elevate: «Il conducente potrà essere informato in tempo reale sulle condizioni dell’ arteria e sugli eventuali percorsi alternativi». Un Sos «on board» «permetterà invece la comunicazione diretta tra utente e sala operativa, tramite un’app installata sul proprio dispositivo dotata di funzionalità simili alle colonnine Sos, consentendo all’utente di non scendere dal veicolo in caso di emergenza». Il tutto si basa su un nuovo standard Dsrc che «consentirà in un prossimo futuro l’implementazione di servizi innovativi e interattivi di infomobilità, sicurezza e connettività»: lo scopo è una gestione intelligente delle infrastrutture stradali e lo sviluppo «di servizi orientati al “dialogo” veicolo-infrastruttura e tra i veicoli stessi». Previste poi «Green Island»: moduli di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili (solare/eolico o altri) ogni 20/30 km. Permetteranno l’alimentazione autonoma dell’ infrastruttura, con minori costi di gestione, ma saranno anche «aree di ricarica veicoli elettrici, droni e mezzi per la logistica».

Il Giornale di Vicenza – 15.11.2016

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Porti: Trieste, 70 mln per potenziamento linee treni con Rfi

Firmato protocollo con Regione FVG, interventi su Campo Marzio

E’ stato firmato stamani a Roma da Regione Friuli Venezia Giulia, Rete ferroviaria italiana e Porto di Trieste il Protocollo d’intesa che punta a migliorare i collegamenti ferroviari da e per lo scalo giuliano, aumentare la quota del traffico merci su nave e ferro e garantire un autentico trasporto cargo intermodale e sostenibile da e verso i mercati del resto d’Europa e del Mar Mediterraneo. Il documento è stato sottoscritto da Debora Serracchiani, Presidente della Regione FVG, Zeno D’Agostino, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale e Maurizio Gentile, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Rfi.

L’intesa permetterà di potenziare il collegamento con la rete ferroviaria nazionale, che interessa il nuovo Piano Regolatore dell’area di Campo Marzio e la connessione con le aree portuali del Punto Franco Nuovo. L’investimento economico complessivo è di 70 milioni di euro, di cui 50 finanziati da Rfi e la restante parte dall’Autorità di Sistema Portuale. In dettaglio, Rfi progetterà e realizzerà gli interventi per migliorare il collegamento del porto con la rete nazionale, mentre all’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale sono affidati i lavori di adeguamento degli impianti ferroviari all’interno del Porto. La Regione FVG avrà invece il compito di supervisionare e controllare tutte le attività previste. Al termine degli interventi, le merci transitate dal porto di Trieste potranno intercettare due dei quattro Core Corridor TEN-T europei che attraversano l’Italia: quello Mediterraneo, che collega la Penisola iberica al confine dell’Est europeo passando per la dorsale italiana Torino-Trieste, e il Corridoio Baltico-Adriatico, che collega importanti porti italiani come Ravenna e Trieste all’Austria e ai mercati del Nord Europa. Il progetto rientra negli obiettivi della “cura del ferro” indicata dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio, rispondendo agli obiettivi indicati dal Libro Bianco dei Trasporti dell’Ue: trasferire entro il 2030 il 30% delle merci oltre i 300 chilometri dalla strada ad altre modalità meno inquinanti, come ferro e navi, e il 50% entro il 2050.

Ansa/Mare – 15.11.2016

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Porti: Venezia, sensori per limitare chiusure per nebbia

Investimento di circa 200 mila euro

L’Autorità portuale di Venezia, in collaborazione con gli operatori portuali e la Capitaneria di porto, ha studiato e realizzato una soluzione con l’obiettivo di migliorare le condizioni di sicurezza della navigazione in caso di scarsa visibilità e di rendere le informazioni disponibili a tutta la flotta e gli operatori.

Un lavoro effettuato per limitare al minimo le chiusure del porto di Venezia visto quanto successo nel 2015, quando, a causa di forti nebbie, la chiusura del porto di Venezia si è verificata in circa venti giorni.

La prima azione intrapresa è stata quella di installare cinque centraline costituite da sensori di visibilità lungo il canale Malamocco Marghera, di cui una comprensiva di stazione metereologica. L’installazione è stata completata negli scorsi giorni e oggi gli utenti autorizzati possono consultare i dati in tempo reale su una applicazione dedicata che consente di comunicare le informazioni tramite il segnale internazionale AIS in dotazione a tutte le flotte.

L’intero progetto, per un investimento di circa 200 mila euro, è stato realizzato in stretta collaborazione con il Comando Generale delle Capitanerie di Porto e la Capitaneria di porto di Venezia, con le quali è stato implementato un protocollo di interscambio dati, compatibile con tutti gli standard nazionali e internazionali della navigazione.

Ansa/Mare – 15.11.2016

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Tav, i costi ora lievitano. Una tratta da 5 miliardi ma ne mancano più di 3

13 Novembre 2016

Spuntano 150 milioni già finanziati per l’attraversamento della città. Il viceministro Nencini: «Il governo intende dare un’accelerazione»

C’è una cattiva notizia. C’è una sparizione. E c’è una sorpresa. Nell’ordine: la Tav vicentina non costerà più 4,5 ma quasi 5 miliardi. La seconda: sono spariti, nel vero senso della parola, 355 milioni già stanziati per il primo tratto. La terza: ne sono spuntati 150 per il secondo (l’attraversamento di Vicenza). Nel complesso ne mancano 3,3 miliardi, di cui 1,4 miliardi per il primo lotto.
È tutto scritto nero su bianco in un documento intestato Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che il viceministro Riccardo Nencini, ieri in città per partecipare ad un evento del “suo” Psi, porta con sé in una cartellina con la scritta a penna “Tratta AV/AC Verona-Padova”.
Una paginetta in tutto che per la prima volta, dopo promesse, dichiarazioni, annunci, certifica dati sicuri sul progetto Alta velocità. E mentre il sindaco Achille Variati nelle scorse ore ha spiegato che l’addendum al protocollo d’intesa siglato da ministero, Rfi, Regione, Comune e Camera di commercio, è dietro l’angolo, il viceministro ieri ha dettato la linea e dato assicurazioni sulla volontà dell’esecutivo di procedere spedito: «C’è un’ accelerazione forte da parte del governo sul fronte della Tav: entro l’anno si chiude con la Brescia-Padova, poi tocca alla Verona-Vicenza. L’anno buono è il 2017».
I NUMERI. Il documento del ministero certifico costi e coperture della tratta della Tav che interessa il Vicentino e la cui realizzazione è divisa in tre lotti funzionali: il primo è quello “Verona-bivio Vicenza”, cioè fino ad Altavilla Vicentina; il secondo è denominato “attraversamento di Vicenza”; il terzo “Vicenza-Padova”. Bene, il costo totale dei tre lotti è sempre stato stimato in 4,5 miliardi, ma il documento ministeriale riporta la cifra di 4,9 miliardi di euro: 400 milioni in più. Le risorse disponibili ad oggi risultano essere 1.514 milioni. Il che vuole dire che mancano 3,3 miliardi. Va detto però che questo aspetto non deve di per sé spaventare. Perché la suddivisione in fasi permette di inserire i finanziamenti via via, a seconda dello stato di avanzamento progettuale.
E allora è utile concentrarsi sul primo lotto (da Verona ad Altavilla), destinato a partire prima degli altri visto che il progetto è già nella sua fase definitiva. Come è la situazione? I quattrini necessari vengono quantificati in quasi 2,8 miliardi e non in 2,4 miliardi come da previsione iniziale.
Di questi quasi 2,8 miliardi, quelli già reperiti sono 1,3 miliardi mentre quelli ancora da trovare sono 1,4 miliardi.
Non pochi. E, si legge nel documento vergato dal ministero, in considerazione “dei ritardi registrati nell’avanzamento progettuale dell’investimento la dotazione finanziaria prevista nell’aggiornamento 2015 è stata ridotta di 355 milioni di euro, che non pregiudica l’utilizzazione delle risorse che residuano in quanto l’investimento è realizzato con il meccanismo dei lotti costruttivi”.
L’ATTRAVERSAMENTO. Passiamo al secondo lotto. Dove se si guarda al bicchiere mezzo vuoto si vedono quei 655 milioni di euro che mancano all’appello su un totale di 805 milioni, ma se si vuole vedere al bicchiere mezzo pieno – qui si può fare perché la progettazione è preliminare – si vede la comparsa di 150 milioni che risultano già finanziati. E che, ma questa è solo un’ ipotesi, potrebbero essere buona parte di quei 200 milioni di euro promessi per le opere complementari, come il filobus e la nuova viabilità stradale. L’ultima parte (Vicenza-Padova) è quella più distante nel tempo ed è interamente da finanziare: il costo è di 1,3 miliardi. Queste le cifre. Intanto, il viceministro Nencini, ribadisce la ferma volontà di Roma di procedere spediti: «L’asse Milano-Venezia per il governo è una priorità assoluta e laddove mancano, anche se quando si tratta di progetti in fase preliminare non è una cosa strana, si impegna a reperire tutte le risorse necessarie per questa tratta».

Il Giornale di Vicenza – 13.11.2016

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Anas: «Pedemontana, stiamo trattando»

12 Novembre 2016

Il presidente Armani conferma un’intesa con la Regione: mai parlato con Sis ma siamo pronti a farlo se ci viene chiesto.

di Renzo Mazzaro

Il presidente dell’Anas conferma: per la Pedemontana sta trattando da mesi con la Regione Veneto. Il problema è il concessionario, il Consorzio Sis, il cui interlocutore è la Regione Veneto, concedente del project. Tocca alla Regione trovare un accordo con Sis, se vuole che Anas intervenga per evitare il blocco dei cantieri.
«Noi non abbiamo mai parlato direttamente con Sis», dice Gianni Vittorio Armani, «ma se ci chiederanno di intervenire siamo pronti a farlo». Lo scoglio da aggirare, come abbiamo già scritto, è la plusvalenza che l’ imprenditore Dogliani, capo di Sis, pretende per cedere ad Anas la maggioranza delle quote (Anas entrerebbe con non meno del 51%). Armani parla anche di Veneto Strade, l’ente costituito 15 anni fa per ereditare strade competenze dell’Anas. Mancano soldi e si fa marcia indietro: «Il nostro piano prevede il rientro in Anas di 6.000 chilometri di strade ex statali in tutta Italia. Nel Veneto saranno circa 500 chilometri. Stiamo individuando le modalità con la Regione. Siamo molto rispettosi del dialogo istituzionale e, in questo senso ho molto apprezzato l’approccio collaborativo del presidente Zaia e degli amministratori locali che ho incontrato». Si va da una convenzione sul tipo già sottoscritto nelle Marche e nel Lazio, ad una società mista che vedrebbe coinvolte Cav e Veneto Sviluppo.
Ingresso in Spv. Anas può entrare in Pedemontana con il prossimo aumento di capitale.
«Credo che le attuali difficoltà di natura finanziaria richiedano innanzitutto questo», dice Armani, «ma non escludo anche un intervento in termini di know how che sicuramente come azienda possediamo». Un intervento chiaramente in due tempi, ma prima bisognerà aver sciolto il nodo dei costi: quanto valgono le azioni e quanto denaro serve per completare l’ opera. Plusvalenza a parte, se si viaggia con il prezziario Anas, per i Dogliani saranno dolori: in un appalto normale i ribassi medi dell’Anas sono del 30%, nel project della Pedemontana il ribasso è stato zero.
Strade ex statali. Un futuro meno stentato, al riparo delle casse dell’Anas, si prospetta per Veneto Strade, che non ha introiti propri e vive di trasferimenti annuali dalla Regione, sempre sofferti perché condizionati dal debito pubblico. Ci penserà l’Anas, che tornerà proprietaria di 506 chilometri di strade ex statali, retrocesse dal Veneto. Con diverse le modalità possibili. Si parla per esempio di un passaggio delle competenze ad una società emanazione di Cav (Concessioni autostradali venete spa, dove Anas e Regione sono al 50%), che provvisoriamente chiamiamo Cav 2, nella quale far confluire le competenze di Veneto Strade (o l’ intera società) e una partecipazione di Veneto Sviluppo. Ottenendo un flusso di denaro stabile per la viabilità e un diaframma con il bilancio regionale troppo condizionato. E un terzo risultato: annacquare la crisi, evitando di mettere in evidenza che il Veneto tiene in piedi la manutenzione delle sue strade con i soldi dell’Anas. Cosa che la firma di una convenzione porterebbe invece alla luce del sole.
Statale Romea. «Nell’ambito dell’ itinerario E55 – E45 Mestre – Orte c’è un forte impegno del governo e dell’Anas», dice Armani. «Stiamo attivando investimenti per un valore di 1,6 miliardi di euro, di cui 215 milioni per il tratto veneto. In questi giorni siamo impegnati a presentare al territorio le soluzioni individuate per l’ ammodernamento e la messa in sicurezza del tracciato».Ma il territorio non gradirà molto, il presidente dell’Anas va avvisato, almeno a giudicare dalle reazioni a Chioggia: «Non accetteremo l’elemosina di qualche rotatoria», dice per esempio Erica Baldin, consigliere regionale del M5S. «Chioggia e tutta l’area che grava sulla Romea vogliono una vera alternativa perché la situazione è ormai insostenibile. Occorre deviare tutto il traffico pesante su direttrici diverse e liberare dall’oppressione e dal rischio quotidiano i centri abitati.
Transpolesana. «Abbiamo avviato un programma di investimenti del valore di 30 milioni di euro», aggiunge il presidente dell’Anas, «che si concluderà nei prossimi tre anni per recuperare il deficit manutentivo e risanare le criticità della struttura stradale con investimenti mirati».                                                                                                     Statale Alemagna. «Sarà oggetto del piano di investimenti in vista dei Mondiali di sci di Cortina del 2021».

La Nuova di Venezia – 12.11.2016

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